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Governo Globale

di Romolo Gobbi - 02/07/2007


In questi giorni si è tenuta l’ennesima conferenza internazionale, “Il G8 del riso”. In realtà, i paesi partecipanti alla IV “Temperate rice conference”, tenutasi a Novara, erano 25. Ancora una volta sono state fatte previsioni più o meno catastrofiche: “stime allarmanti della FAO prevedono che nel 2030 la domanda sarà 38 volte maggiore delle quantità prodotte attualmente” (La Stampa, 14 giugno 2007).
Durante la conferenza è intervenuto l’ex presidente dell’Unione Sovietica, Michail Gorbaciv, che, a sua volta, ha sparato le sue previsioni catastrofiche sulla disponibilità di acqua dolce, visto che il riso cresce nell’acqua, : “La crisi più grave riguarda l’acqua dolce: 500 milioni di persone non hanno accesso all’acqua e un miliardo vive in condizioni di sottonutrizione…. Tra il 2020 e il 2025, il problema riguarderà oltre 2,3 miliardi di persone.” (La Stampa, 27 giugno, 2007).
Queste recenti previsioni sul futuro dell’umanità, unite alle altre, altrettanto catastrofiche, concernenti il cambiamento climatico in atto, pongono sempre più urgentemente il problema dell’insediamento di un Governo Globale. Invece di continuare a parlare della globalizzazione come fenomeno inarrestabile, dobbiamo cominciare ad affrontare politicamente il problema di come fermare questa folle utopia: se la Cina dovesse raggiungere i livelli della motorizzazione occidentale “avrebbe bisogno di 80 milioni di barili di petrolio al giorno, circa 74 milioni di barili al giorno in più della odierna produzione quotidiana mondiale [ ] per avere un numero adeguato di strade e di parcheggi, la Cina dovrebbe asfaltare 16 milioni di ettari di terra, un’area pari alla metà dei 31 milioni di ettari attualmente utilizzati per produrre i 132 milioni di tonnellate di riso che soddisfano il fabbisogno annuale di un ingrediente base dell’alimentazione cinese” (L.R. Brown, Eco économy, pag.91-92).
Se le conseguenze della globalizzazione sono così catastrofiche, bisogna assolutamente fermarla e non bastano più le generiche proteste del popolo dei “no global”. Così come non bastano le conferenze dei vari G8, né la “suprema” autorità dell’ONU, per affrontare i gravi problemi dell’umanità. Le Nazioni Unite, che formalmente avrebbero il compito di coordinare gli interessi dei vari paesi, sono ormai diventate uno strumento in mano degli Stati Uniti. Porre oggi l’obiettivo della costituzione di un governo mondiale, che superi la volontà di potenza degli Usa, è chiaramente un’utopia, ma non è inutile cominciare e pensare che cosa potrebbe fare una simile istituzione. Lasciando da parte i sogni di eguaglianza o quelli di riforma della natura umana, cominciamo a cimentarci con i problemi reali che anche alla conferenza del riso sono stati posti. Innanzitutto, è ormai da anni assodato che non ci sono più terreni coltivabili disponibili: toccare le foreste tropicali, non solo non risolverebbe il problema, data la non durevole utilizzabilità dei quei terreni, ma scatenerebbe conseguenze catastrofiche sulle già gravi condizioni climatiche. Il cambiamento del clima, comunque, favorisce la desertificazione che l’incuria umana produce. Inutile anche pensare ad un aumento della produttività del suolo, dati i livelli estremi raggiunti nell’uso dei concimi, dei diserbanti e dei pesticidi e, soprattutto, per la crescente mancanza di acqua per l’irrigazione. Proviamo dunque a ragionare su come far fronte, almeno in parte, a queste limitazioni. Per anni si è combattuta una battaglia contro il fumo: perché non attaccare alla radice il problema, vietando le piantagioni di tabacco? Perché non fare lo stesso con la coltivazione della vite, che è l’ottava produzione del mondo, ma che produce infiniti danni alla salute e passeggere allegrie per i soli paesi occidentali? E così enumerando, tutte le coltivazioni che non producono nutrimento per l’umanità affamata andrebbero eliminate: thè, caffè, cacao, cannabis, coca, oppio….
Infine, per capire la “portata morale”, oltre che pratica di questa proposta: perché non eliminare la coltivazione di fiori ed eliminare prati e giardini ornamentali?
Tutto ciò non vuol essere certo la soluzione dei problemi della fame nel mondo, ma può essere un utile esercizio intellettuale per capire quali enormi sforzi, anche esistenziali, debbano essere fatti per una riforma radicale del nostro modi di vivere. Ovvio concludere che solo un Governo Globale può imporre ai governi, ma anche agli individui, questa ed altre necessarie rinunce.