Istituzioni, cattive maestre. E’ disobbedienza di Stato
di Massimo Fini - 29/06/2007
L
A NOMINA dell’ex capo della poliziaGianni De Gennaro, silurato per essere
entrato nel registro degli indagati per la
violenza alla caserma Diaz durante ilG8diGenova,
a capo di gabinetto del ministero dell’Interno,
ha sollevato una mezza rivolta fra i prefetti.
Il segretario del Sipref, il sindacato dei prefetti
(esiste anche un sindacato dei prefetti, robb de
matt), Claudio Palomba accusa il governo di
«aver trasformato il Viminale in un ministero di
polizia, non era mai accaduto che un poliziotto
arrivasse in quel posto». Il Sipref terrà un’assemblea
giovedì e preannuncia «manifestazioni clamorose
». Ma siamo diventati matti? Il prefetto,
istituto di derivazione post Rivoluzione francese,
napoleonica, rappresenta lo Stato, anzi lo incarna,
nelle varie realtà locali e non può in alcun
modo mettere in discussione decisioni dello
Stato. E’ come se mettesse in discussione se stesso,
la propria funzione, innescando una rivoluzione,
anzi una controrivoluzione.
Il fatto è che in Italia nessuno ubbidisce più a
nessuno. I ministri non ubbidiscono al governo,
anzi scendono in piazza per contestare le sue decisioni
che sono anche le «loro» decisioni. I presidenti
di Regione non rispettano le leggi dello Stato
anche in materie che esulano completamente
dalle loro competenze. I sindaci vanno per i fatti
loro. Il primo atto del neosindaco di Verona, Flavio
Tosi, è stato di sostituire la fotografia dell’attuale
Presidente della Repubblica con quella di
Sandro Pertini, che gli è più simpatico. Non solo
le inchieste ma anche le sentenze della Magistratura
vengono apertamente contestate da altri
organi istituzionali. Nemmeno le sentenze definitive
vengono più applicate. L’onorevole Previti
è stato condannato a sei anni di reclusione con
l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non
potrebbe fare nemmeno il vigile urbano. Invece
resta parlamentare della Repubblica, con tutti
gli annessi e connessi, stipendio, indennità, diarie,
altre diarie speciali per spese di soggiorno e
rimborsi spese, esenti da Irpef, per un totale di
100mila euro l’anno.
E’ caduta ogni regola e ogni senso delle regole
che, naturalmente dalle istituzioni discende giù
per li rami alla popolazione. Ma si sa dove, dai
e ridai, porta la sistematica mancanza del rispetto
delle regole. Scriveva Platone: «Quando un
popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova
ad avere a capo dei coppieri che gliene versano
quanto ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade
che... in questo clima di libertà, in nome della medesima,
non vi è più riguardo né rispetto per nessuno.
In mezzo a tante licenze nasce e si sviluppa
una mala pianta: la tirannia».