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Una nuova guerra fredda fra Cina e Usa per le risorse petrolifere africane

di F. William Engdahl - 16/07/2007


 
 
 

 

Sin dagli anni 80, la politica USA verso il Sudan è stata di continuare ad armare le varie fazioni nella regione per perpetuare l'instabilità politica attraverso il conflitto militare. "Invece di lavorare per la pace nel Sudan, gli USA hanno essenzialmente promosso una continuazione della guerra," ha detto l'ex presidente Jimmy Carter nel 1999. La politica estera degli Stati Uniti nei riguardi del Sudan è coerente con la decennale politica estera USA in tutta l'Africa: istigare conflitti, armando in modo evidente una sola parte, e armando segretamente gli altri per perpetuare l'instabilità politica e sociale fra le nazioni africane mentre depreda le loro risorse naturali. Recentemente, il Presidente G.W. "Bush" ha commentato il "genocidio" che sta continuando in Sudan e vuole inviare più armi ed altri strumenti di guerra nella regione. Mentre la Casa Bianca prova a decidere se "genocidio" è il termine corretto e i media che controllano la mente fingono che le ostilità in Sudan siano scoppiate solamente negli ultimi due anni, lo scrittore/storico Bill Engdahl ci fornisce un'adeguata base su cui formare i nostri pareri per quanto riguarda le atrocità in Darfur.

Per parafrasare la famosa battuta durante i dibattiti per la presidenza degli Stati Uniti del 1992, quando uno sconosciuto William Jefferson Clinton disse all'allora Presidente George Herbert Walker Bush, "E' l'economia, stupido", l'attuale preoccupazione dell'amministrazione in carica a Washington per il Darfur nel Sudan meridionale non è, se osservassimo molto attentamente, genuina preoccupazione per il genocidio contro la gente in quella che è la più povera parte della parte più povera di un settore dimenticato dell'Africa.

No. "E' il petrolio, stupido."

E c'è dell'altro di appropriato alla dimensione cinica dell'amministrazione di Washington che non ha mostrato alcun riguardo per il suo proprio genocidio in Iraq, quando è implicato il controllo su importanti riserve di petrolio. Cos'è in gioco nella battaglia per il Darfur? Il controllo sul petrolio, molto, tantissimo petrolio.

Il caso del Darfur, uno sgradevole brandello di appezzamenti di terra seccati dal sole nella parte meridionale del Sudan, ci mostra la nuova guerra fredda per il petrolio, in cui il drammatico aumento della richiesta di petrolio della Cina per alimentare il suo sviluppo esponenziale ha portato Pechino ad imbarcarsi in una politica aggressiva di - ironicamente - diplomazia del dollaro. Con le sue riserve di oltre 1.3 trilioni principalmente in dollari USA nella Banca Nazionale del Popolo della Cina, Pechino si sta inserendo nella geopolitica attiva del petrolio. L'Africa è un obiettivo principale e, in Africa, la regione centrale fra il Sudan ed il Chad è prioritaria. Ciò sta definendo un nuovo importante fronte in quella che, dall'invasione statunitense dell'Iraq nel 2003, è una nuova Guerra Fredda fra Pechino e Washington per il controllo delle principali fonti di petrolio. Finora Pechino ha giocato le sue carte in maniera più intelligente di Washington. Il Darfur è uno dei principali campi di battaglia in questa gara dalla posta altissima per il controllo del petrolio.

La diplomazia del petrolio della Cina

Negli ultimi mesi, Pechino ha intrapreso una serie di iniziative destinate ad assicurarsi fonti di lunga durata di materie prime da una delle regioni più dotate del pianeta - il subcontinente africano. Nessuna materia prima ha attualmente per Pechino una priorità superiore all'assicurarsi forniture di petrolio di lunga durata.

Oggi la Cina ricava circa il 30 % del suo petrolio greggio dall'Africa. Ciò spiega una straordinaria serie di iniziative diplomatiche che hanno fatto infuriare Washington. La Cina sta usando a fondo perduto crediti in dollari per accedere all'ampia ricchezza di materie prime dell'Africa, "lasciando fuori al freddo" il classico gioco di controllo di Washington attraverso la Banca Mondiale ed il FMI (Fondo monetario Internazionale). Chi ha bisogno della dolorosa medicina dei prestiti del FMI quando la Cina concede condizioni facili ed in aggiunta costruisce strade e scuole?

Nel novembre dell'anno scorso Pechino ha ospitato uno straordinario summit di 40 capi di stato africani. I Cinesi hanno letteralmente srotolato il tappeto rosso per i capi di parecchi stati Africani fra cui l'Algeria, la Nigeria, il Mali, l'Angola, la Repubblica Centrafricana, lo Zambia ed il Sudafrica.

La Cina ha appena stretto un accordo sul petrolio, che unisce la Repubblica Popolare Cinese alle due più grandi nazioni del continente - la Nigeria ed il Sudafrica. La Chinese National Oil Company (CNOC) estrarrà petrolio in Nigeria, attraverso un consorzio che include anche la South African Petroleum Co. Dando alla Cina l'accesso a qualcosa come 175.000 barili al giorno entro il 2008. È un affare da 2.27 miliardi di dollari che dà all'azienda a controllo pubblico CNOC una quota del 45% in un grande campo petrolifero off-shore della Nigeria. Precedentemente, la Nigeria era stata considerata da Washington come un bene delle major del petrolio anglo-americane, ExxonMobil, Shell e Chevron.

La Cina è stata generosa nell'erogazione dei suoi prestiti preferenziali senza interesse e perfino contributi integrali ad alcuni dei più poveri stati debitori dell'Africa. I prestiti sono andati alle infrastrutture incluse autostrade, ospedali e scuole, un rigido contrasto alle brutali richieste di austerità della Banca Mondiale e del FMI.

Nel 2006 la Cina ha investito più di 8 miliardi di dollari in Nigeria, Angola e Mozambico, contro i 2.3 miliardi della Banca Mondiale in tutta l'Africa Subsahariana. Il Ghana sta negoziando un prestito cinese di 1.2 miliardi di dollari per l'elettrificazione. A differenza della Banca Mondiale, uno strumento de facto della politica economica estera degli Stati Uniti, la Cina furbescamente non pone legami ai suoi prestiti.

Questa diplomazia cinese collegata al petrolio ha portato alla bizzarra accusa di Washington che Pechino stia cercando di "assicurare il petrolio alle fonti", qualcosa di cui la politica estera di Washington ha dovuto preoccuparsi per almeno un secolo.

Nessuna fonte di petrolio è stata più il centro del conflitto per il petrolio tra Cina e U.S.A. che il Sudan, patria del Darfur.

Le risorse petrolifere del Sudan

La China National Petroleum Company, CNPC di Pechino, è il più grande investitore straniero del Sudan, con circa 5 miliardi di dollari nello sviluppo di campi petroliferi. Dal 1999 la Cina ha investito almeno 15 miliardi di dollari nel Sudan. Possiede il 50 % di una raffineria di petrolio vicino a Khartoum assieme al governo del Sudan. I campi petroliferi (guardate la mappa) sono concentrati nel sud, luogo di una guerra civile che ribolle da lungo tempo, parzialmente finanziata in segreto dagli USA, per spezzare il sud dal nord islamico con centro a Khartoum.

La CNPC ha costruito un oleodotto dai suoi blocchi di concessioni 1, 2 e 4 nel Sudan del sud, fino ad un nuovo terminale a Port Sudan sul Mar Rosso dove il petrolio è caricato sulle petroliere per la Cina. L'8% del petrolio cinese ora proviene dal Sudan meridionale. La Cina prende dal 65 % all'80 % dei 500.000 barili al giorno della produzione di petrolio del Sudan. Il Sudan l'anno scorso è stato la quarta maggiore fonte straniera di petrolio della Cina. Nel 2006 la Cina ha sorpassato il Giappone diventando il secondo maggiore importatore di petrolio al mondo dopo gli Stati Uniti, importando 6.5 milioni di barili di oro nero al giorno. Con la sua richiesta di petrolio che cresce circa del 30 % all'anno, la Cina sorpasserà gli USA nell'importazione di petrolio in pochi anni. Tale realtà è il motore che guida la politica estera di Pechino in Africa.

Uno sguardo alle concessioni petrolifere del Sudan meridionale (guardate la mappa) indica che la CNPC cinese detiene i diritti del blocco 6 che attraversa il Darfur, vicino al confine col Chad e la Repubblica Centroafricana. Nell'aprile 2005, il governo del Sudan ha annunciato di aver trovato il petrolio nel Darfur del sud che si stima possa, una volta sviluppato, pompare 500.000 barili al giorno. La stampa mondiale si è dimenticata di segnalare questo fatto vitale nella discussione sul conflitto nel Darfur.

L'uso delle accuse di genocidio per militarizzare la regione petrolifera del Sudan

"Genocidio" è la descrizione preferita dell'amministrazione Bush dei recenti sviluppi nel Sudan. Stranamente, mentre tutti gli osservatori riconoscono che il Darfur ha visto un grande esodo umano, una miseria umana e decine di migliaia o forse fino a 300.000 morti in molti anni, solo Washington e le ONG vicine a lei usano il pesante termine "genocidio" per descrivere il Darfur. Se riescono ad ottenere un'accettazione popolare dell'accusa di genocidio, si apre la possibilità dell'intervento della NATO per un "drastico cambio di regime" e l'intrusione de facto di Washington negli affari sovrani del Sudan.

Il tema del genocidio è stato usato, con l'appoggio in grande scala di pop stars di Hollywood come George Clooney, per orchestrare il caso per un'occupazione de facto della regione da parte della NATO. Finora il governo del Sudan ha rifiutato con veemenza, e non sorprende.

Il governo degli Stati Uniti usa ripetutamente il "genocidio" per riferirsi al Darfur. È l'unico governo a farlo. L'Assistente Segretario di Stato USA Ellen Sauerbrey, capo dell'Ufficio per la Popolazione, i Rifugiati e gli Immigrati , ad esempio, durante un'intervista online a USINFO il 17 novembre scorso, ha detto che "il genocidio continuato in Darfur, Sudan - un'enorme violazione dei diritti umani - è fra i principali argomenti internazionali di preoccupazione per gli Stati Uniti."

L'amministrazione Bush continua a insistere che il genocidio sta continuando in Darfur dal 2003, nonostante il fatto che la missione di un team dell'ONU di cinque persone guidato dal giudice italiano Antonio Cassese nel 2004 abbia riferito che non si era commesso alcun genocidio nel Darfur, piuttosto, che erano stati commessi gravi abusi dei diritti umani. Hanno richiesto un tribunale per crimini di guerra.

Mercanti di morte

Gli Stati Uniti, agendo tramite alleati sostitutivi nel Chad e stati confinanti, hanno addestrato e armato il Sudan Peoples' Liberation Army, guidato da John Garang fino alla sua morte nel luglio 2005. Garang è stato addestrato alla Scuola per Forze Speciali di Fort Benning, in Georgia.

Riversando armi prima nella parte orientale del Sudan del sud e, dopo la scoperta del petrolio in Darfur, pure in quella regione, Washington ha alimentato il conflitto che ha portato a decine di migliaia di morti ed parecchi milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case. L'Eritrea ospita e sostiene il Sudan People's Liberation Army, il gruppo di opposizione paravento della National democratic Alliance ed i ribelli del Fronte Orientale e del Darfur.

Ci sono due gruppi di ribelli che combattono nella regione sudanese del Darfur contro il governo centrale di Khartoum del Presidente Omar Al-Bashir - il Justice for Equality Movement ed il più grande Sudan Liberation Army (SLA).

Nel febbraio del 2003, lo SLA ha lanciato attacchi alle postazioni governative sudanesi nella regione del Darfur. Il Segretario Generale dello SLA Minni Arkou Minnawi ha chiamato alla lotta armata, accusando il governo di ignorare il Darfur. "L'obiettivo dello SLA è di creare un Sudan democratico unito." In altre parole, cambiamento di regime in Sudan.

Il Senato degli Stati Uniti ha adottato una risoluzione nel febbraio 2006, che richiedeva truppe della NATO in Darfur, come pure una più forte forza ONU di pacekeeping con un forte mandato. Un mese dopo, anche il presidente Bush ha richiesto forze NATO supplementari in Darfur.

Genocidio? O petrolio?

Il Pentagono è stato molto impegnato ad addestrare ufficiali militari africani negli Stati Uniti, in modo molto simile all'addestramento che ha fatto per decenni di ufficiali Latinoamericani. Il suo Programma Internazionale di Istruzione ed Addestramento Militare (IMET) ha fornito addestramento ad ufficiali militari di Chad, Etiopia, Eritrea, Camerun e Repubblica Centrafricana, in effetti ad ogni paese al confine col Sudan. Gran parte delle armi che hanno alimentato lo sterminio nel Darfur e nel sud è stata introdotta tramite torbidi, protetti "mercanti di morte" privati come il famoso ex operativo del KGB, ora con ufficio negli USA, Victor Bout. Bout è stato ripetutamente citato negli ultimi anni per aver venduto armi in tutta l'Africa. I funzionari governativi USA lasciano stranamente inviolati i suoi affari in Texas e Florida nonostante il fatto che sia sulla lista dei ricercati Interpol per riciclaggio.

L'aiuto USA per lo sviluppo a tutta l'Africa Subsahariana, incluso il Chad, è stato pesantemente tagliato negli ultimi anni mentre il suo sussidio militare è aumentato. Il petrolio e la lotta per le materie prime strategiche è il chiaro motivo. La regione del Sudan meridionale dal Nilo Superiore fino ai confini del Chad è ricca di petrolio. Washington lo sapeva molto prima del governo sudanese.

Il progetto del 1974 della Chevron per il petrolio

Le major del petrolio USA sapevano dell'abbondanza di petrolio del Sudan dall'inizio degli anni 70. Nel 1979, Jafaar Nimeiry, capo di stato del Sudan, ruppe con i Sovietici ed invitò la Chevron a sviluppare il petrolio in Sudan. Quello fu forse un errore fatale. L'ambasciatore all'ONU George H.W. Bush aveva riferito personalmente a Nimeiry di foto satellitari che indicavano petrolio nel Sudan. Nimeiry abboccò all'amo. Da allora la conseguenza sono state le guerre per il petrolio.

La Chevron ha trovato grandi riserve di petrolio nel Sudan meridionale. Ha speso 1.2 miliardi di dollari per trovarle ed esaminarle. Quel petrolio ha innescato ciò che si definisce la Seconda Guerra Civile del Sudan nel 1983. La Chevron fu obiettivo dei ripetuti attacchi e omicidi e sospese il progetto nel 1984. Nel 1992, vendette le sue concessioni di petrolio sudanese. Poi nel 1999 la Cina ha iniziato a sviluppare i campi abbandonati della Chevron con notevoli risultati.

Ma la Chevron oggi non è lontana dal Darfur.

Politica del Chad per petrolio e oleodotti

La Chevron di Condoleeza Rice è nel vicino Chad, insieme all'altro gigante del petrolio USA, ExxonMobil. Hanno appena costruito un oleodotto da 3.7 miliardi di dollari che trasporta 160.000 barili al giorno da Doba nel Chad centrale vicino al Darfur del Sudan, attraverso il Camerun, a Kribi sull'Oceano Atlantico, destinato alle raffinerie degli Stati Uniti.

Per farlo, hanno lavorato con il "Presidente a vita" del Chad, Idriss Deby, un despota corrotto che è stato accusato di fornire armi USA ai ribelli del Darfur. Deby si è unito all'iniziativa di Washington per il Pan Sahel condotta dal Comando USA-Europeo del Pentagono, per addestrare le sue truppe a combattere il "terrorismo islamico." La maggior parte delle tribù nella regione del Darfur sono islamiche.

Dotato di aiuto militare, addestramento e armi USA, nel 2004 Deby ha lanciato il colpo iniziale che ha messo in moto il conflitto nel Darfur, usando membri d'elite della sua Guardia Presidenziale originari della provincia, fornendo uomini con ogni tipo di veicolo terrestre, armi e cannoni anti-aereo ai ribelli del Darfur che combattevano il governo di Khartoum nel sud-ovest del Sudan. Il supporto di militari USA a Deby, infatti, era stato l'innesco per il bagno di sangue in Darfur. Khartoum aveva reagito e la seguente debacle si è tragicamente scatenata a tutta forza.

Le ONG spalleggiate da Washington ed il governo USA invocano un genocidio non dimostrato come pretesto per introdurre alla fine truppe ONU/NATO nei giacimenti di petrolio del Darfur e del Sudan meridionale. Il petrolio, non la miseria umana, sta dietro il rinnovato interesse di Washington per il Darfur. La Campagna per il "Genocidio nel Darfur" è iniziata nel 2003, nello stesso tempo in cui iniziava a fluire il petrolio nell'oleodotto tra Chad e Camerun. Gli USA ora hanno una base in Chad per correr dietro al petrolio del Darfur e, potenzialmente, associarsi le nuove fonti di petrolio della Cina. Il Darfur è strategico, nella sua posizione di collegamento fra Repubblica Centroafricana, Egitto e Libia.

Secondo Keith Harmon Snow: "gli obiettivi militari USA dentro il Darfur - e più ampiamente nel corno d'Africa - attualmente sono stati serviti dal sostegno di NATO e USA alle truppe in Darfur della African Union. Lì la NATO fornisce supporto terrestre ed aereo per le truppe dell'AU che sono categorizzate come 'neutrali' e 'mediatori di pace.' Il Sudan è in guerra su tre fronti, con ogni paese - Uganda, Chad ed Etiopia - con una significativa presenza militare USA e programmi militari USA in svoglimento. La guerra in Sudan coinvolge sia operazioni segrete USA che fazioni "ribelli" addestrate dagli Stati Uniti che entrano dal Sudan meridionale, dal Chad, dall'Etiopia e dall'Uganda."

Anche Deby del Chad guarda alla Cina

Il completamento dell'oleodotto dal Chad alla costa del Camerun finanziato dagli USA e dalla Banca Mondiale è stato progettato come parte di uno schema ben più grande di Washington per controllare le risorse petrolifere dell'Africa Centrale dal Sudan all'intero Golfo di Guinea.

Ma l'ex amichetto di Washington, il Presidente a vita del Chad, Idriss Deby, ha iniziato ad essere insoddisfatto della sua piccola parte di profitti del petrolio controllato dagli USA. Quando lui ed il Parlamento del Chad all'inizio del 2006 hanno deciso di prendere di più dai redditi del petrolio per finanziare le operazioni militari e rinforzare il proprio esercito, il nuovo Presidente della Banca mondiale ed architetto della guerra in Iraq, Paul Wolfowitz, si è mosso per sospendere i prestiti al paese. Quell'agosto Deby, dopo aver ottenuto la rielezione, ha creato una compagnia petrolifera del Chad, la SHT ed ha minacciato di espellere la Chevron e la malese Petronas per non aver pagato le tasse dovute, richiedendo il 60 % di partecipazione all'oleodotto del Chad. Alla fine si è accordato con le compagnie petrolifere, ma stanno soffiando venti di cambiamento.

Deby inoltre affronta una crescente opposizione interna da parte di un gruppo ribelle del Chad, il Fronte Unito per il Cambiamento, conosciuto sotto il suo nome francese come FUC, che lui afferma essere segretamente finanziato dal Sudan. Il FUC ha la sua base nel Darfur.

In questa instabile situazione, Pechino si è presentata in Chad con un baule pieno di aiuti finanziari a disposizione. Alla fine di gennaio, il presidente cinese Hu Jintao ha fatto una visita di stato in Sudan, Camerun ed altri stati africani. Nel 2006, i leader cinesi hanno visitato non meno di 48 stati africani. Nell'agosto 2006 Pechino ha ospitato il Ministro degli Esteri del Chad per dei colloqui e la ripresa dei convenzionali collegamenti diplomatici troncati nel 1997. La Cina ha iniziato ad importare petrolio dal Chad come dal Sudan. Non molto petrolio, ma se Pechino ci sa fare, ciò presto cambierà.

Questo aprile, il Ministro degli Esteri del Chad ha annunciato che i colloqui con la Cina per una maggior partecipazione cinese nello sviluppo petrolifero del Chad stavano "progredendo bene". Si è riferito alle condizioni che la Cina richiede per lo sviluppo petrolifero, definendole, "associazioni molto più paritarie di quelle che eravamo soliti avere".

La presenza economica cinese in Chad, ironicamente, può essere più efficace nel placare il combattimento e l'esodo nel Darfur di quanto potrebbe qualsiasi presenza di truppe ONU o dell'African Union. Ciò non sarebbe gradito a qualche persona a Washington ed al quartier generale della Chevron, poichè non si ritroverebbero più petrolio che gli cola sulle loro grasse mani insanguinate.

Il Chad ed il Darfur non sono che una parte dell'ampio sforzo della Cina per assicurarsi "il petrolio alla fonte" in tutta l'Africa. Il petrolio oggi è anche il principale fattore della politica USA in Africa. L'interesse di George W. Bush in Africa include una nuova base USA a Sao Tome/Principe - 124 miglia al largo del Golfo di Guinea - da cui può controllare i giacimenti di petrolio del Golfo di Guinea dall'Angola al Sud del Congo, nel Gabon, nella Guinea Equatoriale, nel Camerun ed in Nigeria. Sembrano essere proprio le stesse zone in cui si è concentrata la recente attività cinese di investimento e diplomazia.

"Il petrolio dell'Africa occidentale è diventato di interesse strategico nazionale per noi" ha dichiarato l'Assistente al Segretario di Stato USA per l'Africa, Walter Kansteiner, nel 2002. Il Darfur ed il Chad non sono che un'estensione della politica "con altri mezzi" degli USA in Iraq - il controllo del petrolio ovunque. La Cina sta sfidando quel controllo "ovunque", in particolare in Africa. Ciò equivale ad una nuova Guerra Fredda per il petrolio non dichiarata.

F. William Engdahl è autore del libro, "Un secolo di guerra: la Politica petrolifera Anglo-Americana, Pluto Press Ltd. Il suo prossimo libro, "Semi di distruzione: Il lato scuro dell'ingegneria genetica" (Global Research Publishing) sarà pubblicato a giugno. Potete contattarlo sul suo sito Web, www.engdahl.oilgeopolitics.net.

Titolo originale: "China and USA in New Cold War over Africa’s Oil Riches"


Fonte: http://www.globalresearch.ca
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20.05.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILMARI