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Piano Iraq: occupazione permanente

di Stephen Lendman - 23/07/2007

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16 Luglio 2007


Il Congresso è tornato al lavoro dopo la sua pausa del 4 di Luglio, e con esso le spacconate e le pose politiche per far si che tutto cambi affinché niente cambi, compreso ciò che si sa che non funziona. E' il solito vecchio schema, di nuovo, di prendere in giro abbastanza gente e soprattutto abbastanza a lungo per arrivare al prossimo cambio di rotta per iniziare il ciclo di nuovo. Anche i ciechi possono vedere l'assenza di prospettive nel rimanere in Iraq. A parte la sua illegalità e immoralità, insistere in uno sforzo già rivelatosi infruttuoso è la definizione classica di pazzia -- continuare nelle stesse politiche attendendosi risultati diversi.

La sola opzione intelligente ed onorevole è un rapido e pieno ritiro, insieme alla fornitura di miliardi di dollari per gli Iracheni perché ricostruiscano quello che abbiamo distrutto e non abbiamo intenzione di rimettere in piedi, ora e in futuro, al di là di quello che è necessario per mantenere un'occupazione permanente. La sola altra onorevole opzione è confessare ciò che nessuno a Washington compreso i grandi media sono disposti a dire -- che l'Iraq e l'Afghanistan sono guerre illegali di aggressione che rendono l'amministrazione responsabile di crimini di guerra che richiedono una formale messa in stato d'accusa.

Questo non accadrà e l'amministrazionje e il Congresso non faranno niente di più significativo che dire una cosa e farne un'altra. Si tratta di un canovaccio sempre rispettato dall'11 Settembre, specialmente per quanto riguarda l'Afghanistan e tutta la preparazione dell'invasione dell'Iraq. Entrambe le guerre sono state imposte attraverso menzogna ed inganno. Sono basate su fittizie minacce di "nemici esterni" senza i quali nessuna "guerra al terrore" potrebbe esistere, e nessuna guerra imperiale potrebbe essere iniziata.

Queste sono possibili solo spaventando abbastanza il pubblico da fargli credere che la minaccia è ancora reale, e che il "Nemico Numero Uno" Osama Bin Laden (reclutato attraverso l'ISI pakistano come agente della CIA negli anni 80) e al-Qaeda lo rappresentano. Quindi con Saddam morto e nessuna arma di distruzione di massa trovata, mantenere la rotta è vitale per la sicurezza della nazione anche quando, di fatto, la verità è tutto il contrario, gridare al lupo suona falso, e tenere nascosta la faccenda del petrolio diventa più difficile. Ma gli strateghi vanno avanti con la complicità dei Democratici come parte altrettanto importante della messa in scena dei Repubblicani e dei lealisti di Bush, che si riducono a una manciata di nostalgici ancora in posizione di fare rumore.

Con le "mura di Gerico" che crollano intorno a lui come all'uomo più odiato del mondo e una scarsa credibilità delle istituzioni, una patetica caricatura di presidente continua a chiedere tempo. Sostiene che è necessario scongiurare la minaccia "di uccisioni di massa ad un terribile livello" in Iraq, e un buon numero anche a casa. Continua dunque ad insistere sulla stessa logora idea che la guerra può essere vinta, il 'surge' sta funzionando, se gli si dà abbastanza tempo, ed il ritiro sarebbe disastroso. Siate pazienti, ci viene detto, e a Settembre ne sapremo di più.

Il governo fantoccio dell'Iraq viene rimprovarato per le cose che vanno male e nessuno a Washington punta il dito nella direzione giusta. George Bush non può fare niente di diverso che continuare a chiedere al Congresso e all'opinione pubblica "di dare (al generalissimo) Petraeus una possibilità di arrivare al 15 Settembre e dirci se la sua (inefficace) strategia sta funzionando, e quindi possiamo lavorare insieme per andare avanti (e avvicinarci sempre più alla scarpata)".

Alla sua conferenza stampa del 12 Luglio, non ha mai menzionato, e i giornalisti presenti non lo hanno mai pressato a farlo, la precedente cupa valutazione della situazione sul terreno fatta dal direttore della CIA Michael Hayden. Lui ha definito il governo fantoccio dell'Iraq "incapace di governare" e la sua incapacità di farlo "irreversibile". Non è stata discussa neanche la richiesta avanzata in Luglio dall'agenzia per i rifugiati dell'ONU di aver raddoppiato il suo bilancio per l'Iraq, alla cifra di 123 milioni di dollari, per i crescenti bisogni umanitari di circa 2.000 persone al giorno che stanno fuggendo dalla violenza incontrollabile che c'è nel paese (60.000 al mese) ed una stima di quattro o più milioni di profughi sfollati dentro e fuori del paese.

Non ci sono stati commenti e domande su quello che sia il giornalista Chris Hedges che Laila al-Arian (figlia per prigioniero politico USA Sami al-Arian) hanno riferito nel numero 30 di Giugno di The Nation. Sulla base di interviste fatte a 50 veterani dall'Iraq (dal grado di soldato semplice a quello di capitano), hanno scritto di "inquietanti modelli di comportamento da parte delle truppe USA" ed di un indiscriminato ricorso alla forza (con fotografie che lo provavano) che assommano ad una "impresa depravata". Sono stati menzionati racconti di soldati americani che uccidevano civili iracheni senza ragione, compreso bambini, è stato detto che queste azioni sono normali, che non vengono riportate, che sono raramente investigate, e quasi sempre non comportano punizioni.

I commenti di George Bush (e la maggior parte di altri) ignorano anche che 7 Americani su 10 sono a favore di un ritiro delle truppe, oltre il 60% dicono che la guerra è stata un errore, solo uno su cinque crede che il 'surge' migliorerà le cose, e nuovi sondaggi mostrano che queste cifre peggioreranno con il prolungarsi del conflitto. L'indice di gradimento per il Presidente è appena poco al disopra dei minimi storici raggiunti dai tempi in cui si cominciarono a fare sondaggi con Richard Nixon, Harry truman -- durante l'impopolare guerra di Corea -- Jimmy Carter -- per poco negli anni 80 -- e suo padre a dividersi gli onori del fondo classifica.

Forse George Bush non è proprio l'ultimo grazie a qualche creativa manipolazione dei dati o come risultato delle domande che vengono poste, a chi, il linguaggio usato, e l'ordine in cui vengono presentate. Sembra probabile per il più disprezzato, screditato e disonorato presidente USA di tutti i tempi. Persino sondaggisti più scaltriti, comunque, possono fare poco per salvare il gradimento di Dick Cheney. Ad uno scarso 12%, si tratta del risultato più misero di tutti i tempi per un presidente o un vicepresidente, con largo margine.

La ragione è semplice. Una decisiva maggioranza nel paese ritiene che la guerra non possa essere vinta, è stata un errore, vuole che finisca, e sa che era basata su menzogne. La gente si risente quando capisce di essere stata presa in giro. Persino attraverso le pesantemente filtrate notizie della grande stampa, sanno che la situazione è fuori controllo e che si tratta di uno spaventoso crimine contro l'umanità compiuto dagli USA, di un'atrocità di enormi proporzioni.

Nessuno in Iraq è al sicuro, ovunque si trovi, persino nella fortezza super sorvegliata della Green Zone che è sempre più assediata da attacchi quotidiani che causano danni, ferimenti e uccisioni. Di pochi si dà notizia, ma quello del 10 Luglio fu condotto con due o tre dozzine di razzi katiusha e granate di mortaio che colpirono all'interno della "comunità più recintata" del mondo uccidendo almeno tre persone e ferendone 25 o più. Per tutta la nazione, la violenza si è da tenmpo avvitata in una spirale fuori controllo, e da quando il 'surge' iniziò in Febbraio, persino il Pentagono ammette che le cose sono andate peggio, non meglio, nel suo rapporto trimestrale al Congresso.

Il rapporto contraddice l'affermazione del generalissimo Petraeus di "stupefacenti segni di normalità" a Baghdad e "incoraggianti" progressi anche se lui (e altri alti papaveri) avevano detto prima che non c'era soluzione militare al conflitto. La sola cosa "incoraggiante" circa Petraeus è la sua incoerenza e che è anche più incompetente di Custer a "Little Bighorn", o un uomo che direbbe qualsiasi cosa pur di far piacere a George Bush. Sul terreno, di fatto, le morti dei civili sono più numerose che mai. Ora sono ben oltre le 5.000 al mese note, tra le tante altre di cui non si saprà mai niente, nonostante i numeri di Giugno, che sono troppo bassi per essere credibili e dovrebbero essere messi da parte come insignificanti. In aggiunta, le forze USA stanno sostenendo nel periodo da Aprile a Giugno più attacchi e registrando il più alto numero di caduti e feriti dall'inizio della guerra.

Quasi tutti fuori dell'amministrazione sanno che la guerra è persa, ma nessuno ha abbastanza coraggio per ammetterlo o fare qualcosa al riguardo. Così cambiare la missione significa "fuori i siluri" con la grande stampa sempre pronta a dare forma ai fatti perché si adattino alle politiche. L'ammiraglio Farragut sarebbe orgoglioso.

Ora sulla lavagna c'è un piano nuovissimo che farà di certo poca differenza rispetto all'attuale. Vi sarebbe la promessa di un significativo ritiro delle truppe lasciando ciò che si dichiara essere necessario per la sicurezza del popolo iracheno, cioè contro l'uccisione di migliaia di essi ogni mese. Tutta la NATO messa insieme non potrebbe contenere l'odio e la crescente opposizione su entrambe le zone di guerra verso una forza di occupazione di qualunque dimensione posta in loco per contenerli. L'Iraq e l'Afghanistan hanno una lunga storia di resistenza alle occupazioni e precedenti di successo nel mettere fine ad esse. Accadrà lo stesso questa volta, ma solo dopo che molte più vite saranno state perse nel futile tentativo di provare il contrario.

In Iraq e Afghanistan, la lotta per la liberazione è in corso. A casa, si parla di cambiamento della missione da parte di politici spaventati per la rielezione del 2008. Affronteranno milioni di elettori arabbiati che ne hanno abbastanza di guerre, a cui vogliono mettere fine, e sono pronti a cacciare i poco di buono che non lo faranno. Quindi si è di nuovo alle finzioni politiche, con i Democratici e i Repubblicani che provano a convincere gli elettori che stavolta fanno sul serio, e che manterranno quello che promettono. E' la stessa messa in scena nella capitale della nazione, dove nulla è ciò che sembra. E' ora che l'opinione pubblica capisca che la classe dirigente criminale è bipartisan, e solo un ricambio generale con gente non corrotta può cambiare le cose. E questo non accadrà finché gli elettori non lo faranno accadere.

Per ora tutto continua come al solito, e il fronte di battaglia estivo vede l'"intrepido" Congresso a maggioranza Democratica e alcuni nervosi Repubblicani defezionati che affrontano il bilancio per l'anno fiscale 2008. In esso è prevista lo stupefacente cifra di 648.8 miliardi di dollari, più un'addizionale di 142 miliardi di spese di guerra, che probabilmente arriveranno a 800 miliardi quando la polvere si sarà posata e si potrà fare il conto di tutto. Il dibattito andrà nello stesso insignificante modo dello scorso anno, con i Democratici che alla fine rinunciano ad usare il solo potere costituzionale che il Cogresso ha -- l'appropriazione dell'autorità per tagliare i fondi e mettere fine all'avventurismo imperiale dell'amministrazione Bush. Nessun dollaro, nessuna guerra. E' semplice.

E' in apparenza troppo semplice, e quello a cui assisteremo saranno finzioni politiche sulla diminuzione delle truppe dispiegate, e un calendario non vincolante per un parziale e non specificato ritiro, a discrezione dell'amministrazione che continuerà a fare quello che vuole. E se non funziona, George Bush promette di porre il veto a qualsiasi legge che gli ponga delle scadenze per il ritiro, che egli ignorerà anche se sostenute con energia. Il 10 Luglio, ha ripetuto la sua precedente dichiarazione che i "livelli delle nostre truppe saranno decisi dai nostri comandanti (agli ordini della Casa Bianca), non da personaggi politici di Washington D.C." (tra i quali non sono inclusi lui, Dick Cheney e i loro tirapiedi).

Il presidente non ha più ragioni di preoccuparsi per l'"opposizione" dei Democratici e della "defezione" dei Repubblicani di quante ne avesse prima, ma sta comunque tremando. La loro posizione è altrettanto fasulla che nell'immediato dopo 11 Settembre, quando cercavano di smerciare la guerra in Afganistan e approvavano leggi da stato di polizia. E' altrettanto scadente che prima del Marzo 2003, della discussione sul bilancio dello scorso anno, e dell'accordo di primavera per ottenere fondi fino a Settembre con George Bush che certificava (in base alle sue sole parole) che si stavano facendo progressi e che gli Iracheni stavano portando la loro parte di fardello, il che è impossibile perché neanche l'unica superpotenza del mondo è in grado di portare il suo.

Ma notate il tono di compromesso del leader della maggioranza al senato Harry Reid verso il rapporto dell'amministrazione e del Pentagono previsto per il 15 Settembre: "La guerra va in una direzione pericolosa, e gli Americani sono uniti nel credere che non possiamo aspettare fino al rapporto di Settembre dell'amministrazione per cambiare rotta in Iraq". La sua successiva dichiarazione mostra che non sta richiedendo il ritiro perché dice solo "Non possiamo chiedere alle nostre forze armate di combattere senza una strategia di successo (poco importa che l'unica sia il completo ritiro), e non possiamo certo chiedere loro di combattere prima che siano pronti a farlo".

Si sta riferendo alle lungaggini del dispiegamento (che non è cambiato dopo che gli emendamenti dell' 11 Luglio al Senato sono stati bloccati) e il Pentagono ammette già una preoccupazione per la saldezza delle forze armate. Il probabile risultato dell'attuale dibattito sarà la stessa rapida pezza di prima, salvo alcuni dubbi emendamenti che non otterranno nulla. In fin dei conti, la soluzione di compromesso sarà solo un modo per prendere a calci il barattolo lungo la strada e gettare via molto altro denaro sperando che il problema scompaia. Sta solo andando peggio. Nessuna quantità di denaro può recuperare una guerra giù persa, i legislatori e il Pentagono lo sanno, ma le soluzioni come quelle dello scorso anno e questa settimana arrivano con bilanci sempre più gonfiati.

Ignorate l'insensata linea di partito nell'andamento di voto, come in occasione della mozione del 12 Luglio per ritirare la maggior parte delle truppe intorno al 1 Aprile 2008. Non finché questa amministrazione è al potere, e finora, il senato non sta andando da nessuna parte. Può ottenere i 60 voti necessari per evitare il promesso ostruzionismo repubblicano, ma i voti espressi in entrambe le camere sono voti per ingannare, non per agire. Vengono espressi sapendo che si è al sicuro finché Bush promette il veto per ogni cambio di rotta.

Le guerre pertanto continueranno in un ciclo senza fine di più spesa senza risultati e un deficit crescente, intensificando la rabbia dell'opinione pubblica, aumentando la violenza sul terreno, ed ottenendo sconfitte sempre peggiori intanto che il conflitto si trascina. George Bush lo chiama "progresso". "Io so che possiamo avere successo in Iraq e dobbiamo averlo" ha detto il 12 Giugno. Incredibilmente lo ha dichiarato su otto banali parametri sotto controllo USA, dando la colpa per gli altri otto fallimenti al governo fantoccio che in Iraq si preoccupa al massimo di ripulire le strade dalle macerie e dai cadaveri. Ha aggiunto che i risultati conseguiti fino ad oggi sono di diversa natura e soprattutto che è troppo presto per esprimere un giudizio -- dopo oltre quattro disastrosi anni di fallimenti ed un conflitto più lungo in durata della seconda guerra mondiale, quando la guerra infuriava su tre continenti contro formidabili nemici, e non era semplice sconfiggerli.

E' la prova che quest'uomo detiene il titolo incontestato di primo bugiardo seriale del pianeta. Ora, egli può credere ad alcune delle sue bugie allo stesso modo che Alex Cockburn racconta di Reagan. "La verità (per il grande manipolatore) era quella che lui diceva al momento. Lui (e Bush) se la cavava meglio di George Washington, che non poteva dire una bugia, mentre lui non riesce a dire la verità, ma non sa che differenza c'è tra le due".

C'è una differenza, comunque, tra i due ingannatori. Durante il suo primo mandato almeno, Reagan (come ex attore, sia pure di serie B) si sforzò di interpretare la parte del presidente. Seppe entrare in parte e leggeva bene le battute. George Bush non è mai assurto a quel livello neanche come governatore del Texas o in qualunque altra occasione della sua vita, e quando si trattò di mentire, non riuscì a frenarsi anche quando sapeva la differenza. Ne ha dato prova il 12 Luglio nella sua ridicola descrizione del vero stato delle cose in Iraq. E' parte del suo disperato sforzo per nuovi fondi dal Congresso in una misura ancora più grande. Per ottenerli, ignora il crescente disincanto dell'opinione pubblica e la profonda ripugnanza per una causa persa criminale lanciata e continuata sulla base di menzogne.

Ciò nonostante, Reid e gli altri Democratici hanno le loro grandiose nozioni di cambio di missione. E' per evitare un "precipitoso ritiro dall'Iraq" con leggi che egli proporrà allo scopo di ottenere truppe permanenti di occupazione in virtù della nozione spuria di "condurre operazioni antiterrorismo, proteggere le nostre risorse (leggete petrolio) ed addestrare forze irachene". Il presidente della Commissione sui servizi armati del senato, Carl Levin, è con lui. Sosterrà un limitato ritiro di soldati per il prossimo anno, una fine alle operazioni di combattimento per il 30 Aprile 2008, con le forze irachene che assumono il controlo, e un grosso contingente di occupazione permanente asserragliato dentro super-basi fortificate. Non importa che ciò che gli Iracheni vogliono esclude la nostra presenza nella loro nazione. E lo stesso vale per gli Afghani.

Voci dall'amministrazione, dal Pentagono, dal Congresso e dai grandi media assicurano che rimarranno deluse se l'obiettivo è salvare l'avventurismo imperiale dell'America e le operazioni di cambio di missione in una occupazione permanente. Ecco perché. Le guerre afghana e irachena hanno di mira le risorse, prima di tutto il petrolio, ed avvengono in parti del mondo dove ci sono quattro quinti delle risorse certe del mondo. La giornalista ed autrice canadese Linda McQuaig spiega che i più grandi tra i grandi giacimenti sono "in piena vista" in Iraq. E' il tesoro della nazione -- l'ultima manna del pianeta di "frutti maturi" facili da cogliere con più riserve potenziali che l'Arabia Saudita, la maggior parte delle quali non ancora sfruttate.

Fanno del paese "il più ricercato del mondo per il possesso di terra" secondo un analista di petrolio del Wall Street journal da lei citato. Persino con vecchie informazioni sul suo potenziale, si sa che l'Iraq ha almeno il 10% delle declinanti risorse del mondo. Ma il suo potenziale è statto bloccato senza ulteriori sviluppi per oltre due decenni a causa delle guerre degli anni 80, delle sanzioni economiche seguite alla prima guerra del Golfo nel 1991, e l'attuale guerra che va avanti dal Marzo 2003. Se il potenziale produttivo del paee si raddoppia o si triplica, come è accaduto all'Arabia Saudita negli ultimi 20 anni, questo lo porterebbe al primo posto nel mondo, facendo dell'Iraq una preda troppo ricca perché l'America e i suoi grandi alleati del petrolio la ignorino. Vale migliaia di miliardi di dollari ed un immenso potere geopolitico in un'epoca in cui il picco del petrolio in una prospettiva di risorse declinanti tranne che in questo ricchissimo paese, che gli USA non abbandoneranno mai finché nel suo sottosuolo e in quello della regione ci sarà abbastanza petrolio per giustificare che si rimanga.

E' perché il paese sta per essere trasformato in una permanente base militare a protezione del mare di petrolio che vi è sotto che Washington intende controllare per i suoi grandi amici del petrolio ed avere un potere di veto su chi può averlo, chi no, e a quale prezzo. Per capire cosa sta accadendo, considerate la Corea. Gli USA arrivarono nel paese nel 1950 dopo che Harry Truman aveva impegnato le truppe americane per aiutare il sud dopo che la guerra civile istigata da Washington cominciò il 25 Giugno di quell'anno. Cinquantasei anni più tardi, circa 37.000 soldati sono ancora stazionati lì, senza nessuna intenzione di andarsene. Washington ha la stessa cosa in mente per l'Iraq. Il Pentagono ha messo su casa lì e intende rimanere.

Sotto viene mostrato, al meglio delle nostre conoscenze, quanto siamo andati avanti nella militarizzazione del paese per finalità di occupazione permanente, non importa cosa verrà dibattuto al Congresso. Si tratta solo di farse che servono a fornire una copertura per una politica dell'amministrazione che entrambe i partiti sostengono.


Piano Iraq -- Occupazione Permanente.

Diminuzioni di truppe, ritiro, calendari, cambi di missione, costruzione della democrazia e tutta l'altra stantia retorica a parte, l'America è in Iraq per rimanere come conquistatore ed occupante -- cioè, fino a che gli Iracheni non ci butteranno fuori a calci da una parte del mondo che è da molto tempo un cimitero per gli invasori stranieri. Ma non accadrà presto, o comunque prima che molte migliaia di altre persone muoiano, rimarranno ferite, soffriranno in maniera incommensurabile, saranno sfollate, e perderanno ogni cosa. Questo è l'aspetto sinistro dell'imperialismo, basato sulla conquista, su un controllo che non può essere sfidato, e focalizzato con attenzione sulla distruzione e sull'occupazione permanente della culla della civiltà, ora sbriciolata e pronta ad essere smembrata.

Nel frattempo, un nuovo "candidato di pace" diventerà presidente nel Gennaio del 2009, sui lontani echi delle promesse elettorali di "pace e onore" nella campagna di Richard Nixon nel 1968, e sulle speranze che la storia lo chiami un "costruttore di pace". Invece, ci furono altri cinque anni e mezzo di guerra intensa, migliaia di altri Americani morti, e uno o due milioni di Asiatici del sud-est vittime in Vietnam e nelle guerre segrete di Cambogia e Laos.

Per quanto poco un presidente faccia a casa, se pure fa qualcosa, l'occupazione dell'Iraq e dell'Afghanistan rimarrà con il piano di affidare alle forze irachene il più delle nostre uccisioni e morti. Se o quando saranno all'altezza, lo schema prevede che le truppe USA rimangano asserragliate dentro le loro super-basi, usate all'occorrenza all'esterno, con appoggio di massiccia potenza aerea libera di massacrare vittime innocenti quando si oppongono a quello che nessuno dovrebbe mai subire. Per ora, gli Iracheni non hanno scelta se non sopportare e contrattaccare, perché hanno la sfortuna di avere un mare del "nostro" petrolio sotto la loro sabbia.

Già discussa è l'importanza delle grandi riserve petrolifere dell'Iraq che valgono migliaia di miliardi di dollari come ragione chiave della permanenza dell'America. Le forze armate americane arrivarono nel Marzo del 2003 e si trincerarono per quel bottino con istallazioni militari in tutta la nazione. L'ex datore di lavoro di Dick Cheney, Halliburton, ottenne la maggior parte dei grossi contratti senza asta, per un valore di miliardi, per ricavare profitti di guerra dalla costruzione di esse, senza riguardo per gli sbalorditivi precedenti di spreco, frode e abuso.

Nel Maggio 2005, le forze USA stavano operando da 106 basi nel paese da una stima originale di 120 siti. Essi variano in dimensioni dalla 'principale base operativa' del complesso di Camp Victory, vicino all'aeroporto di Baghdad dove sono stazionati migliaia di soldati americani, a quelle più piccole note come 'siti per operazioni avanzate', che sono ancora grandi istallazioni. In aggiunta, ci sono molte 'postazioni di sicurezza cooperativa' che sono piccoli avamposti che possono ospitare circa 500 persone, un certo numero di prigioni e di servizi di detenzione, e una dozzina di siti consegnati agli Iracheni o a unità di polizia, che probabilmente ora sono aumentati.

I rapporti variano, e molto rimane segreto, circa gli attuali piani dell'amministrazione e del Pentagono per l'Iraq. Quello che si sa è che 18 miliardi di dollari erano stati allocati per lavori che includono queste istallazioni, l'ambasciata USA e qualunque altra struttura serva per l'occupazione. La cifra attuale è probabilmente molto più alta. E' anche noto che ingegneri USA si stanno concentrando a fabbricare 14 grandi "basi permanenti", per estendere gli accampamenti per decine di migliaia di forze USA che sono lì o per i futuri rimpiazzi.

Il professore emerito Jules Dufour dell'Università del Quebec, in Canada, ha discusso "La rete mondiale delle basi militari USA" nel suo articolo del 1 Luglio 2007 su Global Research. Nell'articolo c'erano informazioni dettagliate più mappe e molto altro ancora su ciò che lui chiama "lo sviluppo mondiale del potere militare USA per vedere l'intera superfice della Terra come un vasto territorio da conquistare, occupare e sfruttare (in cooperazione con i Behemoth delle multinazionali)". Egli descrive lo schema come un processo di "Umanità... controllata e schiavizzata da questa rete di basi militari USA". Lui e Chalmers Johnson credono che il numero sia di mille o più, in 153 paesi nel Settembre 2001, ed ora probabilmente sono 160 o più. Ci sono molte altre basi segrete di spionaggio, usate insieme ai paesi che le ospitano.

Dudour dice che dopo l'11 Settembre gli USA costruirono 14 nuove basi nella regione del Golfo Persico. Inoltre ci fu anche "la costruzione o il rinforzo di 20 basi (120 unità strutturate come un insieme) in Iraq", pià altre in Afghanistan ed altre in nazioni dell'Asia Centrale dell'ex blocco sovietico, ed altrove per circondare e controllare le risorse strategiche di entrambe le regioni, principalmente petrolio, e gli oledodotti necessari a trasportarlo.

Le basi irachene sono localizzate e costruite attorno a Baghdad, Mosul, Taji, Balad, Kirkuk, Nasiriah, Tikrit, Fallujah e Irbil. Ci sono anche piani per ricostruire e migliorare gli aeroporti di Baghad, Mosul e altri, come per ricostruire strade ed altre infrastrutture essenziali strategicamente necessarie per l'occupazione. Non ci sono piani per aiutare il popolo iracheno, abbandonato a sé. Gli Iracheni hanno a malapena i servizi essenziali e le infrastrutture per fornirli, come ospedali, ambulatori, elettricità, acqua potabile, cibo sano da mangiare, carburante, e tutto il resto.

Le più importanti per il pianificato saccheggio saranno da quattro a sei basi di grandi dimensioni, come piccole città, con i loro circondari ed altre amenità varie in tipico stile USA. All'interno, è difficile distinguere tra Iraq e America, a meno che razzi e granate di mortaio più sofisticati colpiscano nelle vicinanze, ciò che sta accadendo sempre più spesso.

La più grande di queste basi è quella di Balad. Ospita la maggiore operazione dell'Air Force del paese, compreso i suoi nuovi, grandi, allo stato dell'arte "Kingpin" per il controllo del traffico aereo, che dividono lo spazio aereo della nazione in "kill boxes", chiamate Sistema di Riferimento a Griglia comune. Anche il più grande centro di supporto logistico dell'esercito è qui, ed è anche dove migliaia di contrattisti privati, noti nei dintorni come "KBR-Land" sono alloggiati con tutti i comfort di casa per loro e per il personale militare, quando c'è calma. La cosiddetta Task Force per le operazioni speciali congiunte (CJSTF) è anch'essa a Balad. E' nascosta dietro "muri di altezza speciale" per creare separazione e privacy rispetto alle altre operazioni di stanza qui.

La base aerea di al-Asad è il piu grande accampamento di marine nella nazione, situata nella provincia occidentale di Anbar, dove la resistenza alle forze di occupazione USA è stata la più dura. Anch'essa ha un'aria di casa con amenità dello stesso genere di quelle delle altre aree destinate ad essere permanenti. Anche se il Pentagono non l'ammette, l'anno scorso operavano almeno quattro super-basi e ci sono piani per la probabile aggiunta di altre. Inoltre, è nei piani, anche se non è ancora certo, che le forze britanniche manterrebbero una presenza militare permanente nel sud nei pressi di Bassora, dove sono di stanza ora. Se la Gran Bretagna si ritira, come la sua opinione pubblica esige, il Pentagono si muoverà sul posto e probabilmente espanderà le strutture con almeno un'altra super-base per quella parte del paese strategicamente importante per la presenza di petrolio. Ne avranno bisono, dato che i Britannici non controllano la zona, più di quanto facciano gli Americani in qualunque altra parte. La loro operazione Sinbad nel 2006 fallì, con le milizie che ora esercitano un controllo pieno.

Tuttavia, l'America venne in Iraq per rimanere per tutto i tempo in cui il Medio Oriente è pieno di petrolio, e la parte più grande di riserve non sfruttate è in Iraq. Ma la storia dimostra che i piani migliori non sempre funzionano secondo le intenzioni. Gli occupanti non sono il benvenuto in alcun posto in Iraq e Afghanistan, che hanno già espulso quelli che li avevano preceduti e che avevano provato e fallito, incluso i Britannici che dovrebbero conoscere meglio la situazione. La giornalista Felicity Arbuthnot osserva su Global Research del 14 Luglio che in questo giorno del 1958, "l'esercito iracheno abbatté il regime coloniale imposto alla fine della prima guerra mondiale, che aveva aperto la porta perché i monopoli occidentali saccheggiassero la richezza petrolifera della nazione in base a ingiuste concessioni". Il suo messaggio ai moderni saccheggiatori è "Imparate dalla storia".

La permanenza può anche solo essere negli occhi di chi guarda e può finire molto più presto di quanto pianificato. Le nostre super-basi, con la loro dimensione, la sicurezza e il comfort di casa, possono essere non più permanenti dei loro mega-predecessori a Danang, Cam Rahn Bay e l'ambasciata di Saigon (una miniatura in confronto al Behemoth grande come il Vaticano che c'è nella Zona Verde di Baghdad) dove gli ultimi resti della presenza USA in Vietnam venivano elitrasportati dai tetti, nella sconfitta e nell'umiliazione. Fummo costretti a rinunciare a ciò che volevamo mantenere con visione di conquistatori, esattamente come oggi.

In fine dei conti ad abbandonare ciò che avevano laggiù fummo costretti perchè eravamo sconfitti e non avevamo altra scelta. Quello che un determinato paese del terzo mondo fece trent'anni fa alla più forte delle due super-potenze mondiali, paesi mediorientali e dell'Asia Centrale possono fare all'unica rimasta, quando tutte le scuse saranno finite.

E' solo una questione di tempo prima che la storia si ripeta con lo stesso risultato. Gli Iracheni e gli Afghani ci credono e intendono provarlo. Peccato che i duri di Washington conoscono poco la storia e non l'hanno immaginato. Un giorno apriranno gli occhi. Solo solo lenti ad afferrare le cose. Gli imperi non si accorgono mai quando il flusso della marea è cambiato e che stanno nuotando contro di esso. L'America di George Bush non è differente. Morde più di quello che possa ingoiare e finirà come gli altri nel naufragio della sua hubris.

La scena sta per chiudesi nel cimitero delle altre potenze mondiali del Medio Oriente e dell'Asia Centrale. Rimane solo che per il capitolo finale si scriva il "riposi in pace", a meno che gli Americani non ritrovino la spina dorsale e non scrivano per primi la loro versione. Occorre per questo rifiutare la corruzione del potere; rimuovere la classe dirigente criminale; ripristinare il primato della legge; porre i diritti umani ed i valori democratici al di sopra della ricchezza e del privilegio; e mettere fine per sempre alle guerre combattute per essi.

Stephen Lendman vive a Chicago e può essere contattato a: - lendmanstephen@sbcglobal.net.

Si può anche visitare il suo blog a sjlendman.blogspot.com ed ascoltare le The Steve Lendman News and Information Hour su TheMicroEffect.com tutte le domeniche a mezzogiorno dell'ora centrale degli Stati Uniti.

Tradotto dall'inglese da Gianluca Bifolchi, un membro di Tlaxcala (www.tlaxcala.es), la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale : è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne l'autore e la fonte.


Articolo originale:
http://sjlendman.blogspot.com/2007/07/plan-iraq-permanent-oc
cupation.html


:: Article nr. s6891 sent on 20-jul-2007 22:59 ECT

www.uruknet.info?p=s6891

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, SteveLendmanBlog, Tradotto da Gianluca Bifolchi, Tlaxcala