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Di fronte alla catastrofe

di Giulietto Chiesa - 07/07/2007

 




 

“La sfida globale può essere definita con semplicità: per raggiungere un livello di sostenibilità l'umanità dovrà aumentare i livelli di consumo dei poveri del mondo, e al tempo stesso ridurre l'influenza umana complessiva sull'ambiente. Per fare ciò si dovrà avere una crescita tecnologica, un mutamento nei comportamenti delle persone, ampi orizzonti di pianificazione.

Dovrà esserci maggiore rispetto reciproco, e condivisione di responsabilità attraverso le frontiere degli stati. Tutto ciò richiederà decenni per poter essere raggiunto, anche nelle più fortunate circostanze. Non vi è partito politico moderno che abbia conquistato un ampio consenso per una tale programma. Certamente non vi è un tale partito tra i ricchi e i potenti, i quali potrebbero consentire la crescita dei poveri se riducessero le proprie impronte devastanti sul mondo. E, mentre attendiamo, la tremenda impronta del nostro agire sul pianeta si va facendo sempre più grande”.

Parole tanto più drammatiche se si tiene conto che i loro autori dimostrano che la civiltà umana si trova già in “overshooting” da oltre vent'anni.

Che significa “overshooting”? In italiano non si può tradurre con una sola parola, ci vuole una locuzione. Letteralmente sarebbe come “sparare esageratamente”, come “overkilling” vuol dire sterminare, uccidere con l'aggiunta del colpo di grazia. Nel caso nostro significa “essere andati oltre i limiti”. Da oltre venti anni l'Uomo sta dilapidando le risorse disponibili e inquinando il pianeta oltre ogni possibilità di ricupero.

Dire – come fa Veltroni – che bisogna tenere le cose in equilibrio , è una sesquipedale sciocchezza, per la banale ragione che non c'è più nessun equilibrio. Dire, come fa Padoa Schioppa e le infinite coorti di economisti ignoranti, che bisogna ancora crescere, è una assoluta insensatezza di fronte alla evidenza che si deve ormai interrompere drasticamente la crescita.

Non vogliamo riconoscerlo? Non vogliamo farlo? Peggio per noi, perché saremo costretti a farlo. E più ritardiamo ad ammetterlo, peggio sarà, più sofferenze infliggeremo a noi e ai nostri figli, più drammatico sarà il contesto in cui avverrà il collasso, più tremende saranno le conseguenze, per gli umani, dell'inevitabile collasso.

E adesso sugli autori. Donella Meadows, Jorgen Randers, Dennis Meadows. E sul volume: “Limits to Growth- The 30-Year Update” (Limiti dello sviluppo. Un aggiornamento dopo 30 anni).

Aggiornamento di che? Si tratta dello stesso gruppo di persone che, nel 1972, riunite attorno a Aurelio Peccei e Jay W. Forrester - fondatore il primo del Club di Roma e professore della Sloan School of management del Massachusets Institute of Technology il secondo - pubblicarono il famoso rapporto intitolato, appunto, i “Limiti dello sviluppo”.

Il quadro che ne emerge, dopo trent'anni, è assolutamente devastante. Quelle previsioni erano giuste. Ma gli uomini, invece di tenerne conto, fecero il contrario. Non vinse la ragione, vinse il pensiero unico, che diceva il contrario, che predicava il libero mercato, la crescita illimitata, il consumo senza fine.

Questo libro è stato pubblicato tre anni fa. In Italia non è ancora nemmeno tradotto. Quanta gente, in Italia, ne conosce i contenuti? Se sono cento persone in tutto è un miracolo. Quanti dirigenti politici, quanti ministri hanno idea dello stato delle cose? Con sicurezza si può afferma che le dita di una mano sono più che sufficienti per elencarli. Sempre che ce ne sia uno che questo libro sa che esiste.

E il fatto più serio è che ormai la scelta non è più se e come evitare la catastrofe, ambientale ed economica, ma quale delle possibili catastrofi possiamo scegliere, sempre che siamo sufficientemente intelligenti nello scegliere. Quanto tempo occorrerà perché le classi dirigenti italiane e del mondo se ne rendano conto? Quanto perché se ne rendano conto i milioni di vittime potenziali, tra i quali ci sono tutti i nostri figli?

Gli autori dicono che ci vorranno almeno dieci anni solo per cominciare. E siamo già in ritardo adesso.