Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Massimiliano d'Asburgo

Massimiliano d'Asburgo

di Claudio Magris - 03/07/2007

     
Claudio Magris, recensendo il libro di Fernando del Paso, Notizie dall’impero, ripercorre le vicende dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo, fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe e protagonista di un’avventura di politica coloniale. Nel 1864 sbarcò in Messico, colonia spagnola fino a quarant’anni prima, come imperatore imposto dalle truppe francesi di Napoleone III. Tre anni dopo morì fucilato dalle truppe rivoluzionarie messicane guidate da Benito Juarez.
La sorte di sua moglie Carlotta fu poco felice: perse la ragione ancora giovane; era innamoratissima del marito, ma lontana da lui al momento della morte. Visse ancora sessant’anni, alternando lucidità a follia, per morire quasi nell’anonimato e nella solitudine in un castello del Belgio.


«Massimiliano, non ti fidare/ resta al castello di Miramare!/ Quella corona di Montezuma/ è un nappo gallico, pieno di schiuma./ Del Timeo Danaos or ti ricorda:/ Sotto la porpora trovi la corda». Così diceva a Trieste, nel 1864, una canzonetta anonima intrisa di quei riferimenti colti e aulici così frequenti, scrive Gian Luigi Beccaria in un grande saggio, nel canto popolare. Quelle strofe orecchiabili si riferivano all’offerta della corona del Messico a Massimiliano d’Absburgo, il fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe. Ricevette quell’offerta nell’improbabile castello di Miramare in cui risiedeva e che aveva fatto costruire insieme al meraviglioso parco sulle aspre rocce carsiche in riva al mare di Trieste.
L’arciduca Massimiliano avrebbe fatto bene ad ascoltare quella canzone, che paragonava quell’assurda corona al cavallo di Troia e agli insidiosi doni dei greci antichi, di cui il verso virgiliano inserito nella canzone stessa dice che bisogna diffidare. Ma il figlio d’Absburgo non ascoltò quella saggezza popolare né se stesso [...] ma partì [...] un tragico e patetico destino [...].
Illuminato liberale che aveva governato con spirito aperto e riformatore il Lombardo-Veneto e condannato la schiavitù dei neri in America, egli era anche il romantico reazionario che a Granada, sulla tomba di Ferdinando e Isabella, si abbandonava a visionari sogni di impossibili imperi; buon scrittore di viaggi e mediocre poeta, degno erede di un vero trono che accetta con dilettantesca ingenuità il trono illusorio e insensato di un paese di cui non sa quasi nulla, si paragonava, in una sua lirica, a un uccello ferito all’ala e impedito di volare.
Imperatore del Messico, innalzato a un potere impotente per bloccare la rivoluzione sociale e nazionale del presidente Benito Juarez nell’interesse dei francesi, Massimiliano diviene una controfigura di sé stesso, una marionetta nelle mani dei francesi, che tirano le fila del suo agire e lo lasciano cadere, quando egli, pur combattuto da Juarez e dalla sua rivoluzione, cerca di governare, secondo il suo animo generoso e il suo senso austriaco dello Stato, con liberalità, sensibilità sociale e laicità avversa all’ingerenza della Chiesa.
Abbandonato dall’esercito francese del maresciallo Bazaine, Massimiliano rifiuta di fuggire, a differenza di altri sovrani felloni prima e dopo di lui. Resta con quello che considera il suo popolo, sino ad affrontare con estrema dignità la morte, la fucilazione a Queretaro da parte dei rivoluzionari; la moglie Carlotta gli sopravviverà, impazzita, per lunghissimi anni, divenendo anche lei una figura del mito. I due infelici sposi imperiali hanno comprensibilmente sedotto la fantasia letteraria e cinematografica [...].
Fra le tante rielaborazioni letterarie di questa vicenda, la più grande è il possente — «barocco, stravagante e smodato» — romanzo Notizie dall’impero del narratore messicano Fernando del Paso, uno dei più significativi scrittori di ogni paese. Uscito nel 1986 e tradotto in molte lingue con notevolissimo successo [...] il libro esce ora in Italia [...].
Straripante e polifonico, secondo la tradizione narrativa latino-americana, il libro intreccia e fonde prospettive, storie e piani diversi; il romanzo sperimentale joyciano diviene una lussureggiante e grandiosa epopea, di ardita ma pienamente comprensibile e trascinante invenzione linguistica che sembra far parlare le cose stesse, il groviglio della vita e della passione, in un geniale impasto di fantasia dilatata e precisione concreta, sensuale, attenta a ogni istante e a ogni particolare della realtà. Renzo Sanson su “Il Piccolo” ha parlato di una grande corrente fluviale, gorghi e sabbie mobili che risucchiano, acqua densa che trascina tronchi marciti e fogliame di cespugli divelti ma anche delicatissimi e geometrici merletti. I capitoli dedicati al resoconto storico — talora mediato da lettere, intessuto di riflessioni ironiche, allargato a comprendere non solo la politica e le battaglie ma anche la quotidianità, i cibi, le canzoni popolari, il tropicale e tragico fluire di tutta l’esistenza — si alternano ai capitoli (poeticamente più alti) in cui tutto è narrato attraverso il monologo delirante di Carlotta, vegliarda demente che mescola tempi e luoghi, in un continuo morire del presente e violento emergere del passato. È il Tempo stesso che parla nell’appassionato, doloroso e implacabile vaneggiamento di Carlotta, aggrovigliandosi e srotolandosi come un gomitolo, generando e divorando incessantemente la vita e la storia. Come in Palinuro del Messico, pure in questa grottesca epopea stagioni ed epoche si condensano in un eterno e fugace e lacerato presente.

Fernando del Paso, Notizie dall’impero, Profeta editore, traduzione di Giuliana Dal Piaz