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Tommaso Campanella: le "eresie" di un frate filosofo

di Enea Baldi - 17/07/2007

 


Giovanni Domenico Campanella nasce a Stignano una località dell'allora contea di Stilo in provincia di Reggio Calabria, il 5 settembre del 1568. Figlio di un calzolaio a soli quindici anni prende gli Ordini Domenicani con il nome di frà Tommaso, in onore di San Tommaso D'Aquino; qui studia filosofia e teologia dimostrandosi da subito un giovane intelligente ed acuto.
Abbandonate presto le teorie aristoteliche, attratto dall'empirismo di Bernardino Telesio, dal quale apprende che la conoscenza è sensazione e che tutta la natura ne possiede, nel 1592 il giovane Tommaso scrive la sua prima opera, Philosophia sensibus demonstrata (Filosofia dimostrata dai sensi).
L'atto di censura nei confronti del libro lo porterà ad essere inquisito e torturato - prima a Padova poi a Roma - dal suo stesso ordine monastico. La condanna per sospetto di eresia si concluderà con l'abiura da parte della "Congregazione del Sant'uffizio".
A Napoli il giovane frate si appassiona all'astrologia e i riferimenti di questa materia diverranno presto una costante nei suoi scritti. A causa delle idee non proprio ortodosse, Tommaso entra in conflitto con la Chiesa, viene denunciato dall'Inquisizione e citato presso il Sant'Uffizio e infine segregato in un convento fino al 1597.
Scontata la pena Campanella torna in Calabria dove è di nuovo accusato e inquisito, questa volta per cospirazione contro il potere spagnolo; l’accusa è quella di aver istillato nel popolo alcune idee platoniche, quali la formazione di una società basata sulla comunità dei beni e delle mogli. Tradito da alcuni suoi seguaci, Tommaso viene arrestato a Napoli e condannato a morte. Fingendosi pazzo il frate riesce a scampare alla morte ma non al carcere a vita.
Trascorrerà ben 27 anni recluso in un carcere della città partenopea e durante la prigionia scriverà le opere più importanti, tra le quali ricordiamo “La Monarchia di Spagna”, “Aforismi politici”, “Quod reminiscetur”, “Atheismus triumphatus”, “Teologia” e “Metaphisica”, nonché l’opera che in qualche modo lo rese celebre, “La città del sole”.
Grazie all’intercessione di Papa Urbano VIII presso la corte di Filippo di Spagna, Campanella viene trasferito a Roma presso il Sant’Uffizio e nel 1629 torna in libertà. Nel 1634 a causa di un’altra cospirazione in Calabria ad opera dei suoi seguaci, è costretto all’esilio in Francia, dove, con l’aiuto del cardinale Barberini e dell’ambasciatore francese de Noailles, viene ricevuto alla corte di Luigi XIII. Grazie al sostegno del re di Francia e del cardinale Richelieu, Tommaso Campanella sarà ospitato nel convento parigino di Saint-Honoré, dove morirà il 21 maggio del 1639.
Il pensiero di Campanella, in età giovanile, trae origine dalle conclusioni cui era giunto Bernardino Telesio; secondo il filosofo calabrese la natura va conosciuta nei suoi tre elementi fondamentali: caldo, freddo e materia. Se è vero, come è vero che tutti gli esseri sono composti da questi tre elementi, allora tutti gli esseri della natura sono dotati di sensibilità, poiché la struttura della natura è comune a tutti. Tommaso Campanella quindi va oltre le teorie telesiane (...anche i sassi possono conoscere...) portando quasi all’esasperazione il concetto di naturalismo, quando afferma che "i sassi conoscono perché nei sassi si ritrovano i tre elementi fondamentali".
Il mondo della natura viene investito di sacralità.
Sotto certi aspetti, per frà Tommaso, la natura è come un libro scritto dalla mano di Dio e per altri, il tempio vivente di Dio stesso. L'aspetto della vitalità é ciò che maggiormente conta agli occhi di Campanella, che in esso pone le basi di una rinnovata formazione religiosa e intellettuale dell'uomo. Il libro del mondo rappresenta il testo originale al quale rivolgersi, perchè sommo é il suo autore, mentre i libri dei filosofi (compresi i suoi scritti) non sono che trascrizioni, e in quanto tali, suscettibili di errori.
Campanella si pone dunque in polemica con la cultura del libro, nei confronti della quale l'appello alla natura riveste la funzione di un richiamo all'importanza dell'esperienza diretta. Pur senza intaccarne la figura, Tommaso entra in polemica con Pico della Mirandola - rappresentante per antonomasia dell’intellettualismo da biblioteca - quando dichiara di aver imparato dall' "anatomia", cioè dall'osservazione diretta, di una foglia o di un ragno, più di quanto avrebbe potuto apprendere da tutti i libri letti dallo stesso Pico. A questo proposito citiamo i versi di un proemio scritto dal frate: "Io, che nacqui dal Senno e di Sofia, sagace amante del ben, vero e bello, il mondo vaneggiante a sé rubello richiamo al latte della madre mia. Essa mi nutre, al suo marito pia; e mi trasfonde seco, agile e snello, dentro ogni tutto, ed antico e novello, perché conoscitor e fabbro io sia. Se tutto il mondo è come casa nostra, fuggite, amici, le seconde scuole, ch'un dito, un grano ed un detal vel mostra. Se avanzano le cose le parole, doglia, superbia e l'ignoranza vostra stemprate al fuoco ch'io rubbai dal sole".
L'esigenza dell'istruzione, costantemente proclamata da Campanella, deve fondarsi sull'esperienza, incarnandosi nella nuova formazione dell'intellettuale che deve essere pronto a sottrarsi ai condizionamenti della cultura tradizionale. In sintesi una vera e propria rivoluzione dell'istruzione popolare.
Il ridondante carattere utopistico degli scritti di Tommaso Campanella, come già accennato, toccherà il suo apice nell'opera “La città del sole”. Nel libro egli descrive una città ideale, utopistica appunto, governata da un re-sacerdote volto al culto del Dio Sole, un dio laico proprio di una religione naturale. Questo re-sacerdote si avvale di tre consiglieri, rappresentanti i princìpi su cui si basa la metafisica del frate filosofo: Potenza, Sapienza e Amore. In questa città vige la comunione dei beni e delle donne, teorie che ritroveremo in Tommaso Moro e poi nella famosa “Nuova Atlantide” di Francis Bacon.
Per quanto concerne la fede invece, Campanella crea una sorta di "scisma" (per il quale infatti trascorrerà quasi trent'anni recluso) discernendo due tipi di religione: una cosiddetta naturale e l’altra detta religione positiva, cioè quella che viene imposta dallo stato. La religione naturale - che il filosofo fa coincidere con quella cristiana più per timore delle ripercussioni della Chiesa che per sua convinzione, invece, rispetta l’ordine universale delle cose, seppure dichiaratamente imposta dallo Stato.
Un altro aspetto interessante del pensiero di Tommaso Campanella è rappresentato dalla sua concezione di Dio e della magia.
Secondo il filosofo, i tre elementi, materia, caldo e freddo, di cui è composta la natura, sono frutto della creazione divina. Questo Dio però, a differenza del Dio di Telesio, che non è interessato al mondo, in Campanella si manifesta continuamente attraverso le solite tre finalità: Potenza, Sapienza e Amore. A queste si contrappongono le "potenze negative", che possono variamente combinarsi alle tre finalità nell'ambito delle varie forme di magia che secondo Campanella governa tutte le cose del mondo. La magia può dirigere l’opera divina verso il bene, oppure può contrastarla, a seconda che sia una magia divina, cioè una manifestazione di Dio, o una magia diabolica, quindi in contrapposizione con l’opera di Dio; esiste poi una magia umana, anch'essa può essere sia di discendenza divina che diabolica. La magia si percepisce attraverso le sensazioni, che possono essere negative o positive: sensazioni che l’uomo coglie in quanto è parte integrante del sistema universale, sensazioni alle quali può sia opporsi che armonizzarsi: nel primo caso si tratta di magia negativa, nel secondo positiva. Tommaso Campanella sosteneva inoltre, che l'uomo, nell'annosa ricerca della conoscenza, era spinto non dalla razionalità ma dalla sensorialità, egli dichiarò infatti che "tutta la conoscenza è possibile solo grazie all'azione diretta o indiretta dei sensi"; la razionalità deriva dalla sensazione: non esiste una conoscenza razionale intellettiva che non derivi da quella sensitiva. Nel tentativo di rivalutare l'uomo e in contrapposizione con Telesio, Campanella afferma l'esistenza di due tipi di conoscenza: una innata, che poi è la conoscenza del nostro esistere, e una conoscenza esteriore, che si avvale dei sensi. La prima è definita ‘sensus additus’, la seconda ‘sensus abitus’. La conoscenza del mondo esterno appartiene a tutti, anche agli animali; la conoscenza di sé, invece, appartiene solo all’uomo. Quando Campanella sostiene che l'uomo può dubitare della conoscenza del mondo esterno, ma al contrario non può dubitare della conoscenza di se stesso, egli sostiene le tesi di Sant'Agostino; questo ‘sensus additus’ sarà inoltre il punto essenziale della filosofia cartesiana, basata sul "cogito ergo sum".