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Scienza, democrazia e fondamentalismo: è legittima l'epoca moderna?*

di Bruno Bonansea - 29/06/2007

Esistono validi motivi per ritenere che la favola più celebre della modernità,[2]quella che racconta la nascita del metodo scientifico in Occidente, sia completamente da riscrivere. Non si tratterebbe, infatti, dello scontro tra uno scienziato puro e disinteressato, desideroso solamente di far conoscere la superiorità scientifica del copernicanesimo, e l'ottusa arroganza del Sant'Uffizio romano, ma di un vero e proprio "affare di stato"[3]sorto intorno al più importante fra i sacramenti della religione cristiana: l'eucaristia.[4] Del resto, avverte Redondi, è solo la nostra leggerezza di "moderni bigotti scientifici" che ci impedisce di guardare "nel cuore della fede della controriforma e, insieme, della rivoluzione scientifica";[5] così come ci impedisce di cogliere il "fondamentalismo biblico"[6] del padre della scienza moderna. Fuorviante, dunque, l'immagine di Galileo quale eroe "dell'ontologia orientata sull'immanenza, scientificamente fondata, che ha totalmente, irrimediabilmente sostituito quella biblico-cristiana"[7]forgiata da Lukács, come quella popperiana che vede nel pisano l'incarnazione del dissenso e dell'anticonformismo,[8]un'anticipazone di Popper stesso, insomma. Come ha notato Marcello Cini, "ogni religione ha bisogno di un Fondatore. la scienza non fa eccezione alla regola. chi non ha imparato a scuola che alternando 'sensate esperienze' e 'certe dimostrazioni' Galileo ha sgominato il dogmatismo degli aristotelici e aperto la via alla marcia trionfante del progresso scientifico? Come alcune altre cose che si imparano a scuola, anche questa è una bugia"[9]. Ma qual è la verità, allora, intorno a questo "ciarlatano. molto più interessante del misurato 'ricercatore della verità' che di solito ci viene additato come esempio da riverire"?[10] Paul Feyerabend ha svecchiato il ritratto tradizionale di Galileo cucendogli addosso i panni dell'"anarchico epistemologico" dedito all'uso di "scampoli di ragionamento in modo impudentemente propagandistico"[11]e a "trucchi psicologici" per oscurare "il fatto che l'esperienza su cui. vuol fondare la concezione copernicana non è altro che il risultato della sua fertile immaginazione, che è un'esperienza inventata".[12] Secondo Feyerabend, Galileo, paradossalmente, "inventa un'esperienza che contiene ingredienti metafisici. Proprio per mezzo di una tale esperienza si realizza la transizione da una cosmologia geostatica al punto di vista di Copernico e di Keplero".[13] Propagandista metafisico di Copernico, ingannatore ed anarchico epistemologico, il Galileo di Feyerabend esce dai canoni dell'agiografia scientifica ma non per questo è meno affascinante, anzi: "Procedendo in questo modo egli esibì uno stile, un sense of humor, un'elasticità ed eleganza e una consapevolezza della preziosa debolezza del pensiero umano, che non è mai stata eguagliata nella storia della scienza".[14] L'importante, per Feyerabend, è ribadire che la scienza è un fenomeno umano, troppo umano, un gioco linguistico, per dirla con Wittgenstein, tra gli altri, basato su mosse affatto irrazionali ed imprevedibili: "Il copernicanesimo e altre concezioni 'razionali' esistono oggi solo perché in qualche periodo del loro passato la ragione fu sopraffatta";[15] viene in mente Nietzsche: "Tutte le cose che vivono a lungo, si impregnano gradualmente di ragione, a tal punto che la loro provenienza dall'irrazionale diventa perciò improbabile. Non risultano quasi tutte paradossali ed empie, per il sentimento, le storie precise di una genesi? In fondo il buono storico non contraddice continuamente?"[16]. E perché la storia precisa della genesi del metodo scientifico non dovrebbe risultare paradossale ed empia per il nostro sentimento? La verità è che la ragione è venuta al mondo in modo irrazionale[17] e "gli scienziati solo molto raramente sanno cosa fanno",[18] ma non ci piace ammetterlo. "Con questo il razionalismo scientifico non viene escluso una volta per tutte dalla nostra considerazione. E' una delle favole che ci raccontiamo per poter sopportare temporaneamente l'assurdità che ci circonda. E' come le storie di case calde, ricchi pasti, belle donne, che i cacciatori smarriti nella selva inventano al fuoco del bivacco. Ma sarebbe fatale se le ritenessero vere anche una volta spento il fuoco"[19]. Ciò che è essenziale ai fini del nostro discorso, nelle tesi di Feyerabend, è che il razionalismo "non è altro che una forma secolarizzata della fede nella potenza della parola di Dio"[20]. Il che non vuol dire altro se non che il razionalismo, lungi dall'essere fondato su sè stesso, trae alimento da fonti religiose, come ha mostrato magistralmente Max Weber[21]. Anche Marcello Cini, sulla scia delle idee di Feyerabend, ha ricostruito le vicende della nascita della scienza moderna e del suo fondatore in modo originale ed insolito. Si tratta, per Cini, di scrivere un'altra storia di quegli eventi, che tenga conto delle ragioni degli sconfitti: "Ciò che caratterizza la storia scritta dai vincitori e la distingue in negativo dalla critica storica è proprio l'attribuzione del carattere di necessità a tutto ciò che è accaduto. La concezione tradizionale fa proprio questo: identifica la scienza quale essa è oggi come l'unica scienza che avremmo potuto avere. E' un errore epistemologico grave"[22]. Quanto allo scontro tra Galileo ed Aristotele, contrariamente a quanto racconta la vulgata ufficiale, può essere compreso "soltanto se lo si considera come uno scontro fra due modi altrettanto legittimi di osservare la natura, ognuno dei quali ha come conseguenza l'elaborazione di un proprio sistema coerente ed empiricamente adeguato di conoscenze"[23]. Del resto, Galileo negava anche l'evidenza pur di affermare le proprie convinzioni, come nel caso della polemica con padre Grassi riguardo le comete, in cui apertamente fece carte false[24]o, ancora, con la teoria delle maree che lo condusse "a intestardirsi per trent'anni su una spiegazione... che è al tempo stesso teoreticamente scorretta e in flagrante disaccordo con l'esperienza"[25]. Bisogna dunque ammettere che i motivi che hanno opposto Galileo e gli aristotelici sono molto più complessi di quanto si creda solitamente e riconoscere che si è trattato "di un controversia, nella quale ogni contendente, contrapponendo argomenti di tutti i tipi, utilizzando ugualmente le armi della logica e della retorica, ha fatto il possibile per conquistare il pubblico alla propria tesi e screditate l'avversario"[26]. Abbiamo ridisegnato, fin qui, il profilo di Galileo sottolineando alcuni aspetti della sua personalità solitamente trascurati. Abbiamo, però, lasciato in ombra la questione del processo a Galileo, rimasta avvolta nel mistero per tanto tempo e decisiva, come ha mostrato Pietro Redondi, per la piena comprensione della complessa questione dell'avvento della scienza moderna in Occidente. Tutto si poteva supporre, riguardo all'"affaire" Galileo, tranne che si trattasse di una controversia teologica, come ha mostrato in via ipotetica Pietro Ridondi e come è stato confermato dalla recente scoperta di un documento, archiviato in seguito al parere decisivo del cardinale Francesco Barberini, nipote di Urbano VIII, in cui si accusava l'astronomo pisano di mettere in dubbio l'eucaristia[27]. Secondo la dettagliata ricostruzione di Redondi, l'accusa ufficiale di apologia di copernicanesimo rivolta a Galileo sarebbe un'abile manovra orchestrata dallo stesso Urbano VIII per nascondere una realtà assai più compromettente per lo scienziato e per lo stesso papa. Il vero oggetto del contendere tra Galileo ed il Sant'Uffizio non sarebbero state, infatti, le idee astronomiche del pisano, bensì le sue convinzioni in fisica della materia, che richiamavano direttamente il materialismo atomistico di Democrito, espresse ne "Il Saggiatore" (1623). Né si dimentichi che il libro venne dedicato proprio a Urbano VIII, che mostrò di apprezzare il gesto chiamando "dilettissimo figlio" l'amico Galileo, mettendo così a repentaglio la sua stessa credibilità se fosse andato in porto il progetto gesuitico di incriminare Galileo per eresia. Lo scienziato, del resto, dopo gli ammonimenti ricevuti nel 1616 dal cardinale Bellarmino in persona che gli comunicò la condanna e la prossima messa all'Indice di Copernico, si guardò bene dallo sfidare il Sant'Uffizio. Fu soprattutto su insistenza degli amici dell'Accademia dei Lincei che Galileo si decise ad intervenire nel dibattito sulla natura delle comete, dando vita a quella vera e propria opera buffa ai danni di padre Orazio Grassi che è "Il Saggiatore". E padre Grassi, si sa, difettava di senso dello humor;[28] così scattò la denuncia[29]. Poi, dal suo punto di vista, padre Grassi aveva ragione: " Il dogma eucaristico era il fondamento, il postulato essenziale della fede cattolica",[30] e se la teoria atomistica di Democrito ripescata da Galileo lo metteva in forse, bisognava combatterla con ogni mezzo. Ma veniamo al cuore della questione tracciando brevemente la storia della parola transustanziazione. Il termine apparve tardi, nel secolo XI, e venne imposto come dottrina canonica solo due secoli dopo, anche se divenne presto dogma ufficioso " per virtù linguistica di un termine sfuggente a qualsiasi presa intuitiva e razionale e quindi ideale per designare un mistero".[31] Il dogma della transustanziazione sollevava due ordini di problemi, relativi alla trasformazione delle sostanze ( il pane ed il vino ) e alla permanenza dei dati sensibili originari. La prima questione impegnò per secoli domenicani e francescani, la seconda coinvolse direttamente le teorie gnoseologiche e le filosofie della natura fino all'alba della modernità.[32] Un posto a parte nella storia di questo dibattito spetta ad Occam, elemento di spicco di quella tradizione " che aveva fatto del privilegio dell'esperienza una causa comune, come dell'avversione alla supremazia politica del papato un ideale spirituale".[33]Antiaristotelico per vocazione, Occam riprese l'atomismo democriteo, come tre secoli dopo di lui avrebbe fatto Galileo, quale filosofia più adatta a spiegare le apparenze delle diversità qualitative e delle mutazioni naturali.[34] Contro Occam si aprì un'istruttoria che non condusse, stranamente, ad una condanna ufficiale della sua dottrina.[35] Diversa sorte toccò a Galileo: " Occam aveva osato. Tre secoli dopo di lui anche Galileo osò, ma in condizioni certo più difficili, perché adesso c'era un dogma ufficiale, il dogma tridentino per eccellenza",[36]dopo che il concilio aveva riaffermato vigorosamente l'idea di transustanziazione. In seguito al nuovo clima politico e culturale venutosi a creare con l'inasprirsi della guerra dei trent'anni, un libro come " Il Saggiatore" che metteva in discussione, anche solo indirettamente, il dogma della transustanziazione, diventava indifendibile. E così il suo autore. Anche la conduzione politica della chiesa sotto il pontificato di UrbanoVIII venne stigmatizzata pesantemente dall'ala più intransigente del potere ecclesiastico, tanto che lo stesso " papa dovette affrontare la aperta denuncia del cardinale Borgia, protettore della Spagna".[37] Ciò non impedì che Galileo godesse di un trattamento speciale: " La causa, fin dal primo momento, venne sottratta alla competenza giurisdizionale del Sant'Uffizio e venne condotta dai due più autorevoli amici di Galileo in curia: il papa, che non vuol apparire, e il cardinale Francesco Barberini".[38] La commissione speciale voluta dal papa e presieduta dal nipote cardinale Barberini " fornì al tribunale del Sant'Uffizio un'istruttoria perfettamente confezionata per un rapido processo contro Galileo sulla base di un'accusa ben circoscritta: la violazione, nel Dialogo, del divieto comminato nel 1616 a Galileo dal cardinale Bellarmino di difendere la teoria copernicana condannata dal Sant'Uffizio".[39] Galileo doveva, dunque, essere incriminato per disobbedienza all'autorità ecclesiastica e non certamente per eresia. L'atteggiamento dello scienziato durante il processo appare, come è noto, incomprensibile: alla prima udienza si difese con le unghie e con i denti; nella successiva udienza " si produsse in una clamorosa autoaccusa copernicana, perfino troppo clamorosa".[40] Tutto è bene ciò che finisce bene: " soddisfatti i protettori di Galileo, soddisfatto il decoro formale del rito giudiziario e messi a tacere i devoti, soddisfatto anche l'imputato, che avrà il minimo della pena".[41] Si chiudeva in questo modo la vicenda storica del processo a Galileo e si apriva la lunga stagione, destinata a sopravvivere fino ai nostri giorni, del mito della nascita del metodo scientifico. Come si è visto, il caso Galileo è paradigmatico nel senso dell'intreccio indissolubile tra scienza e religione, tra ragione e questioni teologiche, cioè a dire è un esempio tipico di quel fenomeno della secolarizzazione che è a fondamento della modernità in Occidente. La questione della secolarizzazione, si può dunque dire, concerne direttamente, per riprendere il titolo della nostra riflessione, la stessa " legittimità del mondo moderno , nella fase in cui questo si libera , o crede di liberarsi , dal peso della tradizione religiosa".[42] E proprio la teoria della secolarizzazione, così come viene pensata da Weber e da Löwith, fa emergere il fondo religioso da cui trae forza il volto laico e razionalistico dell'Occidente, sia quando si presenta, nella sua versione gnoseologica, come tradizione scientifica sia quando indossa l'abito della tolleranza politica, nella sua veste democratica. Si deve a Max Weber la messa in luce dell'affinità elettiva tra "ascesi intramondana" del calvinismo e "spirito capitalistico", ossia tra fondamentalismo religioso e moderna economia capitalistica, traduciamo noi; per cui " l'individuaismo moderno appare come il prodotto estremo di uno sviluppo religioso".[43] Nell'ottica di Weber, la modernità occidentale è, dunque, il prodotto di un lungo processo di trasformazione che ha la sua origine nella religione, e che quindi non può autolegittimarsi. Il che corrobora la nostra tesi secondo cui la modernità occidentale è una variante del fondamentalismo religioso che ha dimenticato le sue origini. Analogamente e in sintonia con il maestro, Löwith ha rielaborato " la ricostruzione weberiana della storia del razionalismo in una teoria autonoma della secolarizzazione",[44] che ha messo a nudo i "presupposti teologici della fede laica nel progresso"[45] così come ha riconosciuto che " il nostro mondo moderno è mondano ed irreligioso e tuttavia dipendente dal credo cristiano da cui si è emancipato".[46] Il nucleo centrale del lavoro di Löwith mira ad esplicitare i presupposti teologici della filosofia della storia, ma finisce per svolgere una critica che investe l'intera cultura occidentale intesa " come un grandioso détour , giunto alla sua conclusione con le filosofie nichilistiche".[47] E se, seguendo la prospettiva di Löwith, la filosofia della storia rifiutando la sua origine teologica diventa peggiore della teologia, allo stesso modo la democrazia moderna rifiutando la sua origine religiosa ( fondamentalista ) diventa peggiore del fondamentalismo. E ciò proprio alla luce del tragico conflitto in corso che la vulgata ufficiale presenta come uno scontro tra democrazia e fondamentalismo. Se solo gettiamo un rapido sguardo sulla formazione storica della democrazia moderna, vediamo nuovamente confermata la tesi della secolarizzazione:sia la prima rivoluzione inglese sia la rivoluzione di indipendenza americana furono guidate dai puritani, trassero cioè impulso da quel fondamentalismo biblico che abbiamo incontrato in Galileo come nelle espressioni più tipiche della modernità occidentale nelle analisi di Weber e di Löwith. Il cerchio a questo punto si chiude: alla domanda che apriva il nostro scritto dobbiamo rispondere negativamente; l'epoca moderna, come si è venuta delineando attraverso l'indagine che abbiamo condotto di alcuni suoi momenti significativi, è ben lungi dall'essersi svincolata dal mondo religioso che l'ha prodotta. Ne è, anzi, il prolungamento inconsapevole e pericoloso che più che con i tratti del figlio illegittimo[48]appare come un aborto involontario.



*[1] Cfr. il dibattito su legittimità del moderno e secolarizzazione in aut aut n° 222, 1987, con scritti di Löwith, Blumenberg e Carchia.
[2] Cfr. P. K. Feyerabend, Contro il metodo, Feltrinelli, Milano, 1995, pagg. 240-252.
[3] P. Redondi, Galileo eretico, Einaudi, Torino, 1983, pag. 413.
[4] P. Redondi, cit., pag. 262.
[5] P. Redondi, cit., pag. 418.
[6] P. Redondi, cit., pag. 15.
[7] G. Lukács, Ontologia dell'essere sociale, vol. I, Editori Riuniti, Roma, 1976, pag. 106.
[8] Cfr. G. Giorello, Scienza, liberalismo, democrazia:conflitto o armonia?, Scuola di liberalismo online, 20/4/1998. pagg. 1-2.
[9] M. Cini, Trentatré variazioni su un tema, Editori Riuniti, Roma, 1990, pagg. 41-42-43.
[10] P. K. Feyerabend, cit., pag. 89, nota 22.
[11] P. K. Feyerabend, cit., pag. 160.
[12] P. K. Feyerabend, cit., pag. 68.
[13] P. K. Feyerabend, cit., pag. 77.
[14] P. K. Feyerabend, cit., pag. 132.
[15] P. K. Feyerabend, cit., pag.126.
[16] F. Nietzsche, Aurora, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1981, pag. 13.
[17] F. Nietzsche. cit., pag. 91.
[18] P. K. Feyerabend, L'irrazionalità ovvero: chi ha paura dell'uomo nero?, aut aut. n° 205, 1986, pag. 84.
[19] P. K. Feyerabend, L'irrazionalità..., cit., pag. 86.
[20] P. K. Feyerabend, La scienza in una società libera, Feltrinelli, Milano, 1980, pag. 41. In questo caso, per la verità, Feyerabend non fa altro che radicalizzare la tesi di Karl Popper sulla "metafisica influente": la metafisica "è la fonte da cui rampollano le teorie delle scienze empiriche" ( K. Popper, Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino, 1970, pag. 348).
[21] Cfr. Alessandro Dal Lago, Il nuovo politeismo, in Filosofia '86, a cura di Gianni Vattimo, Laterza, Bari, 1987, pag. 141.
[22] M. Cini, Un paradiso perduto, Feltrinelli, Milano, 1994, pag. 10.
[23] M. Cini, Un paradiso perduto, cit., pag. 20.
[24] Cfr. M. Cini, Un paradiso perduto, cit., pag 21.
[25] M. Cini, Un paradiso perduto, cit., pag.21.
[26] M. Cini, Un paradiso perduto, cit., pagg. 21-22.
[27] Cfr. sul Corriere della sera del 22 marzo 2001, l'articolo di Cesare Meda Galileo mise in dubbio l'eucaristia. Ma la chiesa lasciò correre.
[28] Cfr. P. Redondi, cit., pag. 228.
[29] Cfr. P. Redondi, cit., pag. 238.
[30] P. Redondi, cit., pag. 246.
[31] P. Redondi, cit., pag. 262.
[32] Cfr. P. Redondi, cit., pag. 263.
[33] P. Redondi, cit., pag. 270.
[34] Cfr. P. Redondi, cit., pag. 271.
[35] Cfr. P. Redondi, cit., pag. 272.
[36] P. Redondi, cit., pag. 283.
[37] P. Redondi, cit., pag. 291.
[38] P. Redondi, cit., pag. 307.
[39] P. Redondi, cit., pag. 311.
[40] P. Redondi, cit., pag. 327.
[41] P. Redondi, cit., pag. 327.
[42] A. Dal Lago, cit., pag. 133.
[43] A. Dal Lago, cit., pag. 140.
[44] A. Dal Lago, cit., pag. 144.
[45] K. Löwith, Significato e fine della storia, Il Saggiatore, Milano, 1998, pag. 22.
[46] K. Löwith, cit. pag. 229.
[47] A. Dal Lago, cit., pag. 146.
[48] Cfr. K. Löwith, Recensione del libro di Hans Blumenberg "Die legitimität der neuzeit", in aut aut n° 222, cit., pag. 66: "I parti della vita storica sono tutti ' illegittimi ' ".

Pubblicato da bonansea a 3.18