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Foreste: piccoli prodotti, grande protezione

di Marinella Correggia - 19/07/2007

 

Non per nulla è il mestiere più antico del mondo. La raccolta di erbe, semi, frutti spontanei, commestibili e spesso medicamentosi attinge a una miniera di risorse vitali fin dalla preistoria. In Occidente questa nobile tradizione sicuramente matriarcale è stata quasi abbandonata ma mostra segni di ripresa anche in Italia, dove sono migliaia le specie utilizzabili. Si moltiplicano - nelle aree ancora non mortalmente inquinate - i corsi di fitoalimurgia (alimentazione con piante spontanee), le escursioni per il riconoscimento, le feste «selvatiche».
Che ci sia una mensa e una farmacia in ogni bosco e tanto più in ogni pezzetto di foresta tropicale, concentrato di biodiversità, non stupisce. Ma piacevolmente sorprende un recente studio dell'Itto (International Tropical Timber Organization), organizzazione intergovernativa creata nel 1986 sotto gli auspici delle Nazioni Unite per «promuovere la conservazione e la gestione e il commercio sostenibili delle risorse forestali tropicali». Non che ci siano riusciti, finora, i 59 stati membri dell'Itto, produttori e consumatori, che rappresentano circa l'80 per cento delle foreste tropicali del mondo e il 90 per cento del commercio di legname tropicale.
Il rapporto di cui si diceva (ce ne riferisce Planet Ark, servizio di informazioni ambientali della Reuters) è basato su 20 studi di caso in tre continenti ed è stato presentato lunedì nel corso di una conferenza nel Nord-Est del Brasile. Indica una strada che da tempo si sarebbe dovuta percorrere: quella dei raccoglitori, appunto. I piccoli progetti comunitari di raccolta e trasformazione di frutti, noci ed erbe, e in generale di sottoprodotti forestali non solo alimentari sono il modo migliore per alleviare la povertà e al tempo stesso proteggere l'Amazzonia e altre foreste tropicali. Eppure, ammette l'Itto, sono stati in gran parte ignorati dai governi. Tecnicamente questa categoria di risorse sostenibili è chiamata «non-timber forest products and services» (Ntfps), ovvero prodotti e servizi forestali non legnosi. Essi generano nel lungo periodo più reddito - e meglio distribuito - di molte compagnie del legname. Occorrono popolazioni che vivano e lavorino nelle foreste, dice il rapporto, perché hanno una visione di lungo respiro della gestione delle risorse. In Nepal, ad esempio, l'estrazione di succo dalla pianta bel da parte delle comunità contribuisce a rinvigorire le foreste degradate e aiuta a prevenire l'insostenibile estrazione del legname.
La gestione forestale comunitaria è cresciuta negli ultimi anni grazie al decentramento politico e al riconoscimento, in diversi paesi, dei diritti storici sulle terre indigene. Ma la competizione da parte del business forestale è grande quanto l'indifferenza di tanti governi. In Brasile, ad esempio, molte comunità locali sono «sfrattate» dai tagliatori di alberi, da coloni e dalle miniere. Un altro problema è la mancanza di infrastrutture per far giungere i prodotti a consumatori esterni alla comunità. Lavoratori e indios hanno colto l'occasione della conferenza per mandare una lettera al Ministro dell'Ambiente del Brasile, Marina Silva, chiedendo norme e aiuti finanziari per i progetti comunitari nella foresta.
Ha dichiarato il direttore esecutivo dell'Itto Manoel Sobral Filho: «Se il governo dedicasse alla gestione sostenibile della foresta anche solo una frazione di quanto destina al sostegno alle aziende agricole, ci sarebbe una rivoluzione protezionista in Amazzonia». Invece la foresta continua a subire i colpi del business del legname, degli allevatori, degli speculatori.
Rimane da sperare che i Ntfps, da decenni evocati e negletti al tempo stesso, si facciano strada. Dal 23 al 28 settembre in Cina si svolgerà una conferenza mondiale per promuovere lo sviluppo dei Ntfps. Organizzatori l'Itto e le autorità cinesi. Produttori, commercianti e consumatori condivideranno le esperienze, e insieme ai politici cercheranno strategie che proteggano foreste e comunità.