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Il visconte dimezzato

di Marco Mancassola - 04/07/2007

     
  

Viviamo in un’epoca sfaccettata come un diamante, che ci restituisce mille immagini di noi stessi, spesso in contrasto l’una con l’altra. Viviamo in un tempo intriso di schizofrenia, dove i nostri desideri sembrano combattersi tra loro, dove sembra necessario provare a vivere più vite in un colpo, interpretare ruoli continuamente diversi. Assembliamo buffe identità-patchwork. Rimpiangiamo l’idea di avere una sola, stabile identità: essere una cosa, esserlo per sempre. Al tempo stesso guardiamo con terrore a questa possibilità, e coltiviamo le nostre identità di riserva: siamo manager ma anche artisti, siamo mariti ma anche amanti, siamo socievoli ma anche eremiti. Siamo qui ma vogliamo essere altrove. Vogliamo essere nomadi e stanziali, fedeli e libertini, liberi e al sicuro. Vogliamo essere grandi intellettuali, vogliamo vivere coi nostri sensi. Possedere tutto, essere tutto. Qualunque cosa significhi essere noi stessi, questo qualcosa ha una forma sempre più tentacolare. Decisamente poco compatta. L’unità non ci appartiene. Siamo fatti di contrasti, siamo esseri dissonanti. Il nostro desiderio si allarga sul mondo come un ombrello, sempre più largo, col rischio di letali strappi.
Oltre cinquant’anni fa, agli esordi della cultura del consumismo di massa, uscì un racconto intitolato Il Visconte dimezzato. Lo aveva scritto Italo Calvino, dopo essersi reso conto che il canone neorealista dell’epoca non bastava a descrivere il sentire umano nei suoi risvolti più intimi, contemporanei e insieme eterni. Prima parte di una trilogia completata negli anni successivi, Il Visconte dimezzato è un racconto fiabesco e allegorico ambientato in un’epoca di antichi cavalieri. Il visconte Medardo viene letteralmente dimezzato da una cannonata durante una guerra; in qualche modo sopravvissuto, il mezzo visconte torna alla sua cittadina natale, dove tutti si accorgono presto, con sgomento, che ad aver fatto ritorno è la metà malvagia del visconte. Il mezzo visconte terrorizza i dintorni, fin quando appare anche l’altra metà: è quella buona, che a sua volta ha ritrovato la strada la casa.
Fantastico, poetico, scritto con leggerezza e al tempo stesso abissale, il racconto parla tuttora della nostra incompletezza, del nostro senso di divisione. Con i tempi che corrono, il visconte oggi non sarebbe dimezzato ma sarebbe probabilmente diviso in tre, in quattro, in decine di pezzi. La schizofrenia del mondo si fa sempre più estrema. Eppure, così come il visconte trova infine la sua pace, anche noi prima o poi ritroveremo un po’ di unità?

www.marcomancassola.com (Pubblicato in MADE 05 - Maggio 2007)