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Il "tribunale misto" di Tangeri (1925-1952). Balance of power, diritto e mentalità coloniale

di Francesco Tamburini - 09/07/2007

 

 

Posta all'intersezione delle rotte che uniscono nel senso dei meridiani l'Europa e l'Africa, la città marocchina di Tangeri rappresenta un nodo cruciale sia dal punto di vista militare che da quello economico. Oltre a essere, assieme a Gibilterra, una postazione di controllo sullo stretto in cui il Mar Mediterraneo incontra l'Oceano Atlantico, Tangeri è uno dei principali punti di contatto tra Europa e Africa. Essa si trova quindi all'incrocio di due fondamentali direttrici del Mediterraneo.

Consapevoli della posizione strategica della città, Spagna, Francia e Inghilterra instaurarono nel 1923 una amministrazione internazionale che governò Tangeri e il suo hinterland dal 1925 al 1940 e poi dal 1945 al 1956. Tale amministrazione fu uno dei più longevi tentativi di cooperazione multinazionale volta alla garanzia della sicurezza e della neutralità di un territorio geopoliticamente rilevante. Sin dal 1914 le potenze europee avevano cercato di internazionalizzare la costa africana dello Stretto di Gibilterra, mantenendo nell'area dominata da Tangeri lo status quo che aveva caratterizzato l'Impero marocchino prima della creazione del protettorato francese e spagnolo.

Il presente lavoro si propone di esaminare l'amministrazione della giustizia a Tangeri, e in particolare il funzionamento del "Tribunale Misto", tra il 1923 e il 1952, anno in cui vennero emanati gli atti che, riformando l'amministrazione internazionale, ne preannunciarono l'abolizione, avvenuta nel 1956 con l'indipendenza del Marocco.

La struttura giuridica creata a Tangeri merita di essere studiata in quanto, al di là dei suoi innegabili difetti, costituì senza dubbio un ambizioso esperimento, unico nel suo genere nel campo del diritto e delle organizzazioni internazionali. Tale unicità fu dovuta in particolare all'applicazione a Tangeri dell'istituto delle capitolazioni, ossia di quella serie di privilegi concessi ai cittadini europei, sottratti alla giurisdizione dei tribunali locali e soggetti esclusivamente alla propria legge nazionale. Ai diplomatici stranieri accreditati veniva riconosciuta la competenza esclusiva in tutte le cause che interessavano i loro connazionali. Nel caso di controversie tra stranieri e cittadini locali era necessario investire della causa il tribunale del convenuto. La domanda giudiziale doveva essere inoltrata dall'attore mediante la propria autorità nazionale, ovvero l'autorità consolare per gli stranieri ed il giudice sciariatico (qaid) per i marocchini. Nelle cause tra stranieri appartenenti a più Stati stranieri, entrava invece in gioco un tribunale formato dai consoli accreditati a Tangeri. Unica eccezione a questo sistema era rappresentata dalle cause riguardanti gli immobili situati in territorio marocchino, gestite dai qaid che applicavano la legge islamica. Le capitolazioni offrivano agli stranieri anche esenzioni dalla tassazione locale, libertà ed immunità personali (inviolabilità delle persone e dei beni, libertà di culto e religione), e infine libertà di commercio, in base alla clausola della nazione più favorita. L'attività commerciale europea, sostenuta dal "regime della porta aperta", aveva inoltre reso indispensabile l'ausilio di una grande quantità di impiegati marocchini (intermediari, messaggeri, segretari e interpreti), che erano nominati dalle legazioni straniere e godevano automaticamente degli stessi privilegi concessi ai cittadini della nazione protettrice (1), secondo il cosiddetto "sistema delle protezioni".

Fu difficile trovare un sistema giuridico e amministrativo che, oltre a internazionalizzare Tangeri, si potesse efficacemente applicare alla complessa e frammentata realtà della città. Il 25 giugno 1923 a Parigi, Inghilterra, Spagna e Francia iniziarono delle trattative al fine di creare un regime internazionale e amministrare Tangeri tramite una articolata amministrazione che garantisse la neutralità della città marocchina. I lavori si conclusero il 18 dicembre con l'accettazione e la firma da parte delle tre potenze della bozza definitiva degli accordi, composti da una Convenzione di 56 articoli (2) riguardanti il cosiddetto "Statuto di Tangeri", un regolamento della gendarmeria e due dahir (decreto sultaniale), uno per l'organizzazione amministrativa e l'altro per l'esercizio della giurisdizione. Il testo fu poi trasmesso, per la sua approvazione definitiva, a tutti gli Stati aderenti all'Atto Generale di Algeciras, con l'eccezione di Germania e Austria (esautorate di ogni privilegio in Marocco dopo i trattati di pace del 1919) e Unione Sovietica (completamente disinteressata alla questione).

La Convenzione dette vita ad una zona permanentemente neutralizzata (artt. 2-3), strutturata come una sorta di "Stato in miniatura" gestito, nella cornice di un "condominio internazionale", da quattro organi principali: Amministratore, Comitato di Controllo, Assemblea Legislativa e Tribunale Misto.

Il Sultano, al quale spettava la sovranità su Tangeri, era rappresentato dal Mendub (dalla radice del verbo arabo nadaba, delegare), il quale riassumeva in sé le figure del Naib e del Pasha, fungendo da collegamento fra l'amministrazione internazionale e quella dello Stato marocchino (art. 29). Il Mendub, nominato dal Sultano (3) e coadiuvato da due Khalifa, aveva ampi poteri per quanto riguardava la popolazione indigena, assicurando che l'ordine pubblico, le tasse e lo Statuto fossero da questa rispettate. L'amministrazione della popolazione locale e degli interessi dei musulmani continuavano ad essere esercitati dal personale marocchino nominato dal Sultano (ad esempio il qadi o l'amministratore dei beni hubus). Inoltre - e si tratta di un elemento importante - ebrei e musulmani, in campo giudiziario, avevano i propri tribunali, rispettivamente rabbinici e sciariatici.

L'Amministratore, oltre a rappresentare la Zona Internazionale di fronte a terze parti, incarnava il potere esecutivo, eseguendo le decisioni dell'Assemblea Legislativa e rispondendo dei propri atti di fronte al Comitato di Controllo (4). Ai suoi ordini si trovavano due Amministratori aggiunti o Direttori, responsabili rispettivamente per l'igiene e la beneficenza e per le finanze, e due ingegneri, uno per le opere pubbliche e un altro per i lavori municipali.

L'Assemblea Legislativa rappresentava il potere legislativo a Tangeri ed era presieduta dal Mendub, assistito da tre vice-presidenti (uno francese, uno inglese e uno spagnolo) e si componeva di 26 membri, non retribuiti, provenienti dalla comunità internazionale e marocchina. Questi funzionari duravano in carica quattro anni (non reiterabili) ed erano nominati dai rispettivi consolati di appartenenza. Più precisamente, quattro erano francesi, quattro spagnoli, tre britannici, due italiani, uno statunitense, uno belga, uno portoghese, e infine uno olandese. La popolazione locale invece era rappresentata da sei musulmani scelti dal Mendub e da tre israeliti, sempre scelti dal delegato del Sultano ma eletti da una lista di nove personaggi presentati dalla comunità israelita di Tangeri.

Il Comitato di Controllo era composto dai consoli delle potenze firmatarie dell'Atto di Algeciras e aveva la funzione di sorvegliare che lo Statuto del regime internazionale fosse rispettato. La presidenza del Comitato ruotava annualmente tra i consoli. Secondo la Convenzione, il suo primo presidente sarebbe stato scelto a sorte, mentre i successivi avrebbero seguito l'ordine alfabetico delle potenze rappresentate. Il Comitato di Controllo non aveva potere di iniziativa legislativa, ma poteva imporre il suo veto ai progetti di legge dell'Assemblea Legislativa, la quale non aveva alcuna possibilità di appello se non quella di rivolgersi alla Corte Permanente di Giustizia Internazionale dell'Aja.

Al Tribunale Misto la Convenzione dedicò solo due articoli, il 13 e il 48, i quali si limitarono ad abolire espressamente il regime delle capitolazioni e il sistema delle protezioni. Le fonti della nuova istituzione, che si basò essenzialmente sull'esperienza della giurisprudenza francese, furono affidate ad uno speciale dahir, emanato il 16 febbraio 1924 (5), il quale dette vita ad un organismo assai complesso che non aveva eguali nella storia dei tribunali internazionali, distinguendosi anche dai tribunali misti in Egitto, dove le capitolazioni, e conseguentemente i tribunali consolari, continuavano a sussistere (6).

Il dahir del 1924 venne ritenuto la pietra angolare del sistema giuridico tangerino, stabilendo che non potesse essere modificato senza l'assenso di tutte le potenze firmatarie dell'Atto di Algeciras. Il Tribunale Misto prevedeva:

a) quattro "giudici titolari" (due britannici, uno francese e uno spagnolo) nominati con dahir del sultano su presentazione dei rispettivi governi. La loro funzione era incompatibile con qualsiasi altra professione e potevano essere revocati dal Sultano, dopo consultazione dell'Assemblea Generale dei giudici titolari.

b) due magistrati scelti dai quadri della magistratura spagnola e francese, che avrebbero svolto la funzione di Procureurs près le Tribunal Mixte presso le varie sezioni in cui era diviso il Tribunale. I procuratori erano nominati e potevano essere revocati con le stesse modalità dei giudici titolari. Il magistrato francese rappresentava il Pubblico Ministero nella Sezione di Prima Istanza correzionale e nella giurisdizione d'appello correzionale. Il magistrato spagnolo invece rappresentava il Pubblico Ministero nella Sezione civile di Prima Istanza e nella giurisdizione d'appello civile. Il suo intervento nelle materie commerciali e amministrative era facoltativa.

c) un numero indeterminato di "giudici aggiunti" scelti, per un incarico triennale, reiterabile, tra i cittadini degli Stati firmatari di Algeciras che avessero compiuto 25 anni di età e che risiedessero da almeno un anno a Tangeri.

d) dall'Assemblea Generale dei Titolari, formata dai quattro giudici titolari e dai due Procurateurs, con la funzione di assicurare il funzionamento generale del Tribunale, e investita di altri compiti particolari, tra cui quelli di comporre la lista dei giudici aggiunti dopo la loro presentazione da parte dei rispettivi consoli, di designare annualmente i giureconsulti musulmani in casi di litigi immobiliari, e di prendere qualsiasi decisione regolamentare in merito al Tribunale e ai suoi componenti (7). Le sole lingue usate negli atti e nel dibattimento erano quella francese e quella spagnola e le citazioni e le notifiche erano valide anche se il destinatario avesse affermato di ignorare questi due idiomi (8). Assai singolare erano le notificazioni delle condanne in contumacia, le quali erano comunicate al reo affiggendo copia della sentenza sulla porta del suo domicilio e rese note pubblicamente per le vie e piazze di Tangeri mediante 'strilloni' muniti di tamburo o tromba.

Sia i giudici titolari che i procuratori dovevano rispondere a determinati requisiti professionali (ossia provenire dai quadri della magistratura inglese, francese o spagnola), godevano di uno stipendio (9) e la loro funzione era incompatibile con qualsiasi altra professione retribuita. I giudici aggiunti, invece, la cui funzione poteva essere associata in parte a quella dei giurati delle Corti di Assise ed in parte a quella dei giudici onorari europei, erano semplicemente dei privati cittadini che potevano esercitare qualsiasi mestiere o professione, eccetto quella dell'avvocato o di funzionario dell'Amministrazione della Zona di Tangeri. Essi non godevano di uno stipendio ed erano incaricati di assistere ai procedimenti giudiziari al fine di garantire ai propri connazionali una procedura imparziale (10). La composizione del Tribunale Misto aveva suscitato grande perplessità soprattutto da parte dell'Italia, che ne era stata all'inizio totalmente esclusa. Il console italiano a Tangeri, Giuseppe Brambilla, aveva chiesto ai diplomatici britannici e francesi perchè non si fosse adottata una giurisdizione veramente internazionale come si era fatto in Egitto e a Shanghai (11), chiamando a essere rappresentati tutti i rappresentanti delle potenze di Algeciras. La risposta fu che non si era voluto gravare eccessivamente sul bilancio dell'amministrazione, il che, secondo Brambilla era una motivazione che non aveva senso "perchè l'aumento dei giudici da sei ad otto, non importerebbe che 60 mila franchi di spesa annua ed anche se si aumentasse la retribuzione prevista all'art.22 (giudicata dai più assolutamente insufficiente) la maggiore spesa non cesserebbe dall'essere insignificante" (12).

La competenza del Tribunale Misto si estendeva alla materia civile, commerciale e penale e al contenzioso amministrativo e aveva come soggetti tutte le persone fisiche e giuridiche straniere residenti stabilmente o temporaneamente nella Zona Internazionale. Anche i cittadini marocchini potevano essere attori o convenuti di fronte al Tribunale nel caso di una controversia con uno straniero (13). Tuttavia, in base al codice sulla condizione civile degli stranieri, le persone fisiche straniere per tutte le questioni relative al loro statuto personale (diritto di famiglia, successioni, ecc...) dovevano sottostare alla loro legge nazionale. Pertanto, ad esempio, il diritto di contrarre matrimonio era regolato dalla legge nazionale di ognuno dei futuri coniugi e la trasmissione ereditaria dei beni mobili ed immobili siti nella Zona Internazionale era regolata dalla legge nazionale del defunto.

Ad ogni buon conto, tali competenze facevano distinguere il Tribunale Misto dai tribunali misti egiziani, i quali non potevano dirimere cause aventi per oggetto due cittadini europei, le quali invece spettavano ai tribunali consolari. Da sottolineare che, al di fuori da queste competenze, come già accennato, i cittadini marocchini musulmani e israeliti erano soggetti rispettivamente ai tribunali sciariatici e a quelli rabbinici. In merito a questi ultimi, un dahir sultaniale del 15 febbraio 1925 predispose un tribunale rabbinico e un notariato ad hoc. Tale tribunale era competente per tutti gli affari riguardanti i diritti personali e le successioni degli israeliti marocchini ed era composto da un presidente, due giudici ed un segretario (14).

Il Tribunale Misto, come ho accennato, si suddivideva in numerose sezioni: 1) Un giudice di Pace scelto tra i membri titolari che si occupava di piccoli crimini, cause civili e commerciali su beni mobili fino a 1.000 franchi marocchini senza appello, e da 3.000 con appello. 2) Un giudice istruttore, scelto tra i membri titolari. 3) Una Sezione d'Accusa, composta da un membro titolare e da due membri aggiunti, esaminava se sussistevano prove sufficienti per portare la causa di fronte al Tribunale Criminale. 4) Una Sezione di Prima Istanza, composta da un titolare e da due aggiunti competente in materia civile, amministrativa e commerciale, ed avente anche la funzione di giurisdizione d'appello contro le sentenze del giudice di pace. Se uno dei tre giudici titolari fosse stato impossibilitato a partecipare al giudizio, i giudici aggiunti sarebbero stati invece tre. 5) Un Tribunale d'Appello composto da tre membri titolari e due aggiunti, competente come giurisdizione di secondo grado per le materie civile amministrativa e commerciale e le cui decisioni non avevano possibilità di ricorso o ulteriore appello. In materia immobiliare erano previsti due giureconsulti musulmani sia nella prima che seconda istanza, i quali non avevano però diritto di voto ma solamente funzione consultativa. Questi due personaggi erano nominati direttamente dall'Assemblea Generale dei giudici su presentazione del Sultano, il quale traeva i nominativi da una lista di otto candidati. 6) Un Tribunale Criminale (assimilabile alla nostra Corte di Assise) che si riuniva tre volte l'anno, ovvero il primo lunedì di ogni mese di marzo, luglio e novembre. Non aveva appello, anche se al Sultano era riservato il diritto di condonare e commutare le pene inflitte, e si componeva di un giudice titolare, che era anche il Presidente della sezione di Prima Istanza, e da sei giurati che giudicavano della colpevolezza. Senza l'esplicito assenso del Sultano e senza il parere conforme di tutti i magistrati titolari, nessuna sentenza capitale comminata da questo tribunale poteva essere eseguita (15). Nel caso in cui il Presidente del Tribunale Criminale non fosse stato d'accordo con i giurati sulla sentenza, la causa era rinviata alla seguente sessione del Tribunale, presieduta da un magistrato titolare che avrebbe designato l'Assemblea generale dei titolari, ad esclusione di coloro che si fossero occupati antecedentemente del processo. L'accusato era definitivamente prosciolto se in questo secondo processo non si fosse raggiunta la maggioranza con l'assenso del Presidente. 7) Tribunale Correzionale, composto da un giudice titolare e due aggiunti, per i reati che prevedevano dai 6 giorni ai 5 anni di prigione, multe o sequestri. 8) Tribunale di Polizia Semplice, presieduto dal Giudice di Pace che si occupava delle contravvenzioni di polizia e dove un commissario di polizia svolgeva la funzione di Pubblico Ministero (16).

Particolarmente complicata era la scelta della nazionalità dei giudici aggiunti nei vari procedimenti. Mentre infatti la designazione dei giudici titolari (britannici, francesi o spagnoli) era fissata indipendentemente dalla nazionalità dell'attore o del convenuto, i giudici aggiunti avevano un sistema molto articolato nella Sezione di Prima Istanza e nel Tribunale d'Appello (art. 6 D.O.J.), ossia: A) Se le parti avevano uguale nazionalità i due giudici aggiunti dovevano appartenere alla stessa nazionalità; B) Se le parti appartenevano a diverse nazionalità, avente ciascuna un connazionale come giudice aggiunto, i due giudici aggiunti sarebbero appartenuti rispettivamente alle due nazionalità; C) Se le parti appartenevano a più di due nazionalità si effettuava un sorteggio dell'udienza per determinare la nazionalità dei giudici aggiunti; D) Se una delle parti fosse appartenuta ad uno Stato che non avesse avuto giudici aggiunti, ad esempio Germania, Austria, Ungheria o qualsiasi Potenza non firmataria dell'Atto di Algeciras, poteva essa stessa scegliere la nazionalità del giudice aggiunto; E) Se le parti appartenevano ad una amministrazione pubblica o ad una persona giuridica avente sede in Marocco si seguiva il caso D.

Un sistema diverso invece vigeva per il Tribunale Criminale (art. 10 D.O.J.): A) Se l'accusato era un marocchino la giuria comprendeva tre marocchini, un inglese, un francese ed uno spagnolo (17); B) Se l'accusato non era marocchino, i membri della giuria erano estratti a sorte da una lista di giurati della sua stessa nazionalità (18); C) In caso di una nazionalità che non appartenesse ad alcuna lista, l'accusato poteva scegliere quella da cui tirare a sorte; D) In caso di accusati di più nazionalità la giuria si componeva di un numero uguale di giurati per ogni nazionalità.

Va sottolineato come la giustizia fosse emanata in nome del Sultano, poiché nella Convenzione non era stata espressa nessuna delega riguardo all'amministrazione della Giustizia a favore del regime internazionale, tant'è che, almeno formalmente, era il Sultano che nominava i magistrati, promulgando i codici legislativi del Tribunale Misto con il potere di concedere la Grazia. L'art. 32 della Convenzione prevedeva che i codici ed i testi regolamentari e fiscali della Zona fossero redatti da una commissione di giuristi francesi, spagnoli ad inglesi, i cui lavori sarebbero dovuti terminare entro tre mesi dalla firma della Convenzione. Nel novembre del 1924 la commissione, composta dallo spagnolo Lacambra, magistrato a Tetuán, dall'inglese Fitzgerald, avvocato presso il Tribunale Misto d'Egitto, e dal francese Gentil, consigliere della Corte di Parigi, elaborò sette codici: penale, procedura penale e civile, di commercio, delle obbligazioni e contratti, dell'immatricolazione degli immobili, della condizione civile degli stranieri. Tutti i codici furono poi promulgati con un dahir il 15 gennaio 1925, assieme ai codici fiscali e dei regolamenti (19). Il codice penale (262 articoli) e quello di procedura penale (20) (348 articoli) erano fondamentalmente basati sul diritto francese, ritenendosi che il sistema penale francese fosse così ben codificato al punto da non doverne creare uno completamente ex novo (21). Anche il codice di procedura civile (589 articoli) fu mutuato dalle fonti francesi, ad esclusione però della parte relativa all'organizzazione del Tribunale Misto, prevedendo anche un minuzioso prezzario (Frais de Justice) per ogni atto e procedura extra-giudiziaria scaturita dal Tribunale misto, nonché per gli atti notarili (22). Il codice di commercio (655 articoli) e quello delle obbligazioni e contratti (1.408 articoli) erano tra i più voluminosi ed erano modellati su quelli della Zona francese e spagnola. Il codice sullo status degli stranieri era assai breve (solo 21 articoli) e fondamentalmente si basava su quello adottato dalla Francia in Tunisia. Il codice della registrazione dei beni immobili (90 articoli) era stato infine concepito per offrire ai titoli di proprietà immobiliare, detenuti nella stragrande maggioranza dei casi da europei, la protezione e le garanzie dell'Autorità della Zona.

Il codice penale tangerino, come già detto di derivazione francese, suddivideva le pene da comminare in pene di polizia (contravvenzioni), pene correzionali (delitti) e pene criminali (crimini). Le pene di polizia erano: la prigione da uno a cinque giorni, l'ammenda (23) e il sequestro. Le pene in materia criminale erano: la morte; l'ergastolo (che però non superava i trenta anni), l'incarcerazione da undici a venti anni e da sei a dieci anni. Le pene in materia correzionale erano: l'incarcerazione da sei giorni a cinque anni; pena pecuniaria, confisca.

Dal codice di procedura civile francese fu preso in prestito anche l'istituto del référé o procedimento di urgenza, con il quale, nei casi particolarmente urgenti o dove fosse stato necessario eseguire velocemente una sentenza esecutiva (ad esempio un sequestro), il presidente della Sezione di Prima Istanza avrebbe agito come giudice dei Procedimenti di Urgenza o giudice dei référés, evitando i tempi lunghi del normale percorso giudiziario. Addirittura tale giudice poteva decidere di fissare le udienze la domenica e i giorni festivi (artt. 202-208, Tit. V. cap. II, Codice Procedura Civile) (24).

Di tutto l'apparato giurisdizionale va messa soprattutto in evidenza la mancanza di una Corte di Cassazione. Secondo infatti l'art. 300 del codice di procedura penale "aucun pourvoi en cassation n'est possible contre les décisions de la jurisdiction internationale de Tanger", anche se dopo una sentenza penale il convenuto aveva la possibilità impugnarla chiedendo una "révision" in presenza di specifiche e dettagliate circostanze, ad esempio se dopo una condanna per omicidio fossero venute alla luce prove che indicassero l'esistenza in vita della vittima o, per altri crimini, si fosse scoperto che uno dei testimoni del processo era stato precedentemente condannato per falsa testimonianza (art. 301) (25). Simile procedura esisteva anche in materia civile tramite la così detta demande en rétraction, che veniva attivata dal convenuto in caso di errori di forma nella sentenza (26).

Per quanto riguarda la professione di avvocato, era necessario avere l'abilitazione in uno dei Paesi firmatari dell'Atto di Algeciras ed ottenere il gradimento dell'Assemblea Generale dei giudici titolari. Sebbene fosse previsto sin dal 1925 un Ordine degli Avvocati di Tangeri, questo venne creato però solamente il 21 dicembre 1949, regolando assai dettagliatamente la professione forense (27). A mero titolo di curiosità: sia gli avvocati che i giudici furono abilitati a sedere in tribunale vestendo le proprie toghe nazionali, ma a parte alcune 'coraggiose' eccezioni, i togati britannici rinunciarono, per ovvi motivi climatici, ad indossare la tradizionale parrucca.

Secondo gli accordi del 1923, l'amministrazione internazionale avrebbe dovuto entrare in vigore il 1 luglio 1924, ma il ritardo nella compilazione e nella traduzione dei codici nelle tre lingue ufficiali della Zona (francese, spagnolo ed arabo) resero necessari numerosi rinvii (1º agosto, 1º novembre, 15 gennaio). Solo il 1º giugno 1925 la Zona Internazionale di Tangeri fu in grado di prendere ufficialmente vita, senza però che Olanda, Portogallo, Italia e Stati Uniti aderissero alla Convenzione. L'Olanda aderì il 5 ottobre 1925 ed il Portogallo solamente il 28 gennaio 1926. Stati Uniti e Italia dichiararono invece di rinunciare a partecipare all'amministrazione di Tangeri. Washington non desiderò legarsi ad accordi che avrebbero potuto limitare la propria libertà d'azione, mentre l'Italia di Mussolini considerò gli accordi di Parigi come res inter alios acta, rivendicando, sin dal 1923, una diretta partecipazione alla conferenza di Parigi in quanto "grande Potenza mediterranea", lamentando di non aver partecipato alla stesura dello Statuto assieme alle tre Potenze (28). Il Tribunale Misto (29) fu in grado di funzionare completamente e a pieno regime solo a partire dal 15 dicembre 1925, ovvero dopo lo stabilimento effettivo del Tribunale Criminale.

Il 17 giugno 1926 fu emanato dall'amministrazione internazionale anche un regolamento per il regime penitenziario, il quale prevedeva la rigida separazione, oltre che naturalmente tra sessi diversi, anche tra detenuti stranieri e indigeni. Gli europei venivano ulteriormente differenziati da una uniforme e dal regime alimentare, che era diverso per i detenuti musulmani e israeliti, i quali erano sottomessi a quanto prescritto in materia dai regolamenti delle prigioni marocchine (30). Particolarmente severe, almeno per gli standard odierni, erano le pene previste in caso di insubordinazione, risse o mancanza di rispetto verso il personale carcerario (31).

Il Tribunale misto di Tangeri funzionò nella composizione precedentemente descritta sino al 1928, anno in cui lo Statuto del 1923 fu emendato in numerose sue parti. In questo arco di tempo si fecero palesi alcuni dei suoi difetti più gravi, ovvero l'assenza di una Corte di Cassazione e di un tribunale minorile, il numero esiguo di giudici titolari, la scarsa preparazione dei giudici aggiunti, la mancanza di un'autorità superiore che coordinasse l'azione dei giudici, l'evidente squilibro tra sentenze favorevoli ai cittadini europei rispetto a quelli autoctoni ed infine la mancata rappresentanza di giuristi musulmani e israeliti. Da più parti si levarono voci critiche proprio su quest'ultimo punto, sottolineando che, se si fosse desiderato effettivamente internazionalizzare la giustizia a Tangeri, si sarebbero dovuti tutelare i diritti dei musulmani e degli ebrei all'interno del Tribunale Misto, nel quale non avevano praticamente nessuna rappresentanza. In tal senso si espresse l'avvocato Ferdinando Malmusi, personaggio molto in vista della comunità italiana di Tangeri e futuro giudice titolare presso lo stesso Tribunale (32).

Senza entrare nei motivi politico-internazionali che portarono alla revisione dello Statuto del 1923, è qui sufficiente accennare ai cambiamenti che furono operati da Francia, Inghilterra, Spagna e Italia tramite il Protocollo del 25 luglio del 1928 (33), con il quale vennero modificati tredici articoli della Convenzione del 1923. L'Italia ottenne un membro in più nell'Assemblea Legislativa, un amministratore aggiunto ai servizi giudiziari, e il Tribunale Misto fu arricchito di due giudici titolari, uno belga (che sostituiva un britannico) e uno italiano.

Si stabilì inoltre che entro sei mesi dalla firma del Protocollo si sarebbe costituita una speciale commissione di giuristi per modificare il Tribunale Misto, secondo uno schema di riforma che oltre a prevedere la creazione di una presidenza del Tribunale Misto e di una Corte di Appello separata dalle altre Corti, prendeva in considerazione il desiderio di Spagna e Francia di essere rappresentati da un loro magistrato nella Corte di 1ª Istanza e di Appello, e - soprattutto - prevedeva la creazione di una Corte di Cassazione con magistrati di una Corte Suprema di un Paese che non era rappresentato nel Tribunale Misto (34). Al nuovo accordo per Tangeri, a cui fu dato esecuzione in Italia con un apposito Regio Decreto (35), volle rimanere estraneo il governo degli Stati Uniti, che seguì la linea di condotta che aveva tenuto nel 1923 (36). La defezione degli Stati Uniti ebbe come immediata ed infausta conseguenza che per i cittadini statunitensi a Tangeri continuarono ad operare in materia di giustizia i tribunali consolari (37). Ciò rese l'applicazione della giustizia nella Zona estremamente difficile, poiché non fu mai chiaro quale tribunale dovesse essere investito della questione ogni qual volta un cittadino statunitense aveva una causa con un cittadino delle nazioni firmatarie dello Statuto. Aderirono invece al nuovo Statuto il Belgio (25 luglio 1928), la Svezia (19 ottobre 1928), l'Olanda (12 giugno 1929) ed il Portogallo (15 gennaio 1929). Vale la pena sottolineare, inoltre, che, prima di aderire all'amministrazione internazionale, l'Italia si preoccupò di stipulare un accordo con la Francia, tramite uno scambio di lettere tra l'ambasciatore a Parigi Manzoni ed il presidente Briand, secondo il quale la pena di morte non sarebbe stata applicata agli italiani residenti a Tangeri (38).

In campo giuridico, le più importanti innovazioni del 1928 vanno individuate nell'introduzione dei giudici belga ed italiano e nell'amministratore aggiunto ai servizi giudiziari. In merito a questa figura, fortemente voluta dall'Italia, va ricordato che essa aveva sotto la sua autorità i servizi amministrativi dei tribunali internazionali, l'amministrazione penitenziaria (compresa la gestione delle carceri dove erano confinati i cittadini europei), il controllo sulle pubblicazioni ufficiali, ossia il "Bulletin Officiel" nelle tre lingue ufficiali ed infine l'esecuzione dei giudizi resi dal Tribunale Misto in materia penale. Il nuovo amministratore aggiunto, inoltre, in qualità di consigliere legale dell'amministrazione internazionale, aveva anche il compito di fornire interpretazioni su leggi e regolamenti della Zona. Sebbene la figura dell'amministratore aggiunto italiano fosse senza alcun dubbio rilevante all'interno dell'amministrazione, va aggiunto che i servizi ad esso affidati furono sempre ritenuti dalle altre nazioni contraenti il risultato di un bisogno politico-diplomatico e non di una reale necessità amministrativa. Le funzioni dell'amministratore aggiunto italiano rimasero a lungo tempo non perfettamente specificate e ciò fu fonte di conflitti di competenza con lo stesso Tribunale Misto (39). In ogni caso, la carica di amministratore aggiunto fu affidata al giudice Giuseppe Marchegiano, che la resse, salvo brevi intervalli, sino alla scomparsa del regime internazionale nel 1956. Contemporaneamente cessò di esistere il tribunale consolare italiano, che, sino a quel momento aveva curato gli interessi e risolto le controversie dei cittadini italiani a Tangeri (40).

Tra le modifiche più significative allo Statuto c'è da segnalare inoltre lo "Statuto dei funzionari dell'amministrazione internazionale", redatto dall'amministratore aggiunto italiano ed approvato prima dall'Assemblea Legislativa e poi definitivamente dal Comitato di Controllo il 25 agosto 1930. Tale statuto modificava radicalmente il precedente regolamento del personale, elaborato dall'Amministratore Alberge ed emanato il 16 aprile 1926, rivelatosi nel tempo inadeguato dal punto di vista tecnico-giuridico, in quanto lasciava all'Amministratore ogni discrezionalità riguardo alla valutazione del merito, all'avanzamento e al trattamento economico dei funzionari. Il regolamento predisposto da Marchegiano, per sua stessa ammissione, si ispirava all'ordinamento legislativo del Protettorato francese, ma anche e soprattutto alla "nuova dottrina dello Stato fascista", "prescindendo da ogni vieto principio privatistico, per fondarsi sul caposaldo dell'assoluta subordinazione gerarchica del funzionario, che allo Stato deve ogni sua attività spirituale e materiale (41)". Tant'è che si proponeva ai funzionari la "promessa solenne", anziché il giuramento, per non andare incontro, come disse Marchegiano, ai principi social-democratici francesi e spagnoli. A caposaldo dell'organizzazione amministrativa si poneva il concetto di "gerarchia", che si snodava attraverso la "categoria" (A, B e C) e la "classe". La categoria A comprendeva i funzionari, come ad esempio i giudici del Tribunale Misto, che traevano la loro origine dallo Statuto e la cui nomina avveniva su designazione delle Potenze firmatarie od aderenti alla Convenzione. La categoria B, suddivisa in classi costituenti i gradini della gerarchia amministrativa, comprendeva invece quei funzionari stabili e di ruolo amministrativo, o tecnico, di nomina locale. Alla categoria C appartenevano, infine, i funzionari non in pianta stabile. Ogni deliberazione concernente la carriera del personale (avanzamento, classificazione, promozione e disciplina) era affidata alla Commissione d'avanzamento, prevista dall'art. 22 della legge e composta dall'Amministratore e dai tre amministratori aggiunti, più i due ingegneri capi dei servizi tecnici se si trattava di adottare deliberazioni concernenti funzionari dei suddetti reparti. Gli amministratori aggiunti avevano rispetto all'Amministratore un rapporto di "pares inter pares", annullando in tal modo non solo la predominanza che esso godeva nel precedente regolamento, ma mettendo sullo stesso livello le quattro Potenze firmatarie, che godevano così tutte di una equa rappresentanza e riducevano il predominio franco-spagnolo sancito dalla Convenzione del 1923.

Come si è accennato, il Protocollo del 1928 aveva previsto la formazione di una speciale commissione composta da giuristi italiani, francesi, spagnoli ed inglesi per studiare la revisione dell'ordinamento giudiziario internazionale e nello specifico il Tribunale Misto. La commissione si riunì per la prima volta a Parigi il 22 marzo 1929 e l'Italia vi fu rappresentata da Massimo Pilotti, Presidente di Corte di Appello, affiancato in aprile dal Consigliere di Cassazione Ugo Aloisi, e da Raffaele Boscarelli, Consigliere presso la Regia Ambasciata a Parigi.

I lavori della commissione si paralizzarono quasi subito, non essendovi identità di vedute, sopratutto tra la delegazione francese e quella spagnola, riguardo al progetto avanzato dal delegato francese Paul Dumas, che contemplava la creazione di sette giudici permanenti (due francesi, due spagnoli, un inglese, un italiano ed un belga), affiancati da due Consiglieri di appello (francesi e spagnoli) che avrebbero dovuto essere inviati periodicamente a Tangeri. Il console a Tangeri De Facendis non risparmiò critiche sia al progetto di Dumas che alla stessa amministrazione della Giustizia nella Zona Internazionale in senso lato (42). Il 31 maggio la commissione sospese i lavori in seguito alla morte del delegato spagnolo, Goyénece, poi sostituito dall'ambasciatore spagnolo a Parigi, Las Bercenas. Le sedute ripresero l'11 luglio e furono nuovamente sospese il 13 a causa della malattia di Dumas, non prima però di aver fissato in un Protocollo lo stato dei lavori, aderendo in linea di massima al progetto proposto dalla delegazione britannica.

Il Protocollo del 13 luglio gettò le basi di una riforma giudiziaria che avrebbe dovuto, attraverso un complesso equilibrio di poteri, mettere d'accordo le diverse compagini nazionali. La riforma prevedeva l'organizzazione di una Corte d'Appello di nuova istituzione, la cui Presidenza sarebbe spettata ad un consigliere residente francese e a uno spagnolo, a rotazione triennale (seguendo una proposta italiana). Gli altri membri della Corte sarebbero stati foranei ed avrebbero seduto per sessioni, ossia: uno sarebbe stato spagnolo o francese a seconda della Presidenza, mentre un altro giudice sarebbe appartenuto all'Inghilterra, all'Italia, all'Olanda od al Portogallo, attraverso sessioni molto brevi, affinché i magistrati di tutte le Potenze rappresentate nella Corte potessero prendere parte a turno ai suoi lavori durante l'anno giudiziario. Le funzioni del Pubblico Ministero sarebbero invece state affidate ad un consigliere della Corte francese o spagnolo, sempre secondo la nazionalità della Presidenza. Il progetto di Corte di Appello, proposto dall'Italia, era semplicemente costituito da tre giudici e sotto la Presidenza di un magistrato belga, ma non fu accettato per la strenua opposizione della Francia e della Spagna. Per quanto riguardava il Tribunale di Prima Istanza se ne attribuiva la Presidenza solo all'Inghilterra ed all'Italia a turni triennali e sarebbe stato composto da cinque giudici (belga, francese, italiano, spagnolo, inglese). In questo schema quindi venivano ad essere privilegiate l'Italia e la Gran Bretagna che occupavano posti di rilievo nella sezione della magistratura più importante. C'era da aspettarsi, quindi, così come poi avvenne, che Spagna e Francia avrebbero fatto di tutto per ribaltare la situazione alla riapertura dei lavori. Gli altri punti programmatici furono quelli dei rapporti tra l'Amministratore della Zona e la giurisdizione internazionale, oltre a quello relativo alle attribuzioni dell'amministratore aggiunto ai servizi giuridici. In merito al primo punto si giunse solo ad una affermazione di principio per la quale l'Amministratore della Zona avrebbe avuto sempre la possibilità di far presente ai giudici per mezzo del Pubblico Ministero il proprio punto di vista su tematiche che interessassero il governo della Zona. L'amministratore aggiunto fu oggetto di ampi ed aspri scontri tra le Potenze, soprattutto da parte spagnola, che fecero in modo di dover rimandare ogni discussione alle successive sedute.

La delegazione francese e quella spagnola presentarono a dicembre altri progetti, prima ancora che la commissione avesse modo di riunirsi. La delegazione italiana propose numerosi emendamenti su entrambi i progetti, soprattutto per quanto riguardava le funzioni dell'amministratore aggiunto, i cui poteri erano stati fortemente ridotti nel progetto spagnolo, andando anche contro la lettera del Protocollo del 1928. Al progetto franco-spagnolo ne seguì un altro redatto dai quattro delegati, Pilotti, Dumas, De Urdangarin e Fitzgerald. Ma sia la revisione dei codici che quella dell'organizzazione giudiziaria incontrarono ostacoli insormontabili dovuti, secondo Manzoni, all'azione degli altri delegati che al momento dell'approvazione definitiva si dissociavano per seguire i propri interessi nazionali. Soprattutto Francia e Spagna furono sempre restie a modificare la giurisdizione internazionale del 1923-24, poiché essa garantiva a questi Paesi una invidiabile posizione di forza. Infatti, grazie ai procuratori e ai giudici titolari, Madrid e Parigi controllavano agilmente la giustizia a Tangeri. Tutta la materia continuò a vivere nell'incertezza, come in un limbo, poiché nessuno in definitiva aveva la reale intenzione di definire la situazione. Forse l'unico Stato a volere che si arrivasse ad una situazione stabile e certa nel campo del diritto nella Zona Internazionale era proprio l'Italia che, attraverso Marchegiano, aveva tutto da guadagnare dallo stabilimento di una vera giustizia di stampo internazionale a Tangeri. Fatto è che il giudice italiano, proprio a causa della mancata definizione e codificazione dei propri poteri si trovò spesso ad esercitare un potere imperfetto, come ad esempio la principale delle sue funzioni, e cioè la direzione dei servizi amministrativi della Giustizia, che l'Assemblea dei giudici titolari rifiutò di cedergli. Solamente grazie all'intervento del Comitato di Controllo, Marchegiano ottenne come palliativo di poter essere per tutte le materie il destinatario e il tramite di ogni atto e richiesta del Tribunale Misto.

L'impossibilità di conciliare le esigenze della Giustizia con gli interessi politici dei singoli Stati rappresentati nella Commissione dei tecnici di Parigi fu messa in evidenza da Ferdinando Malmusi, il quale pose l'accento sulla peculiarità del Tribunale Misto, che non aveva eguali né nel diritto internazionale né negli istituti giuridici europei e la cui riforma doveva pertanto fondarsi necessariamente sulle particolarissime condizioni locali (43). Queste ultime però non furono prese nella giusta considerazione dai delegati riuniti a Parigi, i quali assai probabilmente ignoravano la vera realtà che contraddistingueva il funzionamento della Giustizia a Tangeri, descritta a tinte fosche dal Malmusi, che criticò aspramente sia i giurati che i giudici aggiunti, i quali costituivano uno dei cardini del Tribunale Misto:

"Gli elementi sociali fra cui vengono scelti tanto gli uni quanto gli altri non offrono garanzie di nessuna specie. In Tangeri regna la passione politica o il più mal compreso chauvinismo; esistono antipatie religiose profonde; il livello dell'istruzione media è bassissimo; nullo o quasi nelle masse, in senso morale o di responsabilità civica. Quanto ai giudici aggiunti essi sono quasi sempre incapaci di esprimere un'opinione, seppur ne hanno mai una, la loro attitudine passiva rende ancor più difficile il compito del titolare che dovrà stendere la sentenza" (44).

La voluta staticità della situazione giudiziaria spinse Marchegiano, il 12 giugno 1931, ad adire presso il Comitato di Controllo, affinché questo organismo si adoperasse almeno a mettere in atto le disposizioni relative ai poteri dell'amministratore aggiunto contenute nel Protocollo del 1928. Il Comitato di Controllo, quindi, il 25 giugno, invitò l'amministratore aggiunto a redigere un progetto di Dahir che regolasse tutta la materia. Marchegiano presentò il progetto di dahir (45) alle Potenze che componevano il Comitato di Controllo, che lo criticarono ampiamente, rilevandovi un'ingiustificata posizione di privilegio riservata alla figura dell'amministratore aggiunto ai servizi giuridici, oltre ad uno sviamento dai principi del Protocollo del 1928.

Ulteriore caos fu creato dall'Assemblea dei magistrati che, con lo scopo di togliere valore alla figura dell'amministratore aggiunto, statuì che il destinatario di tutta la corrispondenza ed il tramite di ogni rapporto giuridico dovesse essere l'Amministratore della Zona, poiché esso rappresentava l'organizzazione internazionale nei confronti di terze parti. Dato che la Commissione di giuristi non era stata più convocata, fu deciso di sottoporre la revisione dell'organizzazione giudiziaria ad una sottocommissione "locale", composta dai funzionari dei quattro consolati a Tangeri. Ma anche quest'ultima soluzione non si rivelò efficace, anzi, complicò ancora una volta di più la materia, poiché la sottocommissione consolare, soprattutto da parte francese e spagnola, sentendosi come investita di un potere ex-novo, non si riconobbe come la continuatrice dei lavori della Commissione giuridica di Parigi. Ancora una volta la supremazia degli interessi nazionalistici aveva prevalso sull'effettivo funzionamento dell'organizzazione internazionale di Tangeri (46).

Nel 1932, il console italiano a Tangeri, conte Giovanni Capasso, concluse che era stato un errore portare tutta la discussione della questione a Tangeri e che sarebbe convenuto riconvocare in seduta plenaria la vecchia Commissione di giuristi di Parigi, affidandogli l'originario compito, ossia la riorganizzazione giudiziaria e la definizione delle funzioni dell'amministratore aggiunto italiano. Più di ogni cosa, secondo Capasso, era stato letale l'ambiente ristretto di Tangeri:

"Dove le gelosie e le suscettibilità internazionali assumono, a volte, forme esasperanti e sproporzionate alla stessa entità della materia in esame, e dove è difficile differenziare la funzione della persona che l'incarna, il problema delle attribuzioni dell'amministratore-aggiunto, italiano pro-tempore, finì per assumere il carattere di una nostra affermazione di prestigio e, più ancora, un carattere personalistico pro o contro l'estensione delle attribuzioni del Cav. Uff. Marchegiano" (47).

Il console si riferiva certo agli interessi italiani nella Zona e, nello specifico, nell'amministrazione della giustizia, però il suo rapporto pone in debito risalto il difficile ambiente tangerino, spesso sottoposto alle volubilità ed i capricci del gioco delle diplomazie europee, le quali avevano a cuore più che l'internazionalizzazione dell'area i propri interessi nazionali.

Le Potenze preferirono temporeggiare e rimandare alle calende greche la soluzione di un problema che avrebbe permesso un'equa amministrazione della giustizia, sacrificandola in previsione di vantaggi futuri che sarebbero giunti con la scadenza della Convenzione del 1923 (maggio 1936), la quale poteva essere rinnovata o decadere. Non era poi sicuro che il sistema internazionale sarebbe sopravvissuto alla disastrosa situazione finanziaria, che dimostrò tutta la sua gravità nei primi anni Trenta (48), e, ben consapevoli di tale eventualità, le Potenze preferirono non instaurare fastidiose quanto lunghe trattative per apportare cambiamenti, che molto probabilmente poi non sarebbero serviti a nulla. La crisi economica che interessò la Zona Internazionale fu dovuta in gran parte anche alla sua costosa struttura amministrativa, della quale anche il Tribunale Misto faceva parte. La costosa sovrastruttura amministrativa, composta da 4 amministratori aggiunti, 7 magistrati, 6 cancellieri, 2 ingegneri, 250 gendarmi, 100 poliziotti e una pleiade di funzionari costituiva una costante emorragia per le casse tangerine. Nel 1931 si previdero per l'anno a seguire spese per 25 milioni di franchi marocchini e solo 20 milioni di entrate. Il sistema fu sul punto di crollare come un gigantesco castello di carte. Si tentò in ogni modo di fare delle economie, soprattutto cercando di limitare le spese in campo amministrativo e armonizzare i compiti dei funzionari. Anche il Tribunale Misto fu interessato da queste piccole economie. Non esistendo a Tangeri locali adatti per far espiare pene detentive lunghe e gravi, l'Assemblea Legislativa, il 21 luglio 1925, aveva deliberato che fossero intavolate delle discussioni con i paesi aderenti allo Statuto, affinché ogni condannato a pene superiori ad un anno potesse scontare la pena nei carceri del proprio paese d'origine. Ciò era dovuto non solo alla mancanza di un locale che rispondesse alle esigenze della tecnica carceraria, ma anche alle condizioni finanziarie della Zona Internazionale. I costi del detenuto, infatti, sarebbero stati sempre a carico dell'amministrazione internazionale, ma la proposta dell'Assemblea Legislativa sarebbe stata in ogni caso più conveniente in quanto evitava l'allestimento ed il mantenimento a Tangeri di un regolare stabilimento carcerario. Francia, Spagna, Inghilterra e Portogallo giunsero alla fine degli anni Trenta ad intese con l'amministrazione internazionale, seguendo le indicazioni dell'Assemblea Legislativa. Quando, nel marzo del 1932, il Tribunale Misto condannò il suddito italiano Michele Castronovo, "conduttore di automobili", alla pena di un anno e nove mesi di reclusione per lesioni volontarie, il governo, ottenuto il placet dal Ministero di Giustizia, desiderò emulare le altre Potenze, stipulando con l'amministrazione un accordo seguendo le direttive dell'Assemblea Legislativa. Un accordo che, a dire il vero, aveva la sua ragione d'essere più sulla volontà italiana di non far scontare pene carcerarie ai propri sudditi a Tangeri che su quella di voler risparmiare sul bilancio delle casse della Zona Internazionale. Ad ogni buon conto non fu possibile ridurre però il già sottodimensionato personale del Tribunale, né decurtare i già magri stipendi dei giudici. La crisi fu in seguito a mala pena superata nel 1933, grazie ad un prestito di svariati milioni di franchi marocchini senza interessi concesso dal Protettorato francese e da quello spagnolo alle finanze dell'amministrazione internazionale.

Tabella del personale amministrativo giuridico e dei costi del Tribunale Misto nel 1934 (49)
  Spagnoli Francesi Italiani Inglesi Marocchini
N. franchi N. franchi N. franchi N. franchi N. franchi
Magistrati 2 144.760 2 144.460 1 72.380 1 72.380    
Segretari 1 37.506 2 79.430 1 30.480        
Commessi 2 51.700                
Interpreti     1 43.428            
Personale ausiliario 2 23.683 1 11.280            
Uscieri                 5 51.322

Ad ogni modo, il non meno pressante problema della riforma della Giustizia a Tangeri non fu risolto, lasciando il Tribunale Misto senza alcune difese rispetto alle difficoltà che la Guerra Civile spagnola (50) prima e la Seconda Guerra mondiale poi avrebbero riversato sulla Zona Internazionale di Tangeri. Una organizzazione già sclerotizzata e inadeguata, che non seppe garantire quei requisiti di neutralità ed internazionalizzazione per cui era stata in origine creata. Ad esempio, nel 1936, durante la Guerra Civile spagnola, la legislazione penale fu abilmente manipolata dalla Presidenza del Comitato di Controllo, in quel momento detenuta dal console generale italiano, in funzione nettamente anti-repubblicana (51). Nello stesso periodo anche il Tribunale Misto subì le influenze dell'Italia, mediante il giudice titolare italiano, Ferdinando Malmusi, il quale diresse in modo poco deontologico diverse sentenze. E' bene rilevare, comunque, che non fu solo l'Italia ad abusare del proprio potere, ma tale fenomeno si verificò in modo piuttosto evidente anche tra le fila dei giudici aggiunti spagnoli, i quali furono spesso oggetto di critiche per avere favorito, specie in cause penali, l'emanazione di sentenze spudoratamente favorevoli ai propri connazionali (52).

La Zona Internazionale non fu in grado di sopravvivere all'impatto degli eventi della Seconda Guerra Mondiale e non fu capace di impedire che Francisco Franco la invadesse il 14 giugno 1940, annettendola al protettorato spagnolo con il pretesto di salvaguardarla da un colpo di mano di Hitler o di Mussolini. Il 4 novembre la Spagna smantellò l'organizzazione internazionale facendo cessare il funzionamento del Comitato di Controllo, dell'Ufficio Informazioni e dell'Assemblea Legislativa. Il 23 novembre una legge del Caudillo stabilì che le norme da applicarsi nella Zona spagnola fossero estese anche all'ex-Zona Internazionale, che dipese interamente dall'Alto Commissario spagnolo a Tetuán. Anche la funzione di Mendub fu abolita, ripristinando il vecchio ufficio di Pasha e chiamando a ricoprire questo incarico il qadi di Tangeri (53). Paradossalmente, l'unica istituzione che fu mantenuta in vita dagli spagnoli fu quella che aveva funzionato meno bene, ovvero il Tribunale Misto, il quale continuò ad applicare tutti i codici elaborati nel 1924. Franco, in realtà, aveva lasciato operativo il Tribunale proprio per dimostrare alla comunità internazionale che la neutralità ed internazionalità di Tangeri era stata comunque rispettata, anche se poi nella pratica era evidente che la Zona era stata letteralmente fagocitata all'interno del protettorato spagnolo, divenendone una sua nuova regione amministrativa. Negli anni a venire la Spagna si sforzò di dimostrare che sotto la sua gestione tutta la Zona era progredita e migliorata, anche e soprattutto per quanto riguardava l'ordine pubblico. Uno studio del Ministero dell'Interno spagnolo, quasi sicuramente redatto a fini propagandistici, mise infatti in evidenza come sia i crimini fossero generalmente diminuiti, con un conseguente alleggerimento del lavoro del Tribunale Misto (54).

ANNO Crimini in senso lato Omicidi Reati di ordine pubblico (55) Furti
1935 1.110 7 39 354
1940 1.221 6 16 556
1941 1.189 1 4 491
1942 1.293 2 6 558
1943 501 2 0 148
1944 600 2 0 174

Non esistono fonti attendibili di comparazione per stabilire se questi dati siano più o meno veritieri. È comunque probabile che tale risultato sia stato ottenuto non solo mediante la riorganizzazione del servizio di polizia a partire dal 1942, ma soprattutto tramite l'estensione alla Zona Internazionale della forte limitazione delle libertà civili e politiche già in vigore in Spagna.

Il Tribunale Misto continuò a funzionare anche dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, quando gli Alleati imposero alla Spagna franchista di abbandonare la Zona Internazionale (11 ottobre 1945) e di ripristinare i vecchi confini prebellici. La nuova configurazione amministrativa fu delineata dalla Conferenza quadripartita (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti ed Unione Sovietica) di Parigi il 31 agosto 1945. Tale conferenza dette luogo a due distinti atti: il primo, un accordo franco-inglese (Francia e Inghilterra erano le due sole nazioni ad avere sottoscritto la Convenzione del 1923 e le modificazioni del 1928) nel quale, in 11 articoli, si fissavano i dettagli del regime transitorio. Il secondo previde un Atto Finale anglo-franco-americano-sovietico, comprensivo di nove risoluzioni contenenti i criteri generali da applicare nella restaurazione del regime internazionale e le norme per convocare la conferenza che avrebbe poi redatto lo Statuto permanente. Oltre a rendere nullo il Protocollo del 1928, si stabilì pure un ordinamento provvisorio e le norme per convocare una conferenza ad hoc che avrebbe redatto uno Statuto definitivo (56). Dall'ordinamento provvisorio furono escluse sia la Spagna che l'Italia. Il regime di Franco, colpevole di essere una creatura del nazi-fascismo, venne estromesso dal Comitato di Controllo per espressa volontà dei sovietici e privato sia degli amministratori aggiunti che del proprio giudice titolare, mentre la partecipazione dell'Italia venne ridotta a quella del 1923. Una partecipazione, quella italiana, destinata a rimanere comunque subordinata alla stipulazione del definitivo Trattato di Pace con gli Alleati. Secondo l'accordo quadripartito, nell'ordinamento giudiziario vi sarebbero stati solo giudici titolari inglesi, francesi, statunitensi e sovietici, poi però l'Unione Sovietica si disinteressò della Zona Internazionale, così che il Tribunale Misto necessitò urgentemente di un membro. Su pressioni della Francia, che desiderava estromettere definitivamente la Spagna dalla Zona, fu conseguentemente mantenuto il giudice titolare italiano, Giovanni Apostoli, che ricopriva tale carica dal gennaio del 1945 (57), dopo che Malmusi (che aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana) era stato costretto ad abbandonare Tangeri (58). Giuseppe Marchegiano rimase invece in stretto contatto con gli Alleati per i quali aveva elaborato sin dal 1944 uno studio confidenziale sulle modificazioni da apportare al regime internazionale (59).

Il Tribunale non brillò per efficienza, soprattutto per la sua componente multinazionale e per la non sempre eccellente preparazione dei suoi giudici. È passato alle cronache l'aneddoto di un Pubblico Ministero spagnolo che, non riuscendo a far capire al giudice belga quanti mesi di prigione intendesse chiedere per un imputato, contò sulle dita delle mani e poi, non bastandogli, disegnò nell'aria i numeri restanti (60). In effetti i giudici titolari dovevano essere forniti di una grande pazienza, oltre che di una vasta preparazione linguistica per non perdersi nelle babeliche udienze del Tribunale Misto. Il coacervo di nazionalità presenti a Tangeri infatti causavano ritardi e lungaggini burocratiche che difficilmente potevano essere superate, poiché assai spesso, durante le udienze era necessario tradurre contemporaneamente in più lingue, le quali sovente non appartenevano a nazioni facenti parte dell'amministrazione internazionale. Il problema di ottenere traduttori qualificati fu sempre un grave problema per l'amministrazione internazionale e in particolare per il Tribunale Misto.

L'inefficienza più grave riguardò però soprattutto il numero di giudici titolari: in effetti sette giudici furono sempre insufficienti per gestire la giustizia in una città di 72.000 abitanti, di cui 13.000 europei (61).


* Sottoposto all'art.11 par. B dell'Accordo franco-inglese (62)
** Non previsto ma di fatto presente

Il numero sempre più elevato di sentenze mise negli anni sempre più in crisi il sistema giudiziario, che non poteva godere di un numero sufficiente