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Dal Giappone una scossa a chi ripropone un improbabile revival nucleare

di redazionale - 16/07/2007

 

Sono 4 le centrali nucleari che sono state fermate oggi in estremo oriente: 3 in Giappone a causa di un terremoto e una in Corea del Nord, a seguito di accordi internazionali contro la proliferazione nucleare.
Notizie, contesti e paesi diversi, ma un'unica certezza: il maggior rischio del nucleare rispetto a tutte le altre tecnologie energetiche.

Lo stop più grave è sicuramente quello della centrale atomica di Kashiwakazi-Kariwa. A seguito di una scossa di 6,7 gradi della scala Richter si era sviluppato un incendio che ha subito causato forte preoccupazione.
Seguendo un copione già visto in altri incidenti a centrali nucleari, le autorità hanno immediatamente rassicurato la popolazione escludendo perdite radioattive.
Putroppo, anche questa volta non era così: dopo la prima dichiarazione della compagnia elettrica Tepco, che gestisce la centrale atomica di Kashiwakazi-Kariwa, che escludeva qualsiasi rischio poiché "il fuoco si è sviluppato in un trasformatore che non è vicino ai cinque reattori", un portavoce della stessa Tepco ha parlato di "un reattore che ha perso dell'acqua contenente materiali radioattivi".

A chi in Italia cerca di riproporre un improbabile revival nucleare, ricordiamo che solo per una centrale atomica esiste il rischio che un terremoto possa determinare una forma gravissima di inquinamento, devastante per gli esseri viventi, quasi impossibile da bonificare e persistente per migliaia di anni e che anche l'Italia ha ampie aree a rischio sismico. Senza contare che lo stop di una centrale nucleare significa interrompere la fornitura di energia per ampie fasce di popolazione e di attività produttive.

Tecnologie che producono energia da fonti rinnovabili in modo distribuito sul territorio e la immettono in rete con un sistema simile a internet, sono infinitamente più innovative (la tecnologia nulceare ha più di 50 anni e non ha fatto significativi passi avanti), non presentano gli enormi rischi del nucleare (derivante anche dalla gestione delle scorie) e sono più convenienti dal punto di vista economico.

Un recente rapporto di Greenpeace ha messo in evidenza gli alti costi del nucleare: negli stati uniti per realizzare 75 reattori si stimavano costi per 34 miliari di euro, mentre i costi effettivi hanno raggiunto i 110 miliardi di euro; in India i costi per 10 reattori sono aumentati del 300% rispetto al budget previsto.
In tutto il mondo sono attualmente in costruzione 22 reattori, per 5 di questi la costruzione è iniziata più di 20 anni fa e non si sa se si riuscirà ad ultimarli, per altri 10, la costruzione è stata sospesa. Nella stragrande maggioranza dei casi non si rispettano tempi e costi preventivati.

Della mancata convenienza del nucleare è convinto perfino il Ministro Bersani, che un paio di mesi fa ha dichiarato che il nucleare "economicamente non puo' trovare la quadra, se non con un costo enorme sulla bolletta di imprese e cittadini".
Anche la Banca Mondiale ha avuto modo di sottolineare che "Nonostante i minori costi operativi, l’alto investimento iniziale richiesto dagli impianti nucleari preclude la loro scelta come una alternativa economicamente favorevole rispetto a ogni ragionevole assunzione concernente i prezzi del carbone del petrolio. Gli impianti nucleari sono quindi antieconomici perché in base ai costi attuali e previsti è improbabile che risultino la soluzione di minor costo. Ci sono inoltre evidenze che le cifre usualmente citate dai sostenitori siano sostanzialmente sottostimate, e sbaglino nel valutare i costi del deposito delle scorie, del decommissionamento degli impianti, e altri costi ambientali".

Fare Verde spera che il terremoto di Niigata scuota anche i filonuclearisti nostrani facendogli comprendere che la prima risposta da dare alla crisi energetica e al riscaldamento del pianeta è l'efficienza nella produzione e nell'uso dell'energia. In secondo luogo, e solo dopo aver messo mano a risparmio ed efficienza energetica, la produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili è l'unica strada che è realistico seguire.
Si tratta di andare verso una vera innovazione (i ricercatori italiani della Sapienza a Roma sono all'avanguardia nella sperimentazione di pannelli solari organici) abbandonando ogni obsoleta tentazione nucleare.