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Non basta una legge per definire il pane buono

di Cinzia Scaffidi - 26/06/2007

Lo ha scritto anche questo giornale: per via dei cambiamenti climatici, il prossimo anno il grano disponibile diminuirà drasticamente, e il suo prezzo aumenterà. E’ stato un attimo, ma l’abbiam pensato: magari avremo meno pane cattivo. I ministeri dello sviluppo, dell’agricoltura e della salute hanno emanato un decreto che definisce il pane fresco: “pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o alla surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante”.
Niente da eccepire.
Ma ci piacerebbe che si potesse definire per legge il pane buono. Suonerebbe così: pane fatto con farina intergrale o semintegrale biologica macinata a pietra (processo che non surriscalda il seme salvaguardandone così gli enzimi); acqua (senza cloro, che annienta i batteri e quindi inibisce la fermentazione); sale. E il lievito? Il lievito non è un altro ingrediente. Il pane buono lievita grazie alla pasta acida, ovvero farina e acqua lasciate a fermentare per qualche giorno.
Nel fanta-decreto si potrebbe definire anche il pane cattivo: pesa poco, non ha sostanza, né profumi né sapore; resta morbido per qualche ora, quindi collassa ad uno stato gommoso e giunge, al massimo il mattino dopo, alla consistenza del legno stagionato. E’ fatto con grani moliti a cilindri, farine raffinate, senza germe, crusca, vita. Farine non biologiche, quindi è meglio se non sono integrali (i 12 trattamenti annuali che il grano subisce residuano nella crusca). Per dargli sapori, colori e odori perduti si usano i “miglioratori”, che non è obbligatorio indicare in etichetta: estratti di malto, paste essiccate, farine pregelatinizzate, zuccheri, amidi, glutine, cisteina, solfiti, bisolfito e metabisolfito di sodio, difosfati, grassi... E poi il lievito: quando va bene è lievito di birra, spesso corredato da una serie di acceleratori della lievitazione. Poi c’è quel che si acquista nei supermercati. Viene prima (quando, non si sa) lievitato, cotto parzialmente e surgelato; al momento della vendita rimesso in forno e finito di cuocere. Mangiatelo subito, o diventerà duro come un diamante. Per la legge non è pane fresco. Se è pane, decidete voi.