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Lettera aperta al Prof. Umberto Galimberti sul mestiere dell'insegnamento

di Prof. Gianfranco Chicca - 19/07/2007

 

 

Gentile prof. Umberto Galimberti, la mia stima nei suoi confronti (è ai suoi articoli che devo ad esempio la conoscenza dell’importante opera di Giovanni Semerano) mi ha impedito fino a oggi di esprimere una  critica  alla Sua risposta alla lettera della professoressa del 10 marzo di quest’anno : “Reclute fallimentari”.

Le scrivo perché l’immagine del sistema scuola che ne esce fuori dalla sua rubrica risulta completamente negativa. Ho l’impressione (e spero di sbagliarmi) che anche Lei stia partecipando alla demolizione dell’immagine dei docenti e della scuola pubblica che si sta operando in questi ultimi tempi anche da parte di politici di ogni schieramento. Perché tutto questo accanimento ?  Dopotutto se c’è un valore che è ancora sano nella nostra società è proprio quello della scuola pubblica con l’onestà e la libertà  intellettuale di tanti docenti lasciati soli ad operare in realtà sempre più difficili nelle varie scuole ‘a rischio’, e invece di essere denigrati dovrebbero ricevere la fiducia e l’appoggio delle istituzioni.

Tuttavia Lei fa l’elogio dei professori, anni ’50, che nella loro attività si rivolgevano ai ‘primi’ della classe, lasciando gli ‘ultimi’ ai pochi ‘Don Milani’ (quando andava bene).

È vero, oggi la realtà dei docenti è variegata come in ogni altra categoria di lavoratori e professionisti: la scuola non è stata solo l’ultima spiaggia per insegnanti incapaci, ma ha rappresentato proprio per quei giovani laureati “pieni di vita, intelligenza e carica emotival’opportunità di continuare a coltivare i propri interessi culturali. È altresì vero che il problema della loro (nostra) selezione rimane irrisolto e personalmente, dopo aver superato un concorso ordinario, corsi riservati e la SSIS, rimango alquanto perplesso sull’efficacia di questi strumenti dove si esalta il nozionismo di altri tempi e non si parla quasi mai di didattica e di psicologia dell’insegnamento.

Ma sono soprattutto le soluzioni da Lei proposte che non mi sembrano adeguate al contesto italiano, come quella di dare autonomia agli istituti scolastici “introducendo la libertà di assunzione e licenziamento”: ma siamo sicuri che questa sia la strada da percorrere per migliorare la scuola ? a tal proposito mi permetto di ricordare che in Italia la cultura del nepotismo non è del tutto tramontata e questo, a quanto si legge dai giornali, è un problema che affligge soprattutto le università (la sua analisi inoltre si ferma alla scuola superiore e non ‘tocca’ l’università : anche lì i ricercatori sono in attesa che “tutti gli insegnanti apatici e indolenti vadano in pensione” ? ). 

Una proposta ? Cominciare ad avere la curiosità di conoscere le nuove generazioni di docenti e senza immagini stereotipate anche perchè non è detto che siano peggiori dei prof. d’altri tempi.

E poi quelle “reclute fallimentari” (i docenti anni ’70-‘80) non sono state selezionate (attraverso i concorsi ordinari e qualche ignobile sanatoria) proprio da quei professori di “eccezionale bravura” (anni ’50 e ’60)? e allora “in base ai meriti e demeriti” dovremmo arrivare a chiedere dei risarcimenti? Meglio di no, (poveri prof.) qualcuno potrebbe domandarsi da chi sono andate a scuola le ‘ultime classi’ dirigenti.

 

Con sincera stima

 

Prof. Gianfranco Chicca