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Musharraf smarrito nel suo labirinto

di Tariq Ali - 12/07/2007

   
Il vulcano pakistano erutta ancora. La prima eruzione era stata dominata dalla società civile con giudici e avvocati che chiedevano la separazione dei poteri e un sistema giudiziario indipendente. Simultaneamente un gruppo di predicatori ha cominciato ad agire con la forza in una moschea di Islamabad e a chiedere l'imposizione completa della sharia e l'istituzione di una polizia religiosa speciale per controllare la sua effettiva applicazione. La moschea sotto il controllo degli estremisti nel cuore di Islamabad rappresenta la punta di lancia di queste rivendicazioni. Ed è situata non molto lontano dagli edifici governativi.
Come hanno potuto avere il permesso per costruire la moschea e le scuole coraniche a due passi dalle sedi del potere senza un qualche appoggio del governo? Il padre dei due predicatori che hanno guidato l'azione lavorava per l'intelligence militare da molto prima che Musharraf apparisse sulla scena. Una volta erano stati finanziati e aiutati dallo stato, ma poi sono stati dichiarati illegali e da allora non hanno più fondi. Solo un anno fa potevano ancora essere comprati, ma non c'erano offerte sul tavolo. Adesso è troppo tardi. Jihadisti armati hanno iniziato a sparare su polizia e soldati. Musharraf ha mandato il suo broker preferito per fare un accordo, ma nessuna delle due parti poteva accettare l'offerta dell'altro. I militanti hanno sfidato il regime che ha reagito ieri mattina presto. Il risultato è stato un bagno di sangue.

Vale la pena notare che non c'è stata nessuna mobilitazione di massa a sostenere né i giudici né i jihadisti. La moltitudine rimane silenziosa e passiva perché è consapevole che nessuna delle due parti combatte nel suo interesse. L'alleanza dei partiti religiosi che governa la frontiera del nord ovest non ha preso le difese del gruppo che ha trasformato la moschea e le scuole coraniche adiacenti in un campo di battaglia, e si è limitata a chiedere che le vite di donne e bambini innocenti venissero risparmiate. L'intera faccenda solleva una vecchia domanda: fino a che punto gli islamisti si sono infiltrati tra i militari? Solo la paura di esacerbare le divisioni dei militari e delle loro agenzie può spiegare la straordinaria cautela mostrata dal governo alcuni mesi fa, quando era ovvio che i jihadisti stavano complottando per creare confusione. E, chiedetelo ai cinici che vivono in quel paese, di chi è stata la brillante idea di organizzare il rapimento jihadista di persone di nazionalità cinese rendendo così impossibile la tenuta del regime?

Musharraf è arrivato al potere nel 1999 con un programma di riforme che avrebbe dovuto trasformare il paese. Non è riuscito a farne neanche una e si è ulteriormente indebolito quando ha accettato di diventare il punto di riferimento locale degli Stati uniti. Il paese ha continuato a marcire lasciando spazio all'esplosione dei jihadisti.
Mentre succedeva tutto questo all'interno del paese, i 36 partiti dell'opposizione, grandi e piccoli, si incontravano a Londra per studiare una strategia per restaurare un governo civile. Il conclave è finito senza un accordo, simboleggiando la sua impotenza. La scorsa settimana sono stati segnalati nuovi attentati contro Musharraf. È sopravvissuto. Anche il suo regime per ora è salvo. Il Pakistan resta nel disordine più completo. Solo l'eruzione di un movimento di massa dal basso può cambiare il paesaggio, ma la gente è in guerra. È stata tradita troppe volte dal generale e dai politici del suo stampo. Perché dovrebbero sacrificare le loro vite invano?