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Lo sminamento delle cluster bomb in Libano: Israele non informa dove ha bombardato

di Gianluca Ursini - 12/07/2007

La missione Onu per lo sminamento prosegue a ritmi serrati il suo lavoro, ma attende invano che Israele informi su dove ha bombardato
 
“A tutt’oggi, aspettiamo che Israele ci fornisca i Dati dei bombardamenti, senza i quali il nostro lavoro rischia di essere vanificato”. Dice Dalya Farran, mentre
 non sa impostare un tono diplomatico o tenere nascosta la sua indignazione. E' l'addetta alle Relazioni Esterne della UnMacc, la Missione Onu addetta allo sminamento del Sud del Libano già da prima del conflitto del 2006.
Quei dati servono maledettamente ai suoi uomini, o meglio alle 5 agenzie private (le più esperte tra esse sono le inglesi Mag e BacTec) cui si affidano per disattivare quasi due milioni di cluster bomb, sganciate dall’aviazione di T’sahal in quasi mille incursioni in territorio libanese durante 34 giorni di conflitto. Le cosiddette 'Bombe a grappolo', una volta sganciate da una grande bomba-container si spargono sul terreno, uccidendo molti più civili, che se le ritrovano ad anni di distanza sul loro cammino quotidiano.
 
Cluster bomb sminate da UnMacc. foto G.L. UrsiniChe cosa manca. “I dati dei bombardamenti significano le coordinate di ogni singola incursione, il numero di bombe sganciate nell’incursione e i  tipi di ordigni rilasciati sul terreno”, dice Farran, libanese del Sud, un particolare che non aiuta ad avere molto distacco, come sarebbe meglio in una missione del genere.
Intanto la missione UnMacc progredisce; in ottobre, quando visitammo con PeaceReporter per la prima volta la missione a Tiro e girammo per gli aranceti infetti di cluster bombs con gli esperti artificieri del MaG, erano orgogliosi di averne già disattivato 45mila, “mentre bisogna considerare che in Kosovo ci hanno messo due anni per bonificare un territorio, molto esteso, contaminato da 20mila mine”, spiegava Farran. Adesso, con i dati di metà giugno, siamo arrivati a 122,500 cluster bomb disattivate. Un bel successo. E all’UnMacc sono ancora convinti di poter liberare tutto il Libano da questi strumenti assassini per la fine del 20008.
 
esempio di campo da sminare. foto G.L. UrsiniQuei 37 milioni di metri quadri. Sul terreno, il conto degli ordigni rilasciati non è stato ritoccato al rialzo, ma delle stime più accurate consentono di calcolare che in 928 siti ‘infestati’ dalle bombe inesplose, il totale della superficie a rischio per i civili, che vi possono tornare ad abitare e saltare per aria, è di 37 milioni di metri quadri. Trenta sette milioni. Fino ad ora, considerando anche le porzioni di terreno che ancora non erano state liberate dalle mine dei conflitti precedenti, la missione Onu è riuscita in meno di un anno di attività dalla fine dell’ultimo conflitto, ad arrivare ad altri 164mila metri quadri ‘ripuliti’ dagli ordigni. In totale sono 7 milioni e 300mila i metri quadrati sui quali i libanesi non rischiano più.
In più, ci sono ancora i morti. Troppi. Per Dalya, in media tre al mese sono vittima di una cluster; o muoiono o rimangono invalidi a vita. In tutto finora siamo arrivati a 203 vittime nell’ultimo anno, di cui 23 morti.
 
Tutto pronto per far brillare le bombe. foto G.L. UrsiniAncora due anni, a Israele piacendo. “E per il 2009 quest’incubo sarà finito – chiude Dalya – contiamo entro la fine di quest’anno di liberare tutte le aree maggiormente popolate, dove le cluster danno più rischi ai civili. Entro metà 2008 libereremo le zone meno abitate come boschi o vallate isolate, dove ci sono meno rischi; a quel punto mancherà poco perché il Libano sia cluster-free. Ma ci vuole una volontà perché tutto si realizzi”. Nn c'è da sorpredndersi a sentire che è Israele. "Ci devono dare quei benedetti dati delle loro incursioni. Provate voi europei a convincerli. Noi ci abbiamo provato. Non ci rispondono”. E c'è da scommettere che ci abbiano provato tramite parecchi canali.. “Missione Unifil, Comando Generale. Attraverso il palazzo di Vetro di New york. Attraverso l’ufficio diplomatico del Segretariato Generale. Non sappiamo più da che parte sbattere la testa”.