Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le tesi storiche vanno fissate per legge?

Le tesi storiche vanno fissate per legge?

di Antonio Caracciolo - 14/07/2007

Fonte: clubtiberino.blogspot.com

 

In Italia il caso Teramo è diventato la migliore esemplificazione di un problema che non può essere eluso da quanti hanno per davvero a cuore gli articoli della costituzione che proclamano la libertà di pensiero e di ricerca. Nel nostro paese a parole sono tutti “liberali”, ma in concreto gli spazi di libertà sono quanto mai chimerici. Da cosa ciò dipenda non è facile dire. Con la decisione di trasferire in Roma il disciolto Master Mattei un gruppo di ostinati della libertà concreta si propone come segno di contraddizione all’interno di una società strutturata in lobbies e caste da una parte e dall’altra parte costituita da cittadini al di fuori delle consorterie del potere e del privilegio. È proprio delle battaglie la divisione in vinti e vincitori. Hanno esultato per la loro vittoria quanti hanno considerato un fatto meritorio l’aver ridotto al silenzio chi chiedeva di poter parlare e la chiusura di un corso gestito da chi pensava di poter seriamente considerare ed applicare quell’art. 21 della costituzione che almeno sulla carta riconosce ad ognuno il diritto al pensiero. Non si sentono però sconfitti quanti hanno potuto riconoscersi ed unirsi proprio nel segno della libertà negata. In un recente libro sul terrorismo degli anni di piombo il suo autore ha sostenuto che in realtà l’Italia non ha mai cessato di essere divisa a far data dall’8 settembre 1943. Erano divisi i padri e restano divisi i figli. L’Editoriale dell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica” giunge quanto mai opportuno non dopo gli eventi, ma mentre una battaglia decisiva per la libertà è ancora in corso ed i suoi sviluppi incerti. Tenterò di seguito una riflessione sul testo dell’autorevole rivista, pubblicandone integralmente il testo e corredandolo di links ed immagini. Svilupperò quindi tutti gli spunti possibili. Le parti in corpo normale sono il testo dell’Editoriale di “Civiltà Cattolica”. Il corpo piccolo sono mie considerazioni, commenti, annotazioni.

* * *

LA CIVILTA’ CATTOLICA
Anno 158
2007
Volume Terzo
quaderno 3769
7 luglio 2007


Editoriale


LE TESI STORICHE VANNO FISSATE PER LEGGE?


Ha fatto molto discutere la proposta del ministro della Giustizia tedesco, Brigitte Zypries, di applicare a tutti gli Stati dell’Unione la legislazione contro il negazionismo della Shoah vigente in Germania. Tale proposta, presentata durante un incontro tra ministri della Giustizia a Dresda (14-16 gennaio 2007), è stata accolta dal nostro guardasigilli, Clemente Mastella, il quale ha anche annunciato la presentazione nel successivo Consiglio dei ministri italiano del 27 gennaio, in coincidenza con la celebrazione della Giornata della Memoria, di un disegno di legge contro il negazionismo. Tale provvedimento, disse Mastella, ha come fine principale di combattere ogni «rigurgito di antisemitismo»; in particolare esso «assume un rilievo fondamentale per tutte le minoranze. Negare che quei fatti sono avvenuti significa che quello che è stato documentato è falso. E quindi un’offesa alla memoria e alla storia».

Links:
1.
Brigitte Zypries: curriculum;
Ricerche:
- Andrebbe fatta una riflessione sulle condizioni spirituali della Germania all’indomani della disfatta del maggio 1945. Le umiliazioni inflitte alla Germania ed al popolo tedesco hanno forgiato il carattere e plasmato la mente di tutta la classe politica del dopoguerra, non solo tedesca. Dal libro di Tom Segev, Il Settimo Milione, sono quanto mai deprimenti le pagine che narrano dei rapporti fra il neo Stato di Israele e la Germania sconfitta, costretta alle riparazioni e salassata all’infinito: la nazione tedesca doveva essere umiliata per l’eternità. L’evidente mancanza di dignità nazionale da parte dei tedeschi del dopoguerra è un libro che è difficile da scrivere, ma certamente esiste una letteratura al riguardo ed esistono pensatori politici in grado di portare a consapevolezza il problema. Sono però emarginati, quando non addirittura imprigionati.
Riflessioni:
- Onestamente, come può darsi dignità di pensiero a ciò che dice Clemente Mastella? Cosa devo commentare? Il cinismo e l’arroganza del potere di cui danno sfacciata prova i nostri governanti richiederebbe un’insurrezione popolare. Ma ormai i popoli europei sono stati ridotti all’obbedienza e di essi si può fare ogni cosa. Le sevizie materiali, spirituali ed intellettuali che gli si possono infliggere hanno certezza dell’impunità. Ed è per questo, tornando a Teramo, che diventa estremamente pericoloso ogni tentativo di pensiero indipendente. Deve essere perciò stroncato sul nascere ed i suoi caporioni subito dispersi, se proprio non li si può togliere di mezzo fisicamente e ridurre per sempre al silenzio.
- Il termine negazionismo non può essere considerato scientificamente. Si tratta di un concetto denigratorio appositamente costruito per combattere e stroncare qualsiasi possibilità di un pensiero critico applicato all’interpretazione complessiva della storia del XX secolo, che non si potrà mai comprendere senza la concatenazione causale di eventi infiniti e che perciò richiedono una pluralità di interpretazioni variabili a seconda del problema che di volta in volta occorre analizzare. Fissare tutta la storia in un’unica interpretazione, imposta per legge, significa uccidere non la memoria, ma il pensiero stesso senza il quale la memoria è solo un riflesso condizionato alla Paulov, quello dei cani ammaestrati ad agire in un certo modo a seconda degli input che ricevevano.

Una direttiva del Consiglio dei ministri della Giustizia della Ue ha stabilito, lo scorso 19 aprile, che sono puniti con una pena da uno a tre anni di reclusione i responsabili di «incitazione pubblica alla violenza e all’odio razziale» o di «pubblica apologia, negazione o grossolana banalizzazione di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra». II testo quindi non fa riferimento a nessun episodio concreto e lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità circa l’applicazione.

L’iniziativa del Governo italiano, mentre è stata accolta positivamente da alcuni intellettuali e dai rappresentati delle comunità ebraiche, è stata al contrario duramente criticata da altri. Il 23 gennaio appariva in diversi quotidiani un «Manifesto contro il negazionismo per la libertà della ricerca storica», proposto da M. Flores, S. Levis Sullam, E. Traverso e firmato da oltre 200 storici e opinionisti, appartenenti a diversi orientamenti ideologici, in cui si esprimeva la preoccupazione che un problema così grave e preoccupante, come la crescente diffusione tra i giovani dell’antisemitismo e delle pseudo-teorie storiche di negazione o riduzione dell’Olocausto, fosse affrontato attraverso la pratica giudiziaria e la minaccia di condanna e di reclusione. Proprio negli ultimi tempi, recita il Manifesto, il negazionismo è stato fin troppo propagandato dai media, provocando alcuni comportamenti imitativi. «Sostituire a una necessaria battaglia culturale, a una pratica educativa e alla tensione morale necessaria per fare diventare coscienza comune e consapevolezza etica introiettata la verità storica della Shoah, una soluzione basata sulla minaccia della legge ci sembra particolarmente pericoloso». E ciò, dicono gli autori del testo, per diversi motivi.

Links sul tema trovati in modo casuale e senza nessuna preferenza:
1.
Una motivazione in rete a favore del Manifesto contro il negazionismo etc..
2.
Claudio Magris: Il bugiardo che dice la verità.


Innanzitutto si darebbe ai negazionisti l’opportunità di ergersi a difensori della libertà di espressione, che è uno dei diritti fondamentali della moderna democrazia e una delle conquiste storiche più significative in ambito politico-culturale. Si stabilirebbe, inoltre, «una verità di Stato in fatto di passato storico», che rischierebbe di delegittimare quelle stesse verità che si vogliono proteggere o incoraggiare. In realtà, una verità storica «sotto tutela» o, per così dire, «ufficiale» o «legale», sarebbe a nostro avviso una sorta di pseudo-verità, in quanto poggerebbe non sull’autorevolezza della ricerca e sulla sua capacità di fare verità sul passato anche recente, ma sulla forza autoritativa e livellatrice della legge. Mentre un’autentica ricerca storica ha bisogno soprattutto di libertà di espressione e di un metodo rigoroso, aperto al confronto. Nell’accennato Manifesto si fa anche riferimento all'idea assai dis¬cussa tra gli storici «sull'unicità della Shoah», in quanto evento sin¬golare e non confrontabile con ogni altro evento storico, ponen¬dolo così «al di fuori della storia o al vertice di una presunta clas¬sifica dei mali assoluti del mondo contemporaneo».
Secondo alcuni storici, tali posizioni, sebbene sensate e in parte anche condivisibili, non sarebbero però sufficienti a contrastare la necessità di una legge volta a sanzionare, anche con pene detenti¬ve, la negazione dell'Olocausto e di altri importanti genocidi com¬piuti nel secolo appena concluso, A tale riguardo, ricordiamo che recentemente l'Assemblea Nazionale francese ha approvato una legge — criticata da alcuni intellettuali, che non credono all'effica-cia di tali provvedimenti, e che si è attirata le più vive proteste del Governo turco — che punisce la negazione del genocidio degli ar¬meni. Secondo B.-H. Lévy, non sarebbe tale tipo di legislazione a

(segue)
© La Civiltà Cattolica 2007 III 3 -11