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Garibaldi, l’eroe di Chávez

di Angelo d'Orsi - 23/07/2007

 
Giuseppe Garibaldi: Chávez si è ispirato a lui anche nell'abiggliamento?
In Venezuela è venerato come «libertador», più popolare e più «simpatico» di Bolívar, secondo solo (tra i giovani) al Che. E il presidente ne fa l’asse portante del proprio mosaico ideologico

Che ci fanno, messi in fila l'uno accanto all'altro, tre personaggi che - se non cronologicamente, certo culturalmente - attraversano tre secoli, Bolívar, Garibaldi e Gramsci? E che ci fanno tutti e tre nel Venezuela di Hugo Chávez? Una risposta giunge dal convegno «Bolívar, Garibaldi y Gramsci. Libertad y liberación», organizzato dall'Istituto Italiano di Cultura di Caracas, che ha ricevuto una fortissima risposta da parte delle istituzioni governative e di un pubblico numeroso e appassionatamente partecipe, a tratti entusiasta.

Scientificamente l'incontro non ha portato novità per noi italiani; ma tra i venezuelani (molti di origine italiana, e specialmente del Mezzogiorno), la conoscenza dei tre personaggi è piuttosto modesta: a tutti noti per nome, a pochi per le opere e il significato politico della loro azione. Proprio sul piano dei significati politici il convegno ha rappresentato un interessante tassello del mosaico ideologico che il chavismo sta costruendo per dare corpo all'etichetta di «Repubblica Bolivariana de Venezuela».

Dico chavismo, non Chávez: non soltanto perché non si deve commettere l'errore di personalizzare troppo la situazione venezuelana, riducendola a un fatto di invidui; e perché i sostenitori dell'esperimento politico del generale-presidente ormai non sono confinati nei ceti popolari, che amano il «loro» presidente, quello che essi riportarono trionfalmente al palazzo presidenziale, facendo naufragare il golpe che lo aveva deposto: fatto unico nella storia non solo latinoamericana. Oggi, i chavisti crescono, oltre che nelle forze armate, anche fra gli intellettuali, e non sono pochi coloro che hanno assunto ruoli importanti nelle istituzioni. Chávez stesso, d'altronde, è tutt'altro che un incolto, e significativa è la sua citazione di Gramsci, fatta in un discorso divenuto celebre, in riferimento all'emittente tv «chiusa» (ossia, a cui non è stata rinnovata la concessione governativa), con un preciso riferimento alla costruzione dell'egemonia.

Il convegno ne è stata una prova, anche per il fervore di discussioni che ha suscitato: è vero, alcune sembravano d’antan, se viste in un'ottica eurocentrica; ma in ottica latinoamericana, anzi caraibica, più precisamente chavista, il dibattito sull'endiadi «libertà e liberazione» è decisivo, ai fini della costruzione, non solo propagandistica ma istituzionale, di una nuova democrazia.

Insomma, al simposio sono risonate molte parole d'ordine chaviste, denunciandosi l'insufficienza del modello occidentale, «borghese», di democrazia (formale), e le sue pesanti involuzioni in atto, e reclamandosi una libertà sostantiva, capace di liberare anche dal bisogno, dalla malattia, dalla fame... Da questo punto di vista, i relatori - comprese le numerose autorità di governo - si sono industriati di collegare i tre in una continuità all'insegna della liberazione.

Il ruolo centrale, tuttavia, lo ha avuto Garibaldi. Il nesso fra il nizzardo e il subcontinente latinoamericano è noto, e importante, non solo dal punto di vista storico, ma anche, per così dire, da quello del folclore locale; o, detto diversamente, della costruzione di un immaginario collettivo che nel nostro eroe nazionale ha visto anche, o addirittura prima, un eroe sovranazionale e più ancora un eroe locale: un libertador. Ma il libertador per eccellenza, per antonomasia, in America Latina è Simón Bolívar, che per il Venezuela (ma anche per altri paesi, a cominciare dalla Bolivia) è il padre della patria: come José Martí per Cuba. Rispetto ad ambedue, Garibaldi ha il vantaggio duplice di essere un eroe popolare (Bolívar e Martí sono figure di straordinario carisma, ma piuttosto algide), un «eroe simpatico» (così lo ha definito una studiosa di origine italiana, Marisa Vannini), e di non essere un autentico cittadino di quel mondo che egli voleva liberare da ogni catena. Almeno così nella lettura chavista, che probabilmente lascerebbe freddi gli specialisti italiani che rileggono criticamente l'opera dell'Eroe (per tutti l'intrigante libretto di Mario Isnenghi, Garibaldi fu ferito, Donzelli 2007).

Garibaldi, dunque, ha confermato in Venezuela la sua popolarità, come ha dimostrato il successo mediatico ottenuto dal suo bisnipote Francesco, vera star del simposio (esclusivamente per il suo cognome!); oggi, l'Eroe dei Due Mondi ha perso terreno solo tra i più giovani a vantaggio del Che, resistendo tenacemente nelle generazioni precedenti. Dal convegno, Garibaldi appare un ideale anello di congiunzione tra il razionalismo illuministico di Bolívar, che fonda l'azione politica sulla forza del convincimento, e le sue accorte strategie politiche da una parte; e l'eroe sconfitto del comunismo critico, Gramsci: che, peraltro, a distanza di un settantennio dalla morte si sta prendendo le sue rivincite, divenuto ormai uno degli autori italiani più studiati nel mondo (a Caracas si vuole istituire non solo una cattedra a lui intitolata, ma addirittura un Centro studi).

Il Venezuela chavista, però, non vuole soltanto studiare: e magnificamente si presta allo scopo, anche sulla base di analogie un po' azzardate, Giuseppe Garibaldi. Garibaldi che amò una donna di origine brasiliana, la meravigliosa Anita, Garibaldi dal rosso basco e dalla rossa camicia (che Chávez forse ha copiato), protagonista di memorabili lotte per la libertà dei popoli sudamericani, al cui fianco rimase ben 14 anni, difensore della Repubblica di Montevideo, diventando poco dopo, tornato in Italia, uno tra i protagonisti di un'altra sfortunata Repubblica, quella romana. Prima di diventare l'eroe per antonomasia del nostro Risorgimento, portatore di una «rivoluzione disciplinata» (ne ha parlato il giovane Carmine Pinto), che Chávez sembra voler oggi davvero portare avanti, alla ricerca di un nuovo socialismo per un nuovo secolo.

Il simposio nella capitale
Il convegno «Libertad y Liberación: Bolívar, Garibaldi y Gramsci», organizzato dall'Istituto Italiano di Cultura e dall'Ambasciata d'Italia a Caracas, in collaborazione con il ministero degli Esteri del Venezuela, dal Centro de Estudios Latino-Americanos R. Gallegos, dall’Ulac (Universidad Latino Americana y del Caribe) e dall'Isla (Istituto di Studi latino-americani di Pagani, Salerno), si è svolto nei giorni scorsi a Caracas. Inaugurato alla presenza di molte autorità italiane e venezuelane, si è concluso con una tavola rotonda su «Il socialismo del XXI secolo». Al simposio hanno partecipato tra gli altri Luis Britto Garcia, Giuseppe Cacciatore, Orietta Caponi, Angelo d’Orsi, Francesco Garibaldi, Antonio Scocozza, Marisa Vannini de Gerulewic.