Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il professor Sartori, il “bene pubblico”, e la memoria corta di certa sinistra.

Il professor Sartori, il “bene pubblico”, e la memoria corta di certa sinistra.

di Carlo Gambescia - 07/07/2007

 

Ieri sul Corriere della Sera il professor Giovanni Sartori ha tenuto la solita lezione alla classe politica italiana , a sua detta “asina”, perché non perseguirebbe il “bene pubblico”.
Ora, però, dobbiamo interrogarci su che cosa sia il bene pubblico per il professor Sartori.
In primo luogo, vuole una legge elettorale maggioritaria.
In secondo luogo, pretende la cancellazione del sistema pensionistico.
In terzo luogo, chiede a gran voce le cosiddette riforme “liberali”.
Queste tre proposte possono essere definite, per usare il suo linguaggio, di “interesse pubblico”?
No, perché vanno in un’unica direzione: quella della “stabilizzazione” capitalistica del sistema politico, economico e sociale: pochi partiti, legati alla confindustria, pensioni sempre più basse, licenziamenti facili, nessun servizio sociale.
Questo sarebbe il “bene pubblico” per l'illustre politologo fiorentino.
Ancora più istruttiva è la sua visione della società futura: da una parte i professori che insegnano, dall’altra i politici che si “applicano”, e in mezzo le classi economiche dominanti che diventano ogni giorno più ricche. E in fondo, ma proprio in fondo alla piramide sociale, tutti gli altri cittadini impegnati nella lotta quotidiana per la sopravvivenza. Una società, economicamente hobbesiana, dove i ricchi non piangono mai.
Attualmente quel che scrive il professore piace molto a certa sinistra al caviale, quella della "riforme liberali". Peccato, che certi postcomunisti abbiano la memoria corta. Perché? Hanno, infatti, dimenticato il quadro disastroso, che nell’estate del 1974, Sartori, non ancora decano dei politologi italiani, tracciò di un’Italia che rischiava di essere governata dai comunisti (“la Dc perderà il potere; il Pci perderà l’anima, o ritroverà l’anima stalinista; e il 99 per cento degli italiani perderà quel molto o poco che ancora loro resta” ( Giano Accame, Una storia della Repubblica. Dalla fine dalla monarchia a oggi, Rizzoli, Milano 2000, p. 287) . Preparandosi, come poi regolarmente fece, a lasciare l’Italia per andare a insegnare negli Stati Uniti. Dimostrando così, già all’ epoca, di possedere altissimo senso dello Stato e del bene pubblico.
Vivissimi complimenti professore. Da estendere a coloro, che a sinistra, la sostengono.