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Il lavoratore perfetto, quello che non protesta mai

di Paolo Emiliani - 28/06/2007



La letteratura di fantascienza nacque alla fine del XIX secolo con i primi romanzi di Verne e Wells. La fantasia fervida di questi scrittori anticipò, in qualche caso solo di pochi decenni, invenzioni che l’uomo concretizzò poi nella realtà. Si può anzi ben dire che la realtà del XXI secolo ha superato di molto la fantasia di quei tempi ed ora si stenta persino a comprendere quale possa essere il confino ultimo della scienza e se questo confine sia sempre eticamente corretto.
Dalle manipolazione genetiche dei vegetali potrebbero giungere soluzioni per sconfiggere la fame nel mondo, ma anche mostri che potrebbero in poco tempo sostituire la flora esistente in natura. Poiché poi gran parte di questi organismi sarebbero infecondi è ancora irrisolto il problema della proprietà dell’invenzione ovvero della vendita e distribuzione della semenza, correndo così il rischio di lasciare nelle mani di poche multinazionali il completo controllo della produzione agricola dell’intero pianeta.
Tralasciamo poi completamente i problemi relativi alla biogenetica, quelli eticamente più delicati e complessi e quelli sui quali più forte è l’interesse (e quindi l’ingerenza) degli apparati religiosi.
In ogni caso, ancor prima di parlare di fantascienza in senso stretto, l’uomo ha sempre sognato una macchina che potesse lavorare al suo posto.
In fondo anche un cavallo o un bue attaccato ad un aratro sono una macchina con questo scopo, ma c’era sempre bisogno di un uomo che guidasse l’aratro come oggi c’è bisogno di un operatore che sappia condurre un modernissimo trattore.
La robotica sta però facendo passi da gigante e la ricerca giapponese sembra essere ormai ad un passo dal realizzare l'androide ideale, quello che lavorerà e faticherà senza battere ciglio al posto degli esseri umani. Un prototipo assai avanzato di 'robot lavoratore' è stato infatti appena presentato dal centro di ricerca Kawada Industries, che punta a commercializzare il nuovo 'HRP-3 Promet Mk-II' già entro il 2010. Bianco, alto 160 centimetri e con un aspetto antropomorfo ricorda volutamente i robot dei cartoni animati nipponici.
Durante una dimostrazione pubblica, il robot ha mostrato notevoli capacità motorie camminando e chinandosi (grazie ai suoi 42 punti di articolazione) su una superficie irregolare, oltre a cimentarsi senza impaccio nella simulazione di lavori manuali che prevedono l'utilizzo di un cacciavite.
In pratica potrebbe già sostituire un operaio in molte mansioni.
Il costo? Il direttore del progetto 'HRP-3', Takakatsu Isozumi, ha stimato in circa 15 milioni di yen (90.000 euro) il costo finale dell'androide.
Un investimento accettabile che potrebbe essere ammortizzato rapidamente per sostituire un lavoratore che non si ammala mai, che non chiede aumenti di stipendio e che non sarà mai sindacalizzato.
Proprio questo è il punto. Nell’antichità le invenzioni permettevano a tutta la comunità di migliorare la qualità della sua vita. Nel futuro l’uso di macchine più o meno intelligenti potrebbe sollevare l’uomo da molti lavori ma questo non significherà che lavoreremo tutti meno, ma che ci saranno meno lavoratori umani a tutto vantaggio del profitto.
In fondo è quello che sta già succedendo anche senza gli androidi in molte fabbriche, per esempio nello stabilimento Fiat di Melfi in Basilicata (costruito con i contributi statali, quindi con i nostri soldi) l’intervento umano è ridotto al minimo proprio grazie alla robotica, ma proprio per queste ore di lavoro umano risparmiate l’azienda torinese ha poi chiesto e ottenuto cassa integrazione.
La fantasia di Verne ha saputo immaginare il Nautilus del capitano Nemo, ma non ha saputo immaginare la fame insaziabile di profitto del capitalismo selvaggio, quello che oggi, grazie alla globalizzazione dei mercati, sfrutta i lavoratori del Terzo Mondo o ricatta i nostri con una disponibilità quasi infinita di nuovi schiavi fatti affluire in Europa con l’immigrazione selvaggia, ma già sogna l’androide: il lavoratore perfetto. Per loro.