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Colonia-Italia: una sovranità limitata e controllata

di Fabrizio Di Ernesto - 28/06/2007

 



Vicenza si prepara a diventare, nonostante la costante e fiera opposizione dei vicentini, una città letteralmente occupata dalle truppe armate del potente ed ingombrante alleato d’Oltreoceano.
A generare questa situazione fu, verso la fine della scorsa legislatura, l’allora maggioranza di centrodestra con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ventilò all’amministrazione statunitense la possibilità di edificare, nel centro di Vicenza, una nuova base militare in cui ospitare gli aerei attualmente dislocati nell’Europa centrale, in prevalenza in Germania.
Gli Usa ovviamente non ci pensarono su due volte ed accettarono subito l’invito anche in considerazione del grande interesse politico militare che li lega al Paese, in fondo oltre sessanta anni di occupazione militare e più di cento presidi militari dislocati su tutta la Penisola non sono certo frutto del caso, ma diretta conseguenza della posizione geografica dell’Italia.
La grande democrazia a stelle e strisce è ormai impegnata nell’esportazione di libertà, morte e distruzione nel Vicino Oriente e di conseguenza il nostro Paese rappresenta l’ideale rampa di lancio per le truppe libertifere dei padroni del mondo, un po’ come avvenne durante i bombardamenti su una Serbia già stremata cui non solo le truppe italiane si resero partecipi dell’attacco ma proprio dalle basi del nord-est partivano gli aerei carichi di morte made in Usa.
Se fu il Cavaliere a promettere Vicenza ai soldati dello Zio Sam è poi stato il pacifinto esecutivo di centrosinistra a darne esecuzione. Non a caso questo è l’esecutivo che con la mano sinistra sventola il variopinto drappo della pace e poi con la sinistra non perdere tempo nell’avallare misure bellicose il costante rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero, magari fatto con le lacrime agli occhi.
E non a caso solo una decina di giorni fa l’ambasciatore statunitense a Roma, Donald Spogli, ha annunciato urbi et orbi che il governo unionista aveva finalmente concesso l’avvallo scritto per avviare i lavori della Ederle2, la nuova base statunitense in veneto.
Nel frattempo però su Vicenza il governo era riuscito ad offrire il peggio di sé. Nella città veneta si è infatti svolta nei mesi scorsi una manifestazione di piazza contro il presidio militare cui avevano preso parte anche esponenti del governo e personaggi di punta di alcuni dei tanti partiti che nonostante tutto continuano a sostenere senza se e senza ma il sempre più improvvisato esecutivo bianco-rosso-verde.
Se su sulla Ederle2 il governo ha comunque avuto le mani legate, se gli Usa vogliono portare i loro militari in una determinata città non aspettano certo l’invito scritto della autorità locali, anche altre due vicende negli ultimi tempi sono tornate a ricordare agli italiani il triste destino di colonia che dal 1943 in poi accompagna le italiche vicende: il rapimento di Abu Omar e l’omicidio del funzionario Sismi Nicola Calipari.
La storia dell’imam di Milano è ben nota: il 17 febbraio del 2003, ovvero poco più di un mese prima della vile aggressione statunitense all’Iraq, Abu Omar viene rapito nella città meneghina nell’ambito di un’operazione condotta dalla Cia cui partecipano anche alcuni funzionari dell’intelligence italiana, Nicolò Pollari, all’epoca dei fatti numero uno del Sismi, è attualmente sottoposto a processo insieme ad altre 30 persone tra cui ben 26 agenti segreti a stelle e strisce.
A rendere questa vicenda, che si inserisce nelle operazioni di extraordinary rendition organizzate da Washington, ancora più complessa il particolare rivelato dallo stesso ex imam.
Stando a quanto riferito da Abu Omar infatti dopo la sua scarcerazione, la Cia, l’intelligence dello Zio Sam, gli avrebbe offerto ben due milioni di dollari e la cittadinanza statunitense per lui e per i suoi figli in cambio del suo silenzio sul rapimento, il sequestro e le violenze che lo stesso imam avrebbe denunciato.
L’autorità religiosa islamica ha però respinto l’offerta nella speranza di ottenere giustizia per vie legali. Speranza che però rischia di rimanere disattesa.
In Italia infatti il procedimento si è aperto ma per il momento è sospeso. Accusa e difesa sono in attesa che la Consulta sciolga il nodo gordiano del conflitto di attribuzione tra governo e magistratura relativa all’apposizione del segreto di Stato e se dopo il via libera della Corte costituzionale il processo potrebbe riprendere, ammesso e non concesso che la decisione della Suprema corte conceda all’imam la facoltà di veder riconosciuti i propri diritti, difficile che si arrivi comunque a fare giustizia.
A giocare a sfavore di Abu Omar il coinvolgimento nel processo di ben 26 agenti Cia. Appare infatti impensabile che gli Usa permettano alla magistratura di una semplice colonia di mettere alla sbarra dei propri cittadini, purtroppo la triste vicenda del Cermis rappresenta un precedente giuridico-politico fin troppo preoccupante ed umiliante per il nostro Paese.
L’ultimo episodio in ordine di tempo che sta rendendo l’italietta liberista di questi ultimi anni sempre più incapace di ottenere giustizia o rispetto da Washington è quella legata alla morte di Nicola Calipari ex funzionari Sismi trucidato nei pressi di Baghdad il 4 marzo del 2005.
Calipari aveva appena liberato la giornalista de il manifesto Giuliana Sgrena e la stava accompagnando all’aeroporto quando ad un posto di blocco la Toyota su cui i due viaggiavano fu trivellata dai colpo esplosi dal marine libertifero Mario Lozano.
Anche in questo caso la giustizia italiana ha aperto un procedimento giudiziario che già due volte è stato rinviato con l’aggravante che Washington, nel frattempo, ha reso irreperibile l’imputato, che ha però trovato la strada per andare in televisione a raccontare la propria versione dei fatti ipotizzando di non essere stato l’unico a far fuoco contro l’automobile.
Frattanto però lo scorso 18 giugno il Dipartimento della difesa statunitense ha informato le autorità italiane di ritenere di non poter essere citato in giudizio come responsabile civile nel processo sulla morte dell’ex agente dei servizi segreti militari italiani.
Nel documento inviato, il dipartimento Usa ha in pratica informato la colonia Italia di non ritenere possibile la propria citazione in quanto Stato sovrano e quindi non processabile.
Appare a questo punto doveroso ricordare come il via libera al nuovo presidio militare di Vicenza e la comunicazione Usa sul processo Calipari siano giunti pochi giorni la vista di Gorge W. Bush a Roma dove la solita sinistra di lotta e governo è scesa in piazza per contestare con le parole l’operato del figlio d’arte senza però far sentire la propria voce in Parlamento magari invocando un po’ più di indipendenza.
Sfortunatamente, parole a parte, l’asservimento dei politici italiani a Washington è bipartisan e pur con la sinistra radicale che, forse per non perdere il consenso del proprio elettorato, continua a sbandierare un antiamericanismo puntualmente smentito dai fatti gli Usa continuano indisturbatamente a farla da padrone.
Oltre a Vicenza presto anche a Sigonella l’edilizia militare a stelle e strisce subirà un forte incremento con il consiglio comunale che ha perfino pensato bene di cambiare destinazione d’uso a terreni precedentemente sottoposti a vincoli archeologici, insomma una vera e propria calata dei barbari rivista e corretta.
Questa situazione tragicomica purtroppo non sembra minimamente destinata mutare nel futuro.
Il centrodestra considera l’alleanza e l’amicizia con l’occupante un vanto da sbandierare ad ogni occasione incurante dei sentimenti popolari. Anche il centrosinistra proclami della sinistra radicale a parte, proclami per altro propagandisti e nulla più, ha ormai gettato la maschera e si è reso perfettamente sovrapponibile ai nemici.
In un futuro non troppo lontano potrebbero contendersi Palazzo Chigi l’ultra atlantico Gianfranco Fini ed il kennediano Walter Veltroni. Insomma per lo Zio Sam le porte della sua colonia saranno sempre parte.
E questo non è certo un fatto di cui rallegrasi.