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Bush: tana liberi tutti!

di Massimo Mazzucco - 03/07/2007

 

Sembrava impossibile che qualcuno dell’amministrazione Bush finisse davvero in galera, per uno qualunque dei mille reati commessi da questi personaggi dal giorno in cui si insediarono a Washington, sette anni fa.

E infatti oggi Bush ha pensato bene di condonare a Scooter Libby l’intera pena di due anni e mezzo di carcere, che gli era stata appena comminata, in quanto giudicato responsabile per aver fatto trapelare alla stampa il nome di un agente segreto della CIA, Valery Plame.

La nota vicenda si inserisce in quella, ancora più ampia, del falso documento dal quale si desumeva che Saddam Hussein avesse cercato di procurarsi lo ”yellow cake” – un prodotto chimico per l’arricchimento dell’uranio - dalla Nigeria.

A indagare sulle voci di questo presunto tentativo da parte di Saddam era stato mandato l’ex-ambasciatore americano Joseph Wilson – una nomina di Bill Clinton - che però ritornò dalla Nigeria...

... dicendo chiaramente che si trattava di una bufala colossale (avremmo saputo in seguito che il falso documento era stato fornito ai servizi americani da quelli italiani).

Ma Bush decise di fingere di non aver sentito, e nel suo discorso all’Unione fece sapere al mondo che “Saddam ha cercato di procurarsi materiali per arricchire l’uranio”.

Da Londra Blair rispondeva che “Saddam può colpire l’Europa in 45 minuti”, ed aveva così inizio l’invasione dell’Iraq.

A Wilson però non piacque di essere stato usato in quel modo, e pubblicò sul New York Times un lungo articolo, nel quale raccontava la verità: quel documento valeva meno di un rotolo di carta igienica, e quindi il Presidente aveva mentito, ”sapendo di mentire”.

Dopo qualche giorno esplodeva il caso Valery Plame, l’agente segreto della CIA il cui nominativo era stato reso pubblico da una fonte interna della Casa Bianca, bruciandone in un solo colpo un’intera carriera, più tutti i progetti ancora in corso in quel momento.

Valery Plame risultò anche essere la moglie di Jo Wilson, che era stato in questo modo punito per aver osato rendere pubblica la notizia della falsità del documento usato da Bush come pretesto di guerra.

Ma rivelare il nome di un agente segreto in America è considerato un crimine gravissimo, e siccome si sapeva che la “soffiata” era venuta dalla Casa Bianca, Bush in prima persona si impegnò a far cercare il colpevole, finchè non fosse stato trovato e condanato.

E questa volta bisogna dire che il Presidente dal naso lungo è stato di parola. L’unica cosa che si è dimenticato di dirci, è che subito dopo lo avrebbe liberato.