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America, istruzioni per l'uso. Paul Watzlawick

di Marco Managò - 27/06/2007


Il volume in questione (Giangiacomo Feltrinelli Editore) è una pubblicazione del 1985, riveduta in questa edizione del 2005, in cui l’autore, gran conoscitore della realtà statunitense, offre diversi particolari sulle abitudini e le contraddizioni del popolo a stelle e strisce. Nonostante gli aggiornamenti per la nuova edizione, il testo si mostra deficitario per quanto riguarda le novità introdotte da Internet, dall’uso della telefonia cellulare e dagli eventi dell’11 settembre, dei quali non risulta menzione. Alcuni capitoli incentrati sull’eccessivo e perverso controllo doganale, sul rapporto degli statunitensi con la telefonia fissa e il servizio postale risultano, infatti, superati dalle novità introdotte dalla tecnologia moderna e dalle precauzioni per scongiurare altri attentati.
Il valore del testo si coglie, comunque, nell’acutissima (e attuale) valutazione degli atteggiamenti, anche mentali, di un popolo preso spesso a esempio dallo “scimmiottante” europeo e poi presto “scaricato” (a parole) se non attinente alle proprie aspirazioni.
L’autore ricorda quanto le istruzioni che offre, per un viaggio negli Usa, siano da considerarsi utili, per evitare sprechi di tempo o brutte figure, pur non sconfinando nella condanna assoluta, in quanto usanze locali.
Molti di coloro, inoltre, che criticano tali atteggiamenti, una volta entrati negli Usa, sembrano diventarne i depositari più assoluti, pur di vantarsi come “americani”.
Il testo prosegue attraverso una elencazione delle caratteristiche degli statunitensi riguardo il galateo, il comportamento in automobile (molto responsabile), il rispetto per le “sacre” feste nazionali (Indipendence Day il 4 luglio, Columbus Day a ottobre, ecc.), nonché quelle di esportazione commerciale del tipo Halloween e la festa dei nonni.
La vastissima area stradale e autostradale dell’intero paese consente spostamenti agevoli, pur nell’accortezza delle particolarità dei singoli Stati, gelosi e non sempre inclini a seguire le direttive di Washington. Le arterie urbane si sviluppano spesso attraverso chilometraggi infiniti, intramezzate da un numero enorme di incroci fra loro molto simili; il tutto rientra in un’ottica più generale di urbanizzazione monotona e poco originale. Quartieri “squadrati”, monotoni, interrotti soltanto dall’eventuale impedimento geografico e contornati da una serie curiosa di bancarelle e negozi, molto spesso eretti sacrificando qualsiasi principio architettonico o di difesa del decoro urbano.
Altro argomento importantissimo è la considerazione che riceve chi paga in contanti: l’essenza del fallito, a cui nessuno concede credito. Occorre quindi avere la “sacra” carta di credito, utilizzabile ovunque e pubblicizzata ai quattro venti. Si è statunitensi in quanto si possiede una carta di credito e ci si crede quasi produttori del denaro che si spende, sempre così a portata di mano, manna per commercianti e speculatori.
Scrive Watzlawick << In una società fondamentalmente puritana, qual è ancora oggi l’americana, il benessere è evidente dimostrazione della benevolenza divina. Il denaro, il valore in denaro di un bene, l’ammontare del proprio stipendio ecc., sono quindi temi di conversazione accettati ed espressione esteriore di rettitudine. >>
Il turista recatosi negli Usa, è conscio che troverà un’unica lingua nazionale, pur con minime devianze dialettali e con alcune differenze rispetto all’inglese. Lo statunitense, che considera la propria lingua come un qualcosa da sfruttare, come un mero mezzo comunicativo, nutre per essa poco rispetto, la falcia e la muta a proprio piacimento e convenienza. La valuta come un qualcosa di funzionale all’affermazione esteriore della persona, per nulla intrisa di valori o di adesione a lunga tradizione.
La diffusione nazionale della lingua alimenta la spocchia del popolo Usa, restio a imparare nuovi idiomi e pervicace nel trattare con le proprie regole anche gli altri, pur in palese contraddizione.
Alcune incredibile contraddizioni sono oggetto di particolari consigli dell’autore, soprattutto per il gentil sesso, sull’uso, in costante aumento, di termini volgari come shit e fuck. Aggiunge << ... l’utilizzarle è oggi dimostrazione essenziale del suo affrancamento dalle catene dello sciovinismo maschile, il che La abilita a usare termini che sino a oggi erano discutibile privilegio di individui volgari di sesso maschile. >>
La polemica femminista, apripista per gli “scimmiottamenti” europei, si rivolge anche contro l’uso al maschile della lingua e, secondo la logica della lotta al sessismo, inaugura astrusi, ridicoli e inutili neologismi per storpiare vocaboli consolidati e riaffermare, semanticamente, l’indipendenza raggiunta.
Un’altra ipocrisia palese, definita di “fratellanza surrettizia” si ha per i nomi propri, considerati di dominio pubblico anziché espressione della personalità e, dunque, nella sfera privata.
L’autore precisa << Con un appiattimento desolante e impersonale (ma ufficialmente e con orgoglio proclamato segno di affabilità democratica, comunicativa), i nomi propri vengono usati sia per rivolgersi alla persona più cara, sia per apostrofare (e per essere apostrofati) dal benzinaio o dal cameriere al bar. >>
Praticità e versatilità sbandierata all’inverosimile quando, l’impressione fornita agli europei, è quella di essere utopisti e infantili, spesso ignari (neanche troppo ingenuamente) di cosa avvenga appena fuori dei confini.
Watzlawick lamenta la reale e scarsa informazione statunitense che, a fronte di una libertà illusoria di parola e pensiero, fornisce soltanto cultura preconfezionata, di uso e consumo per il lettore, spesso estranea a una sana opposizione.
A pag. 72 è scritto << In modo involontario e spontaneo l’americano ha raggiunto un tale livello d’impoverimento informativo e di manipolazione della sua coscienza da far scoppiare d’invidia i governi delle democrazie popolari sempre impegnati a tenere sotto controllo la purezza ideologica dei loro recalcitranti sudditi. >>
Si parla, poi, di notizie << ... non solo preconfezionate in un metaforico cellophane asettico, ma anche già premasticate – da un unico supermercato della notizia, segreto e centralizzato. >>
A peggiorare il vuoto informativo e culturale contribuiscono anche i columnists: tuttologi dediti a riempire le copertine dei quotidiani con superficialità e approssimazione e, paradossalmente, seguiti con cieca religiosità dal cittadino medio.
Un cittadino, va specificato, ingordo delle notizie che vuole e, fulcro della società dell’apparire, volto unicamente all’affermazione della propria persona, dell’eventuale citazione su quotidiani e riviste.
In un quadro simile, si intuisce quanto anche gli altri media, televisione e radio, possano esser intrisi di banalità, falsità e impoverimento dialettico, tanto più se si considera l’influenza del messaggio pubblicitario, sempre più insulso e votato all’ipnosi del consumatore, anche con i mezzi meno leciti, quelli subliminali. Un particolare davvero ridicolo è la cosiddetta garanzia nationally advertised (pubblicizzato in tutto il paese) relativa a un prodotto, quando si vuole garantirne la qualità solo affermandone l’impegno pubblicitario in pompa magna, anziché puntare sull’effettivo valore. Il paese se la beve, acriticamente, il resto del mondo segue a ruota libera.
Fedeli al principio dell’esteriorità, anche per quanto riguarda l’alimentazione, gli statunitensi dedicano attenzione all’aspetto del cibo più che alla qualità e alle tecniche di preparazione. Saturi di grassi e di notorie immondizie gastronomiche, fruiscono di un’offerta ristorativa pressoché uniforme, alternata soltanto dai ristoranti etnici.
Hamburger, patatine fritte, carne carbonizzata esternamente e cruda all’interno, questi i deliziosi manicaretti del popolo Usa.
L’autore fa notare anche la scarsità di locali dove consumare tè o caffè all’aperto, frutto della volontà di non apparire perditempo agli occhi del prossimo; si preferisce, quindi, l’ambiente al chiuso.
Si affronta, poi, la situazione degli ambiti medici e ospedalieri dove il quadro, non dissimile da quello europeo, è contraddistinto dal calo crescente di umanità da parte dei dottori, dalla loro riluttanza ad aggiornarsi, pur mantenendo alta la qualità delle prestazioni. In mancanza di assistenza statale, spadroneggiano le assicurazioni private, sempre più onerose per permettere al personale medico e istituzionale di fronteggiare le enormi richieste di risarcimento dei pazienti. A tal proposito giova ricordare la tendenza degli ospedali a prescrivere numerosi controlli, utili non al paziente bensì ai medici per tutelarsi da future denunce.
Lo statunitense medio, sicuro nelle sue illusioni e nella sua utopia, farcito di “educazione permissiva”, principio in base al quale al bambino non si nega alcunché pur di farlo crescere e maturare, considera, alla stregua del messaggio dei Padri fondatori, la felicità come un obiettivo precipuo dello Stato.
Il ricorso maniacale allo psicanalista è considerato uno status symbol, anziché una vergogna, ed è il viatico necessario per il raggiungimento dell’agognata felicità.
Acriticamente fedeli al Nuovo, gli statunitensi bocciano il Vecchio in quanto tale, perché superato; soprattutto tra i cittadini di nuova adozione, visto l’obbligo di adeguarsi all’ambiente, la figura del padre è considerata retaggio di cultura poco opportuna e, quindi, da evitare.
Scrive Watzlawick << Al Nuovo, traboccante felicità, parteciperanno tutti in egual misura; non sono concesse sortite individualistiche. Sin dall’asilo, all’americano viene inculcato ch’egli è parte di un gruppo e che sono determinanti i valori, il comportamento e il benessere del gruppo. Dissentire è riprovevole...>>
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La fede cieca nell’associazionismo, nel risolvere pubblicamente e collettivamente ogni sorta di problema, è l’altro tratto comune della mentalità degli statunitensi, un’indole ottimamente disegnata nei particolari da Watzlawick, di là dai numerosi consigli pratici che il volume contiene per l’eventuale turista.
Il tutto evidenziato nel rispetto delle peculiarità ambientali che ogni viaggiatore troverà diverse, nel suo itinerario, rispetto a quelle con cui è abituato a convivere da decenni.