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Tolgo il disturbo

di Massimo Gramellini - 07/07/2007

Reduce da una rissa al bar, un ubriaco sale in auto, invade la corsia opposta di marcia e uccide quattro ragazzi di vent'anni. Resta ferito lievemente e viene ricoverato all'ospedale di Cremona. Dopo qualche giorno migliora, si toglie il pigiama, saluta gli infermieri e se ne va. Dove? Fatti suoi. Uno avrà bene il diritto di bere fino a sfondarsi, attaccare briga in luogo pubblico, mettersi al volante, guidare contromano a centocinquanta l'ora, investire quattro persone, farsi curare a spese dello Stato e poi volare via, libero e riverito come un uccellino di prima classe, senza dover rendere conto a nessuno.

Forse le cose sarebbero andate diversamente se un pubblico ministero, o qualcosa di simile, avesse approfittato della settimana di immobilità forzata dell'assassino per recapitargli in ospedale un mandato d'arresto. Ma gli autori comici che scrivono i testi di certa magistratura italiana hanno sostenuto che il fermo di un imputato in vestaglia era inutile, «non essendoci pericolo di fuga». Infatti non è mica scappato. E' uscito dalla porta principale. Magari gli avranno chiamato anche il taxi. E così il signor Ashim Tola, albanese (non è un'aggravante, ma non può essere neanche un'attenuante), ha potuto riparare presso altri lidi, dove adesso starà raccontando ad altri balordi quale enorme pacchia possa essere l'Italia, a saperla prendere per il verso giusto, e cioè facendo tutte le cose sbagliate.