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Cerchi di decrescita

di Paolo Cacciari - 18/07/2007

 

 

Se è vero che la nostra società è drogata dallo "sviluppiamo", dalla dipendenza dal possesso di merci, le uscite possono essere solo due: rimanerci secchi intossicati; oppure salvarsi affrontando le inevitabili crisi di astinenza. Nel secondo caso i metodi sono un paio: alla Muccioli, cioè affidandoci ad autorità esterne "forti" che ci imporranno costrizioni e violenze "per il nostro bene", oppure trovando in noi stessi la forza di scegliere di rimotivare la nostra vita, modificando stili e comportamenti.

Maurizio Pallante ci regala uno supporto audio [un dc con testo a fronte], "Discorso sulla decrescita. Manifesto per una felice sobrietà " [Luca Sossella editore], per rinsaldare la nostra volontà di fuoriuscita dalla giostra dell'intossicazione produttivistica e consumistica. Un discorso di mezzora tutto-d'un-fiato, lucido, pacato, stringente, ragionante… Una forma di divulgazione dei concetti già descritti ne "La decrescita felice" [Editori Riuniti, 2005]; tracce delle conferenze che l'autore è chiamato a svolgere sempre più spesso in giro per l'Italia nelle scuole, nelle feste ambientaliste, tra i gruppi ecologisti e del consumo critico.

L'approccio di Maurizio alla decrescita è rigoroso, viene da lontano, affonda nei suoi studi umanistici e mette radici solide nella critica all'uso irrazionale delle risorse energetiche. Accanto a Bebbe Grillo e ai conduttori di Caterpillar [la fortunata trasmissione del secondo canale radiofonico] si scopre efficace divulgatore scientifico.

In questa "lezione" Maurizio ci richiama l'attenzione sulla differenza che esiste tra merci e beni. Ricchezza, benessere, felicità dipendono dalla possibilità che ciascuno di noi ha nel soddisfare bisogni e desideri. Ma non è detto che li si trovino sempre sugli scaffali del supermercato. Così come non è possibile realizzaci come persone in occupazioni alienanti, in sforzi inutili o persino negativi per l'ambiente. Per Pallante il primo passo nella via per liberarci dal paradigma incrementale della crescita è l'autoproduzione, sono le forme economiche della sussistenza, i rapporti interpersonali fondati sulla reciprocità del dono, i legami sociali comunitari. "La decrescita indotta dall'autoproduzione dei beni [e dei servizi alle persone] è fattore di felicità". Pallante non ci propone una vita ascetica. La sua idea è che ci possa essere una società con un'economia articolata in "tre cerchi concentrici. Il cerchio interno contiene l'area dell'autoproduzione di beni e servizi. La prima corona circolare l'area degli scambi fondati sul dono e la reciprocità. La corona circolare esterna l'area degli scambi mercantili. In essa le filiere più corte sono più interne". Quindi sarebbe possibile anche "uno sviluppo tecnologico diversamente orientato", attraverso una "riunificazione del sapere come si fanno le cose [cultura scientifica] con la ricerca di senso per cui si fanno [cultura umanistica]".

Maurizio non risparmia critiche alla sinistra per essere prigioniera del paradigma culturale della crescita. Mentre invece una "cultura autenticamente progressista" non può che opporsi alla "onnimercificazione". Pensa che "i cittadini consapevoli" possano impegnarsi politicamente soprattutto a livello locale per imporre scelte politiche mirare alla sostenibilità: "non c'è progresso senza conservazione", non solo della natura, ma anche dei saperi e della tradizione. Affermazioni che mi fanno venire in mente un'altra stimolante recente lettura di Bruno Arpaia, "Per una sinistra reazionaria", [edizioni Le fenici rosse, 2007] e che rimandano alle conclusioni del nuovo lavoro di Serge Latouche ["La scommessa della decrescita", Feltrinelli, 2007]. Ma sulle strategie politiche della decrescita invito alla lettura dell'inserto di Aprile del mese di giugno "Decolonizzaimo l'immaginario", curato dalla Associazione per la Decrescita.

www.lucasossellaeditore.it