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Esploratori della mente alleatevi con i medici

di Claudio Risé - 24/07/2007


Non solo terapia. La psicologia, infatti, è tantissime altre cose. È anche, solo per fare qualche esempio, psicologia della forma, nipote della filosofia e sorella di scienze modernissime; psicologia dell'educazione, nutrice della pedagogia; psicologia sociale, strumento delle scienze politiche e della sociologia. E si potrebbe continuare per un pezzo. Senza limitarsi all'uomo: la psicologia studia, infatti, anche gli animali, e le piante. Ogni volta che qualcuno guarda il vivente dal punto di vista della psiche, entità di difficilissima definizione (e tuttavia ovunque riscontrabile, anche nell'immaginato ritrarsi della rosa che si è deciso di tagliare dal ramo), fa psicologia. Si tratta dunque di un campo sterminato, che ne rende difficili i contorni ed anche i fini, diversi tra loro.
Tuttavia, nell'immaginario delle persone, psicologia è oggi, soprattutto, cura, terapia. La nostra è, infatti, un'epoca assetata di cure: non si capisce se perché è troppo malata, o troppo ingorda di attenzioni (del resto, anche l'ingordigia può diventare malattia, e richiedere cure). L'identificazione tra psicologia e cura è comunque recente: fino a pochi decenni fa ogni «terapia» era riservata ai medici. Solo nel '68 compare una legge che prevede la presenza di uno psicologo nei reparti psichiatrici. La psicoterapia, però, rimane prerogativa dei medici. Anche se il maggior psicoanalista italiano, Cesare Musatti, non era affatto medico ma laureato in filosofia. E infatti, durante la guerra, per vivere, dovette occuparsi di psicologia industriale a Ivrea, sotto la protezione del generoso, e lungimirante, Adriano Olivetti. Fino al 1989 comunque, la pratica terapeutica privata rimane per legge riservata ai medici. Con l'eccezione, appunto, della psicoanalisi, silenziosamente tollerata, per via del suo carattere eccentrico e la sua doppia natura di terapia (sulla quale comunque non si insiste troppo), e di processo trasformativo della personalità.
Solo alla fine degli anni '80 dunque, la legge elaborata da Adriano Ossicini autorizza l'intervento psicoterapeutico, anche privato, ad opera degli psicologi, di cui viene istituito un Albo professionale. Anche questa legge, del resto, non menziona neppure la psicoanalisi, che rimane ancora nell'«ombra», nell'inconscio, secondo la sua originaria vocazione. Da allora però, diciotto anni fa, le psicoterapie svolte da non medici escono dalle catacombe, e appaiono alla luce del sole, senza rischi di accuse di abuso di professione o di attività.
Probabilmente, questa lunga disputa su chi fossero i legittimi titolari dell'attività di cura, se solo i medici o anche gli psicologi, tuttora rallenta al di là del ragionevole le comunicazioni e i contatti tra i due campi. Inoltre, anche il rispettivo iter formativo di psicologi e medici, non è certo fatto per portarli a conoscere l'altrui disciplina e convincerli dell'opportunità di una franca e leale collaborazione fra le due attività. Infine c'è una difficoltà che deriva proprio dai rispettivi metodi, per lo meno per come vengono insegnati e appresi. Lo psicologo di fronte al sintomo che il paziente presenta, finisce spesso con l'essere affascinato dalla sua causa e interpretazione, più che di preoccuparsi di fornirgli strumenti (ad esempio l'indirizzo di un medico specialista), per risolverlo velocemente, mentre lui, lo psicologo, lavorerà sui motivi profondi, per evitare ricadute.
L'esempio più banale di questa sorta di disprezzo per il sintomo è quello legato ai disturbi sessuali. È discutibile rischiare di lasciar naufragare un matrimonio per le insicurezze sessuali di lui, aspettando che il sintomo venga vinto dai tempi medio-lunghi della psicoterapia, quando ci sono ottimi prodotti in grado di risolverlo subito e ottimi medici in grado di prescriverli e controllarli, sgravando lo psicologo di un fardello che non gli compete. Poi, certo, il problema dell'insicurezza non sparisce con una pastiglia e la terapia avrà il suo da fare per risolverlo. Ma almeno si sarà agevolato l'utilizzo di uno strumento che il paziente ha a disposizione, senza ridurre tutto a psiche, anche ciò che è corpo, chimica, mercato. Tutte cose reali, di cui la psicoterapia dovrebbe aiutare la conoscenza e l'utilizzo, non rigettarle lontano da sé. Carl Gustav Jung, che veniva accusato di spiritualismo ma era un uomo coi piedi ben piantati per terra, come dimostra la torre che si è costruito con le sue mani sulle rive del lago di Zurigo, prendeva in giro quegli psicologi che pretendevano di «guarire la psiche con la psiche » e non con strumenti esterni al proprio campo. Come faceva invece la medicina, che curava senza tante storie il corpo coi farmaci, sostanze fabbricate al di fuori di esso, ma efficaci. All'interdisciplinarietà del resto, la psicologia è condannata proprio dalla vastità dei suoi interessi e dei suoi campi di applicazione. Un buon motivo per approfittarne senza timore.