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Cambiare il treno, non il macchinista

di Andrea Marcon - 17/07/2007

     

 

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Il dibattito lanciato dalla proposta di Daniele Ombriti si fonda su un interrogativo che si è posto agli aderenti di Movimento Zero fin dalle loro prime riunioni: che rapporto avere con la politica “attiva”? Preferisco tralasciare le specifiche questioni relative alla Lista Civica Nazionale, che pure sono importanti e suscitano non poche perplessità. Penso ad esempio alla mancanza di una visione politica che vada al di là dell’espressione di valori (moralità, onestà, competenza) che – seppur fondamentali – dovrebbero costituire semplicemente dei presupposti di base e non degli obiettivi. Non voglio neppure entrare in valutazioni di merito sulla storia e le idee delle persone che tale lista hanno creato e valutare fino a che punto si possano considerare portatrici di un progetto veramente innovativo.
Credo che il punto fondamentale della questione prescinda infatti dalla bontà del progetto che Grillo & C. hanno proposto e risieda nelle ragioni di fondo che animano il pensiero di Movimento Zero. Noi non siamo nati per proporre facce nuove da contrapporre ai politici attuali. Nel nostro Manifesto non c’è scritto “No a Prodi”, “No a Berlusconi”, “No a Vattelapesca”, ma “No alla democrazia rappresentativa”.
Qualcuno crede ancora veramente che il problema di tutto risieda nelle persone che ci governano? C’è una metafora di Fini che credo sia molto chiara, e parla di un treno che corre all’impazzata senza un macchinista. A prescindere dal fatto che il vero potere non risiede più nei palazzi della politica ma in quelli ancora meno trasparenti della grande finanza, io credo che noi dovremmo scrollarci di dosso l’idea, in fondo rassicurante, che il sistema attuale possa essere abbattuto eliminando e sostituendo Tizio o Caio. Quell’epoca è finita da un pezzo, ed oggi non esistono dittatori la cui eliminazione possa garantirci la libertà. Questa è la grossa illusione che spinge ancora le persone a votare o a credere ieri in Berlusconi, domani in Montezemolo, Veltroni o… Grillo. L’ambizione di Movimento Zero deve essere per me quella di diffondere ed affermare una visione complessiva della società, dell’uomo e della politica radicalmente alternativa a quella attuale, non vendere comode ricette ed indicare nuovi messia. Qualcuno ritiene questa posizione improduttiva e pensa che la volontà di cambiamento possa essere attuata solo entrando nell’attuale agone politico. Capisco il senso d’impotenza che pervade tutti noi e la volontà di spezzare le catene che ci rendono sudditi, ma non credo che esistano scorciatoie al percorso di formazione di nuove categorie mentali, all’opera di “decolonizzazione dell’immaginario” indicata da Latouche. Fino a quando l’uomo moderno non avrà compreso le ragioni di fondo della sua condizione di essere smarrito e di cittadino frustrato, di automa consumatore e di individuo senza identità, non potrà neppure esistere una politica veramente diversa. Movimento Zero deve operare per farlo uscire dal suo ruolo di pecora che ogni cinque anni traccia passivo una croce su una scheda, non indicargli dove apporla.