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I nemici dei nemici sono amici

di Naoki Tomasini - 30/06/2007

Gli Usa sostengono le milizie tribali contro Al Qaeda, il nemico più grande
Nonostante le diverse operazioni militari che le truppe della coalizione stanno conducendo per riportare la sicurezza a Baghdad e nelle aree circostanti, anche giovedì 28 un'autobomba è esplosa a Bayaa, un quartiere sciita della capitale, uccidendo 25 persone. Sempre giovedì, un ordigno posto a lato della carreggiata ha provocato la morte di tre soldati britannici a Bassora, nel sud del paese, dove la presenza di milizie sciite è sempre più rilevante, al punto che controllano la città ben più dei soldati della regina -il cui numero è recentemente stato ridotto- e delle truppe irachene.
 
Al Qaeda o no? Nonostante questo quadro allarmante nelle provincie sciite, negli ultimi tempi gli ufficiali della coalizione e del governo iracheno puntano il dito soprattutto contro le milizie sunnite legate ad al Qaeda, responsabili di quasi tutti gli attentati suicidi nel paese. Decine di migliaia di soldati Usa e iracheni sono impegnati in un'offensiva contro al Qaeda e tentano in ogni modo di tagliare le loro reti di rifornimenti. Recentemente, però, il generale statunitense Rick Lynch ha rilasciato dichiarazioni polemiche sull'inefficienza dell'esercito iracheno, che non sarebbe sufficientemente armato e addestrato per agire autonomamente contro le milizie, e nemmeno per presidiare le zone 'pulite' del paese dal ritorno dei miliziani. Il 22 giugno il comando Usa notificava l'uccisione di 17 miliziani di al Qaeda nei pressi della città sciita di Khalis, nella provincia di Dyala. Le agenzie stampa Bbc e Reuters, basandosi sui resoconti dei residenti, hanno messo in dubbio la ricostruzione ufficiale sostenendo che le vittime fossero 11 civili uccisi e 5 guardie locali, impegnate nel pattugliamento notturno della zona, rimaste ferite. A quel punto il Comando Usa ha aperto un'indagine e ha parlato di un “incidente in cui il nemico è rimasto ucciso”, senza più riferimento alcuno ad Al Qaeda. Nella provincia di Dyala è in corso, da diversi giorni, l'operazione Arrowhead Ripper, contro le milizie di al Qaeda. Il comando Usa sostiene di avere ucciso 60 uomini della rete del terrore ma, come dimostra quest'ultimo episodio, quando non ci sono civili e giornalisti sul campo, credere a questi dati è davvero difficile.
 
Uniti contro. Giovedì il presidente iracheno Jalal Talabani, in visita in Iran, ha annunciato che le forze di sicurezza di Teheran hanno arrestato i capi di Ansar al Islam, una formazione jihadista vicina ad Al Qaeda, nata prima dell'invasione americana e responsabile di diversi attacchi nel Kurdistan iracheno. Talabani ha ringraziato Teheran per aver chiuso le basi dei terroristi al confine e ha lodato l'impegno di Teheran a dialogare con gli Usa per la sicurezza dell'Iraq. Il Pentagono e i generali dell'esercito, invece, non smettono di accusare quotidianamente il regime degli ayatollah, di sostenere le milizie sciite per infiammare le violenze settarie. Un altro aiuto contro Al Qaeda gli Stati Uniti lo stanno ricevendo dalle tribù sunnite, che recentemente si sono coalizzate contro i miliziani della rete del terrore, che hanno stabilito uno Stato Islamico nei territori tribali del centro del paese. Fino a qualche mese fa quelle milizie tribali combattevano contro gli Usa, ma ultimamente i rapporti di combattenti di Al Qaeda uccisi dalle milizie tribali si sono moltiplicati. Fedeli alla norma secondo cui “i nemici dei miei nemici sono miei amici”, i comandanti della coalizione hanno annunciato il loro sostegno alle tribù sunnite. Recentemente il comando Usa ha prestato assistenza medica ai miliziani tribali feriti negli scontri contro quelli di Al Qaeda, l'intelligence statunitense ha ripagato le loro soffiate e offerto risarcimenti alle famiglie dei combattenti tribali uccisi. A molti di loro è stato offerto un posto come contractor per aziende private occidentali e ad altri ancora è stato promesso che verranno inquadrati nelle forze di sicurezza nazionale. “E' un'opportunità da non perdere” ha ammesso il Generale Campbell, comandante delle operazioni a Baghdad.