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In barca, a Gaza

di Silvia Cattori - 19/07/2007

 

 

Greta Berlin, 66 anni, è una donna d'affari di Los Angeles. E' madre  di due bambini con doppia nazionalità palestinese e statunitense. 

Negli ultimi quattro anni, ha raggiunto per due volte la Palestina  occupata con l’International Solidarity Movement. Membro delle Donne  in Nero, è una delle numerose persone che hanno organizzato un  progetto poco usuale: andare a Gaza in nave. E' loro intenzione  sfidare l'affermazione delle autorità israeliane secondo la quale  Gaza non è più occupata. Nell'intervista che ha rilasciato a Réseau  Voltaire, Greta Berlin spiega le ragioni di questa coraggiosa impresa.

Silvia Cattori: Sul vostro sito Free Gaza, si può leggere questo: 

"Abbiamo cercato di entrare in Palestina via terra. Abbiamo cercato  di entrarci via aria. Questa volta prenderemo una nave" (1). E' un  tentativo unico. Perché Gaza in particolare? E perché andare in barca  in uno dei luoghi più sorvegliati al mondo?

Greta Berlin: Israele afferma che Gaza non è più occupata. Bene, se  questo è vero, allora noi abbiamo il diritto di andarci. La verità è  che Israele controlla tutte le entrate a Gaza e che la popolazione è  più che mai isolata dal mondo. Gli internazionali non possono  accedere a Gaza attraverso la frontiera con l'Egitto, e anche, la  frontiera di Erez con Israele è chiusa a quasi tutto il mondo.

Così 50/80 di noi tra uomini e donne, partiranno da Cipro verso la  fine di quest'estate. Molti tra di noi hanno più di 50 anni: uomini e  donne di ogni origine e nazionalità ­ Palestinesi, Israeliani,  Australiani, Greci, Statunitensi, Inglesi, Spagnoli, Italiani ­ si  imbarcheranno su un battello chiamato FREE GAZA. Uno di questi  passeggeri, la signora Hedy Epstein, è una sopravissuta  dell'olocausto, e due o tre Palestinesi sono dei sopravvissuti della  Nakba. tra di noi hanno il divieto di accesso nei territori occupati  perché volevamo portare la testimonianza di quello che Israele fa  subire ai Palestinesi.

Silvia Cattori: Questa partenza via mare verso la Palestina avviene  60 anni dopo la partenza da Marsiglia del battello Exodus per la  Palestina, il 27 luglio 1947, con 4500 rifugiati ebrei a bordo. Avete  voluto far coincidere la vostra partenza con quella del 1947?

Greta Berlin: E' una pura coincidenza. La ragione per la quale  partiamo quest'anno è perché cade il secondo anno dalla pretesa  ritirata dell'occupante israeliano.

Ed invece Gaza è più che mai assediata e le condizioni di vita, già  difficili, degli abitanti di Gaza si sono aggravate da allora. Si  tratta quindi per noi di attirare l'attenzione del mondo sulla  terribile negazione dei diritti civili e umani dei Palestinesi.

Silvia Cattori: Entrare nelle acque di Gaza non è un cosa semplice!  Credete veramente che la marina militare israeliana vi lascerà  penetrare?

Greta Berlin: Israele non ha il diritto di impedirci di andare a  Gaza, quindi noi ci andiamo. La legge internazionale dice che noi  abbiamo il diritto di recarci a Gaza.

Ricordatevi, che nel luglio 2005, le autorità israeliane hanno  proclamato che la Striscia di Gaza non è più occupata. Se Gaza non è  più occupata perché non dovremmo andarci? Lasciamo che le autorità israeliane provino che Gaza non è più occupata lasciandoci entrare. 
Questo viaggio è un tentativo per sfidare Israele sulle sue stesse  affermazioni. Siamo invitati da numerose ONG a visitare i loro locali  e le cliniche. Con quale diritto Israele può vietarci queste visite? 
Lo ripeto noi dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per  attirare l'attenzione del mondo sul fatto che il blocco militare  israeliano porti lentamente alla morte la gente di Gaza. Sappiamo  benissimo che questo viaggio sarà difficile, ma siamo determinati. 
Noi possiamo, sia lamentarci dell'inerzia della comunità  internazionale, sia fare qualcosa che la faccia svegliare e che la  faccia reagire. Se noi, che abbiamo constatato la situazione, non  facciamo nulla che credibilità potremmo ancora avere agli occhi dei  Palestinesi sotto occupazione?

Abbiamo pianificato questo viaggio da molto tempo, riflettendo  accuratamente su quale fosse il modo migliore per dimostrare il  nostro sostegno. Abbiamo discusso la possibilità di andare a Gaza per  ostenere il diritto al rientro dei Palestinesi scacciati nel 1948. 

Il nostro viaggio doveva segnare i 60 anni dall'occupazione. Ma  Abbiamo preso in considerazione il fatto che è era molto più  importante smentire l'affermazione di Israele secondo la quale Gaza  non è più occupata e i suoi abitanti sono liberi.

Secondo la legge internazionale, il mare di Gaza, con i suoi 40  chilometri di coste, appartiene ai Palestinesi e Israele non ha alcun  diritto di controllo. Anche gli accordi di Oslo riconoscono che la  costa di Gaza appartiene ai suoi abitanti.

Silvia Cattori: Cosa volete dimostrare?

Greta Berlin: Vogliamo dimostrare che Israele e gli Stati Uniti  stanno affamando gli abitanti di Gaza perché hanno eletto  democraticamente il governo Hamas. Vogliamo fare appello alle  coscienze dei cittadini del mondo, dicendo loro: "Svegliatevi. Voi  non potete continuare a girare lo sguardo di fronte ai crimini  commessi da Israele. Voi non potete continuare a chiudere gli occhi  sul lento genocidio dei Palestinesi".

Noi pensiamo che è molto importante dimostrare che Israele ha  mentito, che Gaza non è mai stata liberata. Le navi da guerra  israeliane non hanno mai cessato di aprire il fuoco sui battelli da  pesca palestinesi, uccidendo numerosi pescatori nel corso degli  ultimi due anni. Cosa avevano fatto queste persone se non pescare per  nutrire le loro famiglie? Che crimine commette Israele sparando sulla  gente che ha il diritto di pescare nelle proprie acque?

Silvia Cattori: Credete seriamente che voi potete far fronte alla  potenza militare di Israele?

Greta Berlin: Noi ci proveremo. La nostra missione è di andare a Gaza.

Certamente, prevediamo che saremo fermati. Ma insisteremo sul fatto  che noi abbiamo, legalmente e moralmente, il diritto di andarci. E  abbiamo un po' di giornalisti a bordo per raccontare quello che  succederà, allora lasciamo che provino a fermarci. Si potrà  dimostrare che la "libertà per Gaza" proclamata da Israele è una  completa mistificazione. Questo territorio è ancora occupato e la sua  popolazione quotidianamente terrorizzata.
Silvia Cattori: Quindi la vostra missione ha essenzialmente  obbiettivi politici?

Greta Berlin: Esattamente. Gaza ha il diritto di essere libera. Anche  se li abbiamo, il nostro obiettivo non è quello di convogliare viveri  e medicinali. Come qualsiasi altro popolo, il popolo di Gaza vuole  poter viaggiare, commerciare, lavorare in pace e beneficiare del  diritto di controllare il proprio destino. Dovrebbe avere il diritto  di utilizzare l'aeroporto, distrutto dagli Israeliani cinque anni fa,  e dovrebbe avere il diritto di pescare nelle proprie acque.

Certamente la catastrofe umanitaria è importante, ma essere liberi è  un'importanza vitale per questa gente. La comunità internazionale  deve fare pressioni su Israele e aiutare a ricostruire le strutture  interne dei Palestinesi permettendogli di costruire la loro società. 

Ma la nostra missione è di avvertire Israele, gli Stati Uniti e  l'Unione Europea, che hanno la responsabilità della sopravvivenza di  1,4 milioni di persone.

Silvia Cattori: E' un grande progetto quello che voi lanciate!

Greta Berlin: I Palestinesi non hanno ottenuto nulla dopo tanti  supposti "processi di pace". Tutti gli sforzi internazionali sono  falliti. Noi ci auguriamo di contrastare la disinformazione diffusa  ormai da 60 anni in favore di Israele, al posto della reale storia  della espropriazione dei Palestinesi. Il mondo non può  indefinitamente aspettare che Israele vada a sedersi seriamente al  tavolo dei negoziati. Anche le ONG sono incapaci di dire la verità  per paura di perdere il sostegno internazionale. Più di 65  risoluzioni dell'ONU hanno cercato di far pagare le malefatte ad  Israele, ma ogni volta si sono viste porre il veto degli Stati Uniti. 

Per 60 anni i Palestinesi hanno atteso che si renda giustizia. Per  quanto tempo ancora dovranno pagare il prezzo di quello che l'Europa  ha fatto pagare agli ebrei? Per quanto tempo ancora la comunità  internazionale distoglierà gli occhi dicendo: "Non abbiamo visto, non  sappiamo"?

Silvia Cattori: Sperate che altre barche si uniscano a voi?

Greta Berlin: Tutti quelli che possiedono una barca, tutti quelli che  vogliono unirsi a noi per rompere l'assedio sono i benvenuti. Più  battelli si uniranno a noi, più grandi saranno le possibilità di  essere ascoltati.

Silvia Cattori: Non ci vuole una certa dose di coraggio per lanciarsi  in una tale avventura?

Greta Berlin: Mi dico che, se Hedy Epstein che ha 82 anni, e Mary  Hugues che ne ha 73, e tanti altri che anno più di 70 e più di 80  anni possono fare questo viaggio, allora devo esserne capace anch'io. 

Non penso che chiunque tra noi si consideri coraggioso, penso che noi  siamo determinati a fare ascoltare la voce dei Palestinesi e che, se  noi possiamo, dobbiamo farlo. Non possiamo distogliere lo sguardo  quando Israele bombarda ogni giorno donne e bambini.

Silvia Cattori: Come mai siete così sensibili al dramma dei Palestinesi?

Greta Berlin: Quando vivevo a Chicago, Illinois, ho sposato un  Palestinese, rifugiato dal 1948. E' allora che ho iniziato a scoprire  la verità sulla pulizia etnica di 750.000 Palestinesi per costruire  uno stato ebraico. Siccome mi impegnavo di più, negli anni 60 e 70,  un gruppo chiamato Jewish Defence League ha minacciato di prendersela  con i miei due figli, dicendo che li avrebbe uccisi se continuavo a  militare per la giustizia per i Palestinesi. Per 20 anni ho  abbandonato la lotta, dedicandomi ai miei figli e alla carriera  professionale. Non ero pronta a mettere in pericolo la sicurezza dei  miei figli per la causa che sostenevo.

Nel 1977, una volta che i miei figli sono cresciuti e hanno lasciato  la casa, ho ripreso la militanza e a scrivere lettere. Non potevo  credere che, dopo 20 anni, la situazione dei Palestinesi potesse  peggiorare ogni giorno. Il 29 settembre 2000, Mohammed Al Dura, un  piccolo ragazzo di Gaza di 12 anni fu ucciso da un soldato  Israeliano. Qualcuno aveva filmato questa morte. Ne fui spaventata e  sconvolta.

Quando Rachel Corrie (2) fu schiacciata da un bulldozer israeliano,  nel marzo 2003, e Tom Hurndall (3) fu colpito da un proiettile alla  testa qualche giorno più tardi ­ due persone che difendevano i  diritti dell'uomo in seno all'International Solidarity Movement a  Gaza ­ ho deciso di andare nei territori occupati per vedere con i  miei occhi quello che Israele fa sopportare alle popolazioni dei  territori che occupa.

Silvia Cattori: L'International Solidarity Movement (ISM) non è  considerato da Israele come un movimento terrorista?

Greta Berlin: In verità no. I volontari dell'ISM sono delle persone  pacifiche che credono nella protesta non violenta contro  l'occupazione. Il solo terrorismo che ho visto durante i cinque mesi  che ho passato in Palestina, tra il 2003 e il 2005, è la violenza  militare israeliana contro di noi, e la violenza dei coloni illegali  contro i Palestinesi e quelli tra di noi che cercano di proteggerli. 

Sono stata ferita ad una gamba da un proiettile di acciaio rivestivo  di gomma, quando protestavo contro il terrificante muro che Israele  sta costruendo. E, come centinaia di militanti per la pace, ho subito  le granate lacrimogene e le bombe assordanti gettatemi addosso a  Bil'in. Mentre portavo a scuola dei bambini palestinesi a Hebron, i  bambini dei coloni ci hanno gettato delle pietre e sono stata ferita  ad una mano e al femore.

Quasi tutti quelli che si imbarcheranno sulle navi sono stati  picchiati, feriti da proiettili, o asfissiati dai gas lacrimogeni dai  militari israeliani. Molti tra di noi sono stati arrestati per aver  protetto delle donne e dei bambini. Le autorità israeliane sanno  molto bene che noi non abbiamo nessun legame con le organizzazioni  terroriste. Ma Israele è spaventato all'idea che noi possiamo tornare  nei nostri rispettivi paesi e raccontare la verità su quello che i  suoi soldati fanno subire al popolo palestinese sotto occupazione. E'  questo che Israele teme: la verità.

Noi ci siamo impegnati ad andare a Gaza. E attendiamo con impazienza  il sostegno di tutti i progressisti che si uniranno a noi. Anche se  non riusciremo ad attraccare, avremmo almeno tentato e faremo  conoscere al mondo la reale situazione. Credo che tutti, su questa  nave, condividono le stesse convinzioni. Conosciamo gli ostacoli. E  non si tratterà di un solo viaggio. Ci ritorneremo; è una strategia  per far conoscere al mondo la verità sull'occupazione israeliana.

Silvia Cattori: Cosa contate di fare una volta arrivati a Gaza?

Greta Berlin: Andremo a pescare. Venite, unitevi a noi, prendete le  vostre canne da pesca.


Fonte: www.voltairenet.org

6.07.07

Tradotto per www.comedonchisciotte.org da CLAUDIA

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php? name=News&file=article&sid=3561