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Il prezzo delle banane più economiche

di Gary Younge - 13/12/2005

Fonte: Nuovi Mondi Media



L’effetto sui paesi del mar dei Caraibi degli accordi previsti al vertice del WTO di questa settimana a Hong Kong equivale a una rovina. Fare della povertà un ricordo del passato sarebbe meraviglioso. Per ora cerchiamo di evitare di fare della povertà il prossimo futuro 
Man mano che i grandi uragani che quest'anno si sono alternati lungo la catena dell'alfabeto hanno spazzato via i suoi due acri di campi di banane a St Thomas, in Jamaica, il salutare rispetto di Anthony Barnett nei confronti delle forza della natura si è consolidato sempre più. Piuttosto, ciò che Barnett oggi teme di più è che dal vertice dell'Organizzazione Mondiale del Commercio previsto per questa settimana a Hong Kong esca la legittimazione, deliberata dal genere umano, alla demolizione della natura stessa.

"Mi sembra che la globalizzazione sia un sistema in cui l'uomo che detiene il potere usi una grande bacchetta con cui posizionare l'uomo senza potere", dice Barnett. "Se si spreme a sangue ogni lavoratore giamaicano fino al punto di ridurlo incapace di mandare i suoi bambini a scuola e di mettere sulla tavola qualcosa da mangiare, chi è che ne beneficia?"

Questa sarebbe una delle prime domande da porre in cima all'agenda di Hong Kong. Tra Unione Europea, Stati Uniti e imprese multinazionali nascerà la volontà comune di abbandonare i paesi poveri al destino del mercato e di trincerarli nella povertà, continuando a negare loro concrete possibilità di accesso ai settori più vulnerabili dei mercati occidentali.

Quale che sia la decisione sull'approvvigionamento dell'acqua in Bolivia o sull'assicurazione sanitaria in Kenya, il round negoziale del WTO servirà ad addomesticare il commercio internazionale secondo le regole dell'oro – chi ne ha comanda.

Nessun problema se, come ha evidenziato Christian Aid, i due terzi delle delegazioni africane per il commercio vogliono sapere con chiarezza se accettando le condizioni poste le proprie economie non ne soffriranno, mentre più di una metà di loro afferma di poter interrompere i negoziati se le proposte elaborate nel corso del vertice non saranno di loro gradimento.

Dovrebbero seguire i loro istinti, e sia gli altri paesi in via di sviluppo che le Organizzazioni Non Governative dovrebbero seguire i loro rappresentanti. Quando la sola cosa presente in lista è quella che ti renderà moribondo, è tempo di abbandonare il tavolo.

Da nessuna altra parte questo vale di più che nei Caraibi. Attualmente l'Unione Europea compra zucchero a un prezzo gonfiato dalle sue ex colonie, meglio conosciute come paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico). Il governo brasiliano ha dichiarato la pratica non corretta. L'UE ha accettato di ridurre il prezzo che paga per lo zucchero caraibico del 36% in quattro anni.

Nel frattempo, il fatto che la stessa UE riservi un trattamento preferenziale ai paesi ACP in merito al commercio di banane è stato contestato dai paesi sudamericani, dove operano i giganti multinazionali come Dole e Chiquita. In passato l'Unione Europea ha sempre comprato banane ACP esenti da dazi, mentre ne ha imposto una tassa ovunque altrove. Ora questi dazi verranno via via diminuite, rendendo le banane ACP relativamente più care.

"I paesi in via di sviluppo si sono sacrificati per trovare un accordo con l'Europa", afferma Jo Leadbeater, il presidente dell'associazione Oxfam. "La commissione ha donato finanziamenti ai propri membri per convincerli a sottoscrivere ma ha abbandonato alcuni dei paesi più poveri al mondo nella loro povertà".

L'accordo raggiunto si rivelerà un doppio smacco per i paesi caraibici, dove il commercio dello zucchero e delle banane sono attività primarie delle loro modeste economie. Consideriamo St Vincent, un paese la cui popolazione è leggermente inferiore a quella di Huddersfield, dove più del 50% della forza lavoro è in un qualche modo coinvolta con il commercio di banane. L’effetto delle regole imposte dal WTO su un paese di queste dimensioni equivarrebbe ad una rovina, conseguentemente agli alti tassi d’immigrazione per la gente di quei paesi non ci sarà nessun’altro posto in cui andare. La Guyana è stato uno di quei paesi del continente americano a beneficiare maggiormente delle iniziative di riduzione del debito uscite dal G8, ma la sue future mancate entrate di reddito renderanno nulli tutti i benefici. La stagione degli uragani è finita, ora i capitali globali possono finire il lavoro.

Secondo le rigide leggi dei vantaggi comparativi, i sostenitori del libero commercio hanno un buon argomento. Il Brasile produce zucchero, Dole e Chiquita producono banane, finora più economicamente di quanto può fare qualsiasi paese dei Caraibi. Anche dopo che l’UE avrà abbassato il prezzo esso sarà comunque il doppio di quello che si potrebbe pagare in un mercato aperto. Le banane dell’America Latina potranno essere povere di sapore e soffocate dai pesticidi, ma sono senz’altro economiche. Perché mai allora non concludere un accordo che possa offrire l’opportunità a queste isole per impiegare le proprie risorse in settori più fruttevoli?

Primo, perché se un cambiamento del genere modificasse la situazione dei paesi del mar dei Caraibi non modificherebbe quella del prezzo generale dello zucchero e delle banane. Le nazioni in questione producono meno del 2% della produzione mondiale di questi beni, e i principali beneficiari dell’eventuale provvedimento sarebbero una manciata di oligarchie del Brasile e dell’America centrale, non i consumatori finali.

Secondo, perché le nazioni caraibiche riconoscono spontaneamente la necessità di un cambiamento. Vogliono differenziare la propria produzione in altri settori, come il turismo ecologico e attività bancarie offshore, e in altre attività industriali del settore, come quelle dell’etanolo, della melassa e del rum. Ma in paesi come quelli citati le opportunità per il cambiamento sono limitate, e vanno sostenute. “Non puoi rimediare da una situazione già disastrata”, sostiene Richard Bernal, che presiede il team di negoziazione regionale per i Caraibi. “Abbiamo bisogno di un certo periodo di tempo, come di strutture tecniche e agevolazioni finanziarie, se dobbiamo portare a termine un cambio di direzione”. L’Unione Europea ha offerto 40 milioni di euro ai paesi ACP per compensare il loro abbandono; in netto contrasto, ciò offrirà ai produttori europei circa 7 miliardi di euro per ammorbidire le loro perdite causate dalle nuove disposizioni dell’accordo in arrivo.

Terzo, le fazioni politiche che contano realmente si stanno beffando delle norme alle quali stanno forzando di far aderire questi piccoli paesi. L’industria del cotone Usa e l’agricoltura europea sono entrambe già pienamente sussidiate. I produttori di cotone Usa ricevono più sussidi governativi dell’intero Burkina Fasu, un paese che produce cotone molto più economicamente, in diretto contrasto con le leggi del WTO. “Siamo bravi negli sport perché il terreno di gioco è uniforme e le regole sono pubbliche”, ha detto il politico afro-americano Jesse Jackson riferendosi ai neri americani impiegati nella forza lavoro. “Ma quando si inizia a smantellare il campo e si inizia a truccare le regole… i problemi cominciano”.

Infine, non c’è niente di più vitale per il commercio che il prezzo di mercato delle materie prime. Angela Stultz, responsabile di un progetto di rigenerazione locale a Kingston, anticipa con la propria comunità il modo in cui finiranno coloro che verranno estromessi dai settori dello zucchero e delle banane: il cercare di sopravvivere. “Migreranno da queste aree di bocche da sfamare e di povertà. Ci sarà frustrazione e disperazione, e le persone disperate agiscono in maniera disperata. A causa delle difficoltà economiche saranno ogni giorno costretti a sopravvivere”. Esattamente quello che è successo in Jamaica quando l’Accordo Commerciale del Libero Commercio del Nord America devastò il settore dell’abbigliamento.

I Caraibi stanno diventato il principale punto di imbarco per la cocaina trafficata tra l’America e l’Europa. Secondo la National Drug Intelligence Centre degli Usa più di un quinto della cocaina degli Stati Uniti giunge da questo traffico. Con la droga arrivano crimine, bande armate e collasso delle comunità. Per banane e zucchero più economici pagheremo in termini di più polizia, pene e libertà vigilate, carceri, paura e frammentazione.

“Questi non sono i paesi più poveri del mondo”, afferma Glenys Kinnock di MEP, che ha esercitato dure pressioni politiche prima del vertice dei prossimi giorni. “Non sono il Congo. Il Congo è ciò con cui li stiamo minacciando”.

Fare della povertà un ricordo del passato sarebbe meraviglioso. Per ora dobbiamo cessare di fare della povertà il prossimo futuro.

Fonte: http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,1664991,00.html
Tradotto da Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media