Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Finanza: il Britannia in Piazza Affari

Finanza: il Britannia in Piazza Affari

di Andrea Angelini - 27/06/2007

 
Più di quindici anni sono passati da quel 2 giugno del 1992 quando sul Britannia, il panfilo reale in crociera da Civitavecchia all’Argentario e ritorno, i massimi dirigenti delle aziende pubbliche italiane si sorbirono la lezione impartita loro, attraverso più o meno velate minacce, dagli gnomi della City londinese sulla necessità per l’Italia di procedere alle privatizzazioni delle imprese e società pubbliche: Iri, Eni e Telecom, solo per indicare le più importanti. A settembre, tanto per fare capire che c’è chi può fare le cose e chi no, vi fu la speculazione di Soros contro la nostra moneta e la conseguente svalutazione della lira. Ora la City ha quadrato il cerchio ed è venuto a mettere il sigillo finale all’opera di colonizzazione iniziata allora. Borsa Italiana e London Stock Exchange hanno infatti presentato ufficialmente l’accordo che darà vita a un gruppo da 5,8 miliardi di dollari.

La spiegazione ufficiale è che la globalizzazione obbliga alle alleanze, altri potrebbero parlare giustamente di colonizzazione viste le premesse e i capitali in gioco e i vincoli che Londra potrebbe imporre all’attività finanziaria dei gruppi italiani e di quello che ne resta.
L’offerta ufficiale verrà lanciata riconoscendo agli azionisti di Borsa italiana un rapporto di cambio di 4,9 azioni ordinarie Lse per ogni azione ordinaria di Borsa Spa. Attualmente a Londra sono quotate 3.249 società con una capitalizzazione complessiva di 3.018 miliardi di euro, contro le 291 società quotate a Milano con 836 miliardi di capitalizzazione. La Lse ha valutato Borsa Italiana 1,634 miliardi di euro. Il nuovo gruppo avrà così un valore di 3,9 miliardi di sterline pari a 5,777 miliardi di euro. Essa opererà attraverso un consiglio di amministrazione di 12 membri, 7 per i britannici, gli altri 5 per gli italiani.
Tra questi ovviamente il presidente Angelo Tantazzi, che sarà vice presidente del nuovo gruppo.
L'amministratore delegato Massimo Capuano sarà il vice a.d. del nuovo gruppo e si occuperà del processo di integrazione delle attività comuni. Tanto per confermare che comanderanno i britannici, il presidente del nuovo gruppo resterà Chris Gibson-Smith, mentre amministratore delegato resterà Clara Furse.

In ogni caso, la nuova società continuerà ad operare con i suoi uffici di Londra, Hong Kong, Milano e Roma e manterrà i marchi di Borsa Italiana e London Stock Exchange. La Furse si è mostrata ottimista: “Sono fiduciosa – ha detto - che dai nostri azionisti avremo un sostegno più che sufficiente per approvare l'operazione”. Il primo degli azionisti è il listino tecnologico statunitense Nasdaq con oltre il 30,37%. Alcuni fondi detengono il 3,31% e la stessa Furse ha un 0,28%. Il mercato, cioè il totale gli azionisti che non compaiono e che si limitano ad incassare il dividendo, controlla il 66,04. In Borsa spa gli azionisti sono invece le banche.
Per la Furse, la fusione fra London Stock Exchange e Borsa Italiana, “darà un impulso allo sviluppo del mercato finanziario italiano. La capitalizzazione di Borsa Italiana – ha spiegato - ammonta al 55% del Prodotto interno lordo del Paese contro quella di altre piazze che rappresentano invece il 100%.

Dall'integrazione quindi ci saranno nuove opportunità per la comunità finanziaria e una scelta più ampia per gli investitori”. La Furse ha poi precisato che il Nasdaq non ha diritto di veto e non ha quindi la possibilità di bloccare l'operazione di aggregazione.
La quota degli americani, a seguito dell'operazione, si diluirà ad una quota attorno al 20%. E l'operazione, per essere approvata, necessita del 50,1% degli azionisti. “E noi – ha precisato - abbiamo un ampio sostegno”. Un dato di fatto che nessuno ha mai dubitato.