Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Vincitori e vinti in Palestina

Vincitori e vinti in Palestina

di I. Wallerstein - 14/07/2007

 

E’ facile vedere chi sono gli sconfitti. Ma più difficile è determinare se ci sono dei vincitori. Nel mese di giugno si è verificato un drammatico scontro tra Fatah e Hamas a Gaza. I fatti si sono sviluppati nel modo seguente: il Presidente Abbas ha sciolto il governo di Hamas, del quale faceva parte anche Fatah.

Il Primo Ministro I. Haniya disse che si trattava di un’azione illegale e non riconobbe lo scioglimento. Entrambe le parti usarono la forza, l’una contro l’altra. Hamas vinse a Gaza senza nessuno sforzo. Tutti i leaders di Fatah lasciarono Gaza e si diressero in Cisgiordania, dove Abbas formò il nuovo governo capeggiato da Salama Fayyad, un governo senza esponenti di Hamas. Adesso, Hamas ha il controllo completo di Gaza. Fatah controlla la Cisgiordania, comunque con molta meno sicurezza di quanto Hamas non faccia nel controllo di Gaza. In Cisgiordania, non c’è solo Hamas (sebbene, per il momento, in forma clandestina), ma anche la Brigata dei martiri di Al_Aqsa che è nominalmente integrata dentro Fatah, ma agisce piuttosto autonomamente non essendo sotto il controllo di Abbas né approvandone la politica attuale.

Abbas è in una posizione piuttosto debole. Si è rivolto al “mondo esterno” – Usa, UE, i governi arabi moderati (Egitto e Giordania sopra tutti), e Israele, chiedendo quattro cose: amore, denaro, armi e un aiuto sostanziale per uno Stato palestinese indipendente. Al momento ha ricevuto una gran quantità di amore ma non ancora tutto il denaro che Israele deve all’Autorità Nazionale palestinese, nessun aiuto in armamenti (è comunque possibile che arrivi una consegna limitata) e ancora nulla per quel che concerne la soluzione finale dei conflitti con Israele.

Abbas necessita di stabilire la propria autorità in Cisgiordania. La nuova missione di Tony Blair consiste nell’aiutarlo in questa necessità (ma non è solo questo il compito di Blair). Poiché è poco probabile che ci siano negoziazioni serie per quel che concerne la soluzione finale dei problemi con Israele, per Abbas le cose si rivelano molto difficili. E si prospetta un grande dilemma: che fare con Gaza. Si ignora Gaza nella sua totalità, non si organizzano aiuti alimentari o umanitari, e questo significherà di fatto rinunciare all’unità di un possibile Stato palestinese. Se Abbas fornisce assistenza, ciò può ledere le sue probabilità di ottenere più denaro (per non parlare delle armi) da chi lo appoggia dall’esterno, e in particolare da Israele. Secondo me Abbas e Fatah ne usciranno perdendo molto.

 

 

Mentre gli Usa, l’Unione Europea, tanto come l’Egitto e la Giordania, stanno tentando di creare una situazione nella quale sarebbe esclusa Hamas dal governo dell’Autorità Palestinese, gli esiti di tale strategia non si rivelano così favorevoli. A meno che Abbas riesca in un miracolo, altrimenti c’è la guerra all’orizzonte ed il suo risultato sarebbe fortemente incerto. Dato che questo succede nello stesso momento in cui l’Irak sta per collassare, mentre aumentano le voci repubblicane che reclamano una riduzione immediata degli interventi delle truppe americane (tra queste, quelle dei senatori repubblicani con molto potere come Richard Lugar e John Warner) il fatto di esacerbare la guerra tra Palestina e Israele non dà alcun beneficio in assoluto agli interessi di Usa, Ue, Egitto e Giordania. Così che anche questo gruppo di paesi può ben essere inserito tra gli sconfitti di questa vicenda.

Poi c’è il grande, grande sconfitto – Israele. E’ certo che Olmert e il suo gabinetto non sono completamente in accordo. Sono così impegnati ad isolare Hamas, per il suo presunto carattere terroristico, che sono incapaci di definire quello che va realmente incontro ai loro interessi. Ma si osservi la situazione d’Israele. Ha conflitti con i palestinesi da molto tempo. Si può dire un conflitto continuo: 1997 (la prima Intifada), 1967 (la guerra dei 6 giorni), 1948 (creazione dello stato d’Israele), 1917 (Dichiarazione di Balfour). Non si tratta dell’unico conflitto di così lunga durata, ma gli altri si sono più o meno risolti.

Dovremmo comparare il conflitto Israele-Palestina con il conflitto Afikaner – negri africani del Sudafrica, con il conflitto tra Unionisti e Repubblicani in Irlanda del Nord, con il conflitto tra Usa e Cina del 1949. In ciascuno di questi casi, le parti in causa avevano degli obiettivi e una retorica diametralmente opposta. In ciascuno di questi casi, ogni parte aveva il suo partito di “linea dura” che definiva terrorista i partigiani della “linea dura” dell’altro schieramento. In ognuno di questi casi, sembrava praticamente impossibile saldare la breccia tra le parti. Senza dubbio, in ognuno di questi casi si conseguì una soluzione finale, una soluzione che mettesse fine almeno alla violenza.

Come si può giungere a questo? La soluzione politica non si ottenne fino a quando da ambo le parti non giunsero al potere quelli che i francesi chiamano interlocutori validi. Cos’è un interlocutore valido? È un gruppo, spesso incarnato in un leader particolare, che ha un appoggio sostanziale, segue una “linea dura” nella sua politica, e, pertanto, si trova nella situazione di poter garantire una soluzione di compromesso in caso di accordo. In Sudafrica, la soluzione fu tra F.W. De Klerk e il Partito Nazionalista, da una parte, e Nelson Mandela e il Congresso Nazionale Africano, dall’altra. In Irlanda del Nord, la soluzione fu tra il reverendo Paisley e il Partito Democratico Unionista, da una parte, e Gerry Adams e lo Sinn Fein, dall’altra . Le tensioni tra Usa e Cina finirono quando il Presidente Nixon andò a Beijing per confrontarsi con Mao Zedong.

C’è un dettaglio appariscente in ciascuno di questi casi. Fino all’ultimo momento, almeno una delle parti diceva che non avrebbe mai transatto con l’altra perché si trattava di persone infami delle quali non ci si sarebbe potuti fidare. In ogni caso, fecero quello che era più giusto fare. Le ragioni erano varie, tra questi il realismo e lo sfiancamento furono i fattori determinanti per la soluzione definitiva di tali conflitti. E, in ogni caso, ognuna delle parti accettò dolorosi compromessi senza perdere l’appoggio dei suoi sostenitori.

Esistono oggi tali validi interlocutori tra Israele e Palestina? Dal lato Israeliano, Ariel Sharon avrebbe potuto assumere tale ruolo. Olmert è molto più debole di lui e per il momento non sembra esserci un successore di Sharon. Dal lato palestinese, Hamas potrebbe giocarsi ora questo ruolo. Ma non è chiaro se ci riuscirà nel futuro. Per questa ragione è difficile affermare che Hamas è stata la parte vincente di questo conflitto. Per questa stessa ragione è difficile affermare che l’Arabia Saudita, in seguito all’insediamento, durato alcuni mesi, del governo congiunto Hamas-Fatah (accordo della Mecca), ne fosse uscita vincitrice.

E adesso? Non solo stiamo aspettando che vengano fuori degli interlocutori validi, ma anche che le parti in causa riconoscano che questa è l’unica maniera di chiudere il conflitto. E’ possibile che aspetteremo ancora molto tempo.

 

(fonte www.bitacora.com, Traduzione dallo spagnolo di G.P.).