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Il Professor Marino Badiale scrive ulteriormente a La Stampa sulla libertà di ricerca storica

di Marino Badiale - 12/07/2007

Gentile Direttore (de La Stampa ndr),
sono costretto ad abusare della sua cortesia chiedendole ulteriore
attenzione. Nella mia lettera di ieri precisavo che la mia posizione sul
negazionismo è quella, ovvia e banale in ogni democrazia, della piena
libertà di opinione per tutti. Nella sua risposta il sig. Ventura cita un
brano isolato di un mio articolo sul negazionismo, senza precisare il
senso dell'articolo da cui il brano è tratto, e lasciando quindi spazio ad
equivoci. Mi vedo quindi costretto ad ulteriori precisazioni.
Nell'articolo in questione scrivevo che "chiunque di noi non sia uno
storico crede che il genocidio ebraico sia un fatto storico per gli stessi
motivi per i quali crede che siano fatti storici la Prima Guerra Mondiale,
la Rivoluzione Francese o le invasioni barbariche: perché trova questi
fatti descritti nei libri di storia, e sa che su di essi c'è unanimità
nella comunità degli storici", e aggiungevo che "perché la fiducia in una
comunità professionale di esperti sia razionale, è necessario essere
ragionevolmente certi che tale comunità sia libera nelle sue ricerche,
nelle sue discussioni, nella pubblicizzazione dei suoi risultati. La
libertà di un dibattito è condizione necessaria per la sua razionalità".
Come vede, non c'è nessuna affermazione negazionista, e in esso non si
sostiene neppure, come afferma Ventura, la necessità "di non fidarsi dei
luoghi comuni della storia". Si sostiene invece che la libertà di pensiero
è necessaria, fra l'altro, per potersi fidare degli storici.

Sperando di non doverla disturbare ancora, le porgo i miei più cordiali
saluti