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Le armi spuntate di un pensiero unico

di Benedetto Vecchi - 29/06/2007


Immanuel Wallerstein e' spesso considerato uno studioso ante litteram della
globalizzazione. Una volta interrogato su questo giudizio, ha risposto
stizzito che la globalizzazione e' un termine vuoto che puo' essere riempito
di ogni significato. Per questo e' un termine che non ama molto usare, prefe
rendogli le espressioni sistema-mondo e economia-mondo, attorno alle quali
ha dedicato gran parte della sua produzione teorica, da quando alla meta'
degli anni Settanta ha mandato alle stampe i primi tre volumi di un'opera -
Il sistema mondiale dell'economia moderna (Il Mulino) - che ancora adesso, a
oltre trent'anni dalla sua apparizione, Wallerstein considera come un work
in progress che ha bisogno della collaborazione di molti altri studiosi per
accumulare dati, analisi su questo o quel fenomeno per considerarla davvero
un'opera compiuta.
*
La lunga transizione
In questo ultimo trentennio lo studioso statunitense ha incontrato molti
compagni di strada, come racconta nel libro Comprendere il mondo (Asterios,
pp. 164, euro 15). Con alcuni di loro - Giovanni Arrighi, ma anche lo
scomparso Terence Hopkins - ha condiviso anche le attivita' del Fernand
Braudel Center, vero e proprio laboratorio di analisi del sistema-mondo. Il
primo capitolo di Comprendere il mondo e' esemplare nel delineare la
genealogia culturale e politica dei concetti di sistema-mondo,
economia-mondo e impero-mondo. Ma e' anche un saggio che considera sbagliata
la categoria della globalizzazione, perche' un sistema-mondo lavora sulla
lunga durata misurabile in termini di secoli e di cicli che durano dai venti
ai cinquant'anni. Dunque per Wallerstein, il sistema-mondo attuale ha
origine nel lontano XV secolo, mentre gli ultimi venti, trent'anni - quelli
della globalizzazione, appunto - fanno parte di quella fase di di
transizione da un sistema-mondo ad un altro.
L'aspetto tuttavia piu' interessante della attuale riflessione di Immanuel
Wallerstein viene invece da un altro libro. Si tratta de La retorica del
potere (Fazi editore, pp. 125, euro 14), un vera e propria panoramica
dell'ideologia o meglio della geocultura del sistema-mondo capitalista,
sempre per rimanere all'interno del lessico di Wallerstein. Con
un'operazione ardita lo studioso statunitense individua nella polemica tra
Bartolome' de Las Casas e Juan Gines de Sepulveda l'atto originario di
quell'ideologia dei diritti umani tuttora usata per garantire l'egemonia
dell'economia-mondo capitalista.
Las Casas e Sepulveda erano entrambi prelati alla corte spagnola di Carlo V
prima e di Filippo II dopo. Cio' che li divideva era come rendere universale
la civilta' che si era sviluppata in Europa. E se Bartolome' de Las Casas
era propenso a una "pratica del consenso", Sepulveda riteneva che il
rispetto dei diritti umani, cosi' ben rappresentati dalla religione
cattolica, dovesse trovare nelle armate spagnole il miglior viatico. Da
allora, sostiene Wallerstein l'imposizione dei diritti umani e' stata
l'ideologia dominante nel sistema-mondo. Potevano cambiare le forme
politiche, come anche i protagonisti, ma il sistema interstatale fuoriuscito
dalla pace di Westfalia alla meta' del XVII secolo ha sempre legittimato la
sua propensione egemonica con l'esportazione della religione civile dei
diritti umani. La "pratica del consenso" di Bartolome' de Las Casas fu
sconfitta dalla "ingerenza armata civilizzatrice" di Sepulveda. Da allora
l'Occidente ha preferito le armi alla persuasione.
La retorica del potere vigente e' dunque quella dei diritti umani, sia nella
sua variante liberal che in quella neoconservatrice. Possono cambiare i
mezzi, ma certo non l'obiettivo perseguito, cioe' il mantenimento di quel
rapporto gerarchico tra centro e periferia del sistema-mondo in cui i paesi
piu' forti esercitano la loro egemonia su quelli piu' deboli. La critica,
dunque, deve investire quello che Wallerstein definisce il "cattivo
universalismo europeo", indicando nella critica di Edward Said la via
maestra dove inoltrarsi per elaborare un auspicabile "universalismo
universale".
Va da se' che la "pratica del consenso" e' certo preferibile alle truppe
d'occupazione, ma questo saggio di Wallerstein coglie una tendenza
indiscutibile nella discussione contemporanea, cioe' la centralita'
assegnata al rispetto dei diritti umani per accedere al tavolo del governo
mondiale. Rimanendo alla contingenza, cioe' quel momento dell'azione
collettiva fondamentale per pensare politicamente la realta', e'
indiscutibile il fatto che i diritti umani sono stati usati sia per "guerre
umanitarie", come quella condotta dal liberal Bill Clinton con il sostegno
convinto di un personaggio di sinistra come Massimo D'Alema nel Kosovo, che
in "guerre preventive", come l'invasione dell'Iraq voluta dal conservatore
George W. Bush appoggiato fermamente da un uomo di destra come Silvio
Berlusconi. Inoltre, in difesa dei diritti umani sono scesi in campo
intellettuali conservatori come anche intellettuali democratici se non
ex-gauchiste.
*
La storia dimenticata
I diritti umani dunque come collante di una realta', l'economia-mondo, che
e' pero' al suo punto di crisi piu' radicale. Non e' certo una novita' che
Wallerstein consideri declinante l'egemonia statunitense, ne' che si stiano
affacciando sulla scena internazionale paesi - la Cina e l'India - che
vogliono ridisegnare a loro vantaggio i rapporti tra centro e periferia del
sistema-mondo. Cio' che lascia perplessi della "retorica del potere"
denunciata in questo volume e' la sua astoricita', quasi che i diritti umani
siano una fattore perdurante del funzionamento del sistema-mondo. I diritti
umani sono invece un prodotto storico che ha costituito, talvolta, un
elemento di contraddizione nelle relazioni sociali e interstatali
dell'ordine mondiale fuoriuscito dalla seconda guerra mondiale. Certo,
espressione di quell'"orientalismo" cosi' aspramente criticato da Edward
Said, ma anche parola d'ordine per marcare un'alterita' al sistema
capitalistico. E' in questa polarita' che i diritti umani sono oscillati.
La seconda perplessita' riguarda invece l'esistenza o meno di un "pensiero
unico" del sistema-mondo. Piu' che un pensiero unico, infatti, l'attuale
sistema-mondo, per restare nella cornice lessicale di Wallerstein, fa
infatti leva sulla diversita', sul pluralismo delle forme produttive come
delle culture. I diritti umani sono quindi la weltanschauung di chi alle
armi preferisce la "pratica del consenso" per imporre il suo ordine
mondiale. Una concezione del mondo che ha dovuto cedere il passo a quei
fondamentalismi - del mercato e della religione - che contribuiscono a
definire la governance dell'ordine mondiale. Sono dunque le teste d'uovo
delle imprese a rete transnazionali e i cultori islamici o cristiani di
verita' rivelate che definiscono la "geocultura" di questo inizio millennio.
E in questo quadro i diritti umani rappresentano semmai l'ultima spiaggia
per garantire quell'innovazione sociale e culturale di cui il sistema-mondo
ha ancora necessita'.

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 giugno 2007, col titolo "Le armi
spuntate di un pensiero unico" e il sommario "Da Bartolome' de Las Casas
all'ingerenza umanitaria, i diritti umani come ideologia dominante di un
sistema-mondo che sta conoscendo il suo declino. 'Comprendere il mondo'
(Asterios) e 'La retorica del potere' (Fazi editore), due saggi di Immanuel
Wallerstein".
E' appena il caso di segnalare che questo testo non rende affatto giustizia
a Bartolome' de Las Casas (ci si permettera' di rinviare, tra altri buoni
lavori, oltre che agli scritti di Las Casas - una buona recente raccolta
esemplare in edizione economica e' Bartolome' de Las Casas, Obra
indigenista, Alianza, Madrid 1985, 1992 -, almeno al bel libro di Fernando
Mires, In nome della croce, tradotto anni fa in italiano dalla Piccola
Editrice).
Benedetto Vecchi e' redattore delle pagine culturali del quotidiano "Il
manifesto"; nel 2003 ha pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita'
a Zygmunt Bauman.
Immanuel Wallerstein, economista, docente alla State University di New York,
dirige il Fernand Braudel Center; fondamentale il suo contributo
nell'elaborazione dell'approccio analitico dell'economia-mondo; una non piu'
recente scheda del quotidiano "Il manifesto" cosi' lo presenta: "Autore
prolifico, Immanuel Wallerstein ha iniziato ad occuparsi di storia africana.
Della sua attivita' di studioso dell'Africa testimoniano i saggi di apertura
del volume Alla scoperta del sistema mondo (manifestolibri). Sicuramente la
sua opera piu' nota e' Il sistema mondiale dell'economia moderna (tre
volumi, Il Mulino), un testo fondamentale per comprendere il suo pensiero.
Nato nel 1930 a New York, occupa la cattedra di sociologia alla State
University of New York ed e' diventato direttore del Fernand Braudel Center
nel 1977, centro di studi che ha raccolto attorno a se' una nutrita schiera
di economisti, sociologhi, antropologi e storici. In quegli anni inizia un
lungo sodalizio intellettuale con Giovanni Arrighi e Terence Hopkins (con
quest'ultimo ha lavorato fino alla sua morte), e' a loro firma il volume
Antisystemic mouvement (manifestolibri). Da segnalare inoltre Razza nazione
classe (scritto con Etienne Balibar, Edizioni Associate), il Capitalismo
storico (Einaudi), La scienza sociale: come sbarazzarsene (Il Saggiatore), e
Dopo il liberalismo (Jaca Book). Da ricordare infine l'opera di raccolta e
pubblicazione dei suoi ultimi libri da parte delle edizioni Asterios (L'era
della transizione, Capitalismo storico e civilta' capitalistica, Geopolitica
e geocultura, Liberalismo e democrazia, e Navigando nella transizione)"]