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Banca Mondiale: nuovo presidente, vecchie politiche

di Luca Manes - 28/06/2007

Fonte: nigrizia

 

Dal primo luglio Robert Zoellick sarà il nuovo presidente della Banca Mondiale, la più grande istituzione multilaterale per lo sviluppo. Fedelissimo di Bush, è una delle poche figure ancora presentabili vicina ai repubblicani.


Robert Zoellick entrerà in carica per sostituire Paul Wolfowitz, travolto dagli scandali e dalla sfiducia della maggioranza dello staff della Banca.  Anche il board dell’istituzione, composto dai 24 direttori esecutivi, lo scorso lunedì ha dato il suo via libera alla nomina, di fatto ratificando la decisione presa lo scorso maggio da George W. Bush.
Il Presidente americano non ha quindi voluto rinunciare alla sua “prerogativa” di nominare il vertice della Banca, da sempre appannaggio degli statunitensi – mentre l’istituzione gemella, il Fondo monetario internazionale, spetta all’Europa. Una prassi ben consolidata dal 1944, ovvero l’anno di fondazione delle due entità gemelle, dette di Bretton Woods dalla cittadina degli Stati Uniti dove si svolse la loro conferenza istitutiva. Eppure le richieste di una procedura di nomina trasparente, democratica e soprattutto basata sul merito e non sulla nazionalità, questa volta non erano arrivate solo dalle Ong e dalle altre realtà della società civile internazionale che da anni contestano l’operato di Banca e Fondo.
 
Anche il ministro del Tesoro autraliano, Peter Costello, a fine maggio aveva auspicato che il nuovo presidente venisse scelto in base ad un nuovo metro di valutazione, augurandosi che non fosse necessariamente un cittadino americano. La posizione di Costello era stata subito spalleggiata dai governi di Brasile e Sud Africa.
 
Tutto inutile. Dopo aver scartato le ipotesi Paul Volcker, neocon già presidente della Federal Reserve e grande amico di Wolfowitz, e Robert Kimmitt, sottosegretario al Tesoro Usa, Bush ha optato per uno dei personaggi più presentabili della cerchia di politici di comprovata fede repubblicana. Già responsabile del commercio con l’estero ai tempi del fallimento della Ministeriale del Wto nel 2003 a Cancun e fino al giugno 2006 ex sottosegretario di Stato, con particolare attenzione ai rapporti con la Cina ed al genocidio in Darfur, ora Zoellick dovrà lasciare il posto di alto dirigente della banca d’affari Goldman Sachs per approdare in Banca mondiale. Il suo curriculum ce lo presenta come un fedelissimo della famiglia Bush già dai tempi della presidenza di George Senior, per cui ha ricoperto il ruolo di sottosegretario all’Agricoltura e di assistente particolare.
 
Insomma, il possibile nuovo presidente della Banca mondiale non sarà né un campione dei neocon con il vizio di far scatenare guerre in giro per il mondo, né un unilateralista a tutti i costi. Però sembra molto difficile che Zoellick possa spingere per una riforma significativa della Banca, che rimarrà ancorata alle vecchie ricette delle condizionalità economiche da imporre ai paesi del Sud del mondo destinatari dei suoi prestiti, ai troppi progetti per l’estrazione dei combustibili fossili responsabili delle emissioni di gas serra e ad un sistema di governance interno fortemente sbilanciato in favore delle realtà del Nord del pianeta.
 
Il suo credo assoluto è il libero mercato, panacea di tutti i mali, e c’è da aspettarsi che proverà a coniugare questo dogma con la missione fondante della Banca, ovvero la lotta alla povertà. Operazione complicata, a giudicare dallo scarso successo globale della dottrina liberista e dalla ormai pressante richiesta di soluzioni alternative.
 
E il contestatissimo Wolfowitz intanto che cosa ha combinato? Ha atteso il termine definitivo del suo mandato, previsto per il 30 giugno, pensando a come investire i quasi 400mila dollari della sua buonuscita? Secondo l’agenzia stampa internazionale IPS no, dal momento che avrebbe nominato il nuovo “Direttore Paese” della Banca in Iraq, infischiandosene del processo di selezione che era in atto. Il direttore, l’australiano Simon Stolp, fino al 2005 aveva lavorato a Baghdad come consulente del ministero della Difesa statunitense. Aveva assolto al suo compito con così tanto impegno da meritarsi persino un’onorificenza destinata a “coloro che sostengono con grande efficacia l’esercito americano”. Un provvedimento che solleva più di una perplessità e lascia scontenti i governi europei. Wolfowitz, infatti, si era impegnato a non prendere più decisioni di un certo rilievo sino alla fine della sua permanenza negli uffici della Banca. Il lupo (wolf in inglese) perde il pelo, ma non il vizio...