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Thierry Meyssan, L’effroyable imposture (recensione)

di Mohamed Yassin - 24/07/2007

 

Thierry Meyssan, L’effroyable imposture II, Éditions Alphée, 2007



Il giornalista e scrittore francese documenta tutte le menzogne inventate dai governi occidentali ed echeggiate dai media di regime per imbrogliare l’opinione pubblica e farle accettare l’aggressione al Medio Oriente.




Thierry Meyssan, francese, giornalista, scrittore, editore e animatore di un’eccellente rete di controinformazione [1] molto ramificata e seguita soprattutto nell’area francofona e in America Latina, ha mandato alle stampe una terza inchiesta che mette a nudo le manipolazioni mediatiche della stampa occidentale. Le precedenti inchieste avevano smantellato la versione del governo americano (ripresa tale e quale da ogni governo filoamericano) sugli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e dintorni [2], con un approfondimento sull’attentato al Pentagono [3].

In queste inchieste Meyssan ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il Pentagono ha propiziato (se non direttamente gestito) il dirottamento degli aerei, nonché il crollo minato dei grattecieli, l’abbattimento di altri due aerei e il lancio di un missile contro l’edificio del Pentagono.

Meyssan ha demolito la montagna di bugie che il Pentagono aveva costruito, e in seguito il governo amplificato, con due obiettivi: creare una seconda Pearl Harbour, in modo da indurre l’opinione pubblica americana e mondiale ad accettare guerre coloniali che altrimenti avrebbe osteggiato; secondo obiettivo: sequestrare il governo degli Stati Uniti e, con la minaccia di un minigolpe, indurlo a una maggiore subordinazione nei confronti del Pentagono.

Gli esiti di queste inchieste di Meyssan hanno contribuito ad aprire gli occhi a gran parte dell’opinione pubblica americana, che in maggioranza ormai non crede più alla versione ufficiale. Lo stesso è accaduto in Francia e in tutti quei Paesi dove i libri di Meyssan sono presto diventati bestseller. Ma non in Italia. Benché subito tradotte anche qui, le inchieste di Meyssan hanno venduto poco: colpa di un lettorato che si fida ciecamente dei recensori di giornali e tivù di regime, e se questi recensori liquidano Meyssan come visionario inattendibile, il lettore-medio italiano si guarda bene dal verificarlo. Ed è difficile prendere in considerazione e valutare le tesi di un’inchiesta non letta. Questa non conoscenza spiega la forte percentuale di italiani che persistono a credere alla favola secondo la quale a buttare giù i grattacieli di New York è stata una banda di straccioni musulmani.

A conferma di quanto le inchieste di Meyssan sull’11 settembre non siano liquidabili con battute di spirito ci sono svariate richieste, avanzate dall’associazione delle vittime di quegli attentati, da movimenti di opinione e persino dal governo del Venezuela, di una commissione internazionale indipendente che faccia finalmente luce su quelle vicende. Richieste ovviamente sempre subito respinte da Bush & soci.
Veniamo alla nuova inchiesta di Meyssan. Punta a sgonfiare le balle che giornali e televisioni di regime hanno raccontato sul Medio Oriente, una regione dove si combatte una guerra determinante per la sopravvivenza del capitalismo di rapina: il controllo del petrolio e la sconfitta dell’islam, rimasto l’unico baluardo a quelle rapine.
Come già la messinscena allestita nel 2001 per gli attentati di New York e al Pentagono, anche quelle preparate successivamente in Medio Oriente non reggerebbero alla più blanda verifica giornalistica: dalla favola dell’Afghanistan, mandante e rifugio del terrorista Osama Bin Laden, alle armi di distruzione di massa di Saddam; da Israele accerchiato da eserciti musulmani all’internazionale del terrore che mette bombe anche nelle città europee e via sino alla costruzione della bomba atomica iraniana, tutte queste menzogne non supererebbero il vaglio della più blanda verifica giornalistica.

Ma qui sta il primo punto denunciato da Meyssan: i giornalisti non verificano un bel niente.
I moderni mezzi di comunicazione di massa, dice, hanno la peculiarità che, per propalare menzogne, non hanno più bisogno di corrompere i giornalisti. Usa, Gran Bretagna e Israele hanno creato all’interno delle loro forze armate delle unità speciali in grado di diffondere rapidamente notizie false [4], in modo che queste diventino oggetto di commenti, non di verifiche. Creano un brusio d’informazioni che capta l’attenzione su elementi irrilevanti allo scopo di neutralizzare lo spirito critico.

Soprattutto in campo televisivo (fonte informativa quasi esclusiva per la stragrande maggioranza della popolazione) l’immediatezza della trasmissione delle immagini basta ad accreditare la loro interpretazione. Se la Cnn mi mostra delle immagini freschissime vuol dire che sono vere. Punto e basta. Bastano tre paroline magiche a intortare i semplici: in tempo reale. Come può essere falso ciò che vedo e che è appena successo, anzi, forse sta ancora succedendo? Come può essere falso ciò che vedo in diretta?

E sarebbe vano rispondere a questi interrogativi producendo le prove di falsi accertati, come le fosse comuni, zeppe di cadaveri, riprese nel 1989 dalla Cnn in Romania e imputate a Ceausescu (che per questo fu sommariamente processato e fucilato), mentre si trattava di cadaveri che risalivano alla seconda guerra mondiale. Come sarebbe vano opporre che le stamburate armi di distruzione di massa imputate a Saddam non sono mai state trovate perché non ci sono mai state.
Sarebbe vano perché il teleutente medio non ha il tempo di riflettere, preso com’è da sempre nuove immagini e dal fascino passivizzante indotto da notizie incalzanti, che gli dànno l’illusione che la televisione sia una finestra sul mondo reale, mentre è la proiezione del mondo irreale, artefatto dell’informazione plasmata sulle menzogne che convengono al regime.

Per gestire questo vacarme informationnel gli specialisti americani della guerra psicologica parlano della regola delle 3D-2S.
Le 3 D:
1. Delay: bloccare una notizia negativa sino a quando ha perso interesse.
2. Distract: distrarre l’attenzione (dall’essenziale, dal reale) con pretesti marginali.
3. Discredit: denigrare la fonte di informazioni non controllata.
Le 2 S:
1. Spotlight: concentrare il dibattito su un dettaglio senza importanza.
2. Scapegoat: gettare la responsabilità su un capo espiatorio.


Negli Usa questa unità speciale di disinformazione si chiama Office of Special Plans e si trova al Pentagono.

Nel 2002 è stata rivelata all’opinione pubblica, così nel 2003 l’unità ha cambiato nome: Northern Gulf Affairs Office, che ha uffici di propaganda nelle cinque armi: aviazione, marina, esercito, marines, forze speciali.

In Gran Bretagna l’ufficio omologo è la Cellula Rockingham del ministero della Difesa, evocata per la prima volta il 21 gennaio 1998. Lo stesso ministero ha in seguito riconosciuto che questa cellula ha contribuito con l’omologa americana a indurre gli ispettori dell’Onu a falsificare i rapporti sul disarmo dell’Iraq. È curioso che il 17 luglio 2003 David Kelly, esperto della Difesa, sia morto in circostanze misteriose mentre si apprestava a rivelare l’attività della Cellula Rockingham alla Bbc.

La cellula omologa in Israele viene evocata nel novembre 2003.

In particolare, questo dispositivo militare internazionale ha condizionato l’opinione pubblica per farle approvare l’attacco all’Irak, diffondendo queste bugie:
1. Saddam non è solo un despota ma un criminale contro l’umanità.
2. Saddam ha fatto patti militari con Corea del Nord, Iran e Osama Bin Laden.
3. Saddam dispone di armi di distruzione di massa capaci di colpire l’Occidente in 45 minuti.

Tutte bugie che hanno giustificato un’invasione militare che, secondo la rivista medica internazionale The Lancet dell’ottobre 2006, sono costate la vita a 650.000 persone.

Lo stesso apparato di disinformazione viene utilizzato per indurre l’opinione pubblica a fare guerra prima al Libano e poi alla Siria e all’Iran, propalando queste tre menzogne:
1. Hezbollah non è un movimento di resistenza nonché un partito in parlamento (e al governo), ma un gruppo terroristico.
2. L’Iran ha creato un’alleanza militare con il Sud dell’Irak, la Siria e il Libano (messaggio riassunto nello slogan: Il pericolo viene dalla Mezzaluna sciita).
3 L’Iran si sta dotando della bomba atomica.
Per sostenere queste balle le tre unità di disinformazione ricorrono a falsi testimoni in questi ambiti:
- il clan Hariri-Jumblatt in Libano;
- il Fronte di salvezza nazionale siriano di recente costituito a Londra;
- i Mujaiddin del popolo iraniano istallati a Washington.

È un caso che tutte le inchieste sui grandi attentati attribuiti (quantomeno inizialmente) ai musulmani siano tuttora non concluse? Buenos Aires, New York, Bali, Casablanca, Madrid, Londra: ovunque il terrorismo islamico è accusato di commettere attentati, le indagini della magistratura si arenano nell’oblio. Se scovassero i veri colpevoli, poi costoro dovrebbero far fuori anche i magistrati.

E se qualche televisione rilutta a trasmettere le menzogne di Bush & soci? Buon per essa, se ha la fortuna di trasmettere da Paesi che ancora possono permettersi di contraddire il pensiero unico occidentale: è il caso di Al-Jazeera, che emette dal Qatar, emirato illuminato (è triste che le democrazie occidentali debbano prendere lezioni di libertà da una forma di governo medievale, vero?).
Ma se la televisione libera e indipendente si trova in Libano, come Al-Manar, la si toglie di mezzo facendola bombardare dagli aerei israeliani. L’inchiesta di Meyssan dà conto anche dei sistemi illegali e violenti con cui gli Stati Uniti e i loro alleati hanno messo a tacere la rete televisiva della resistenza libanese.

Meyssan smaschera, con dovizia di casi concreti, le tecniche di manipolazione cui ricorrono i regimi occidentali per ingannare l’opinione pubblica. Tra queste tecniche spicca quella cosiddetta del Se è vero.

La spiega raccontando quel è successo venerdì 19 maggio 2006.
Il National Post di Toronto pubblica un articolo del giornalista iraniano in esilio Amir Tahéri. Scrive che l’Iran obbliga i non musulmani a portare una pecetta colorata a seconda della religione. Per gli ebrei la pecetta è gialla, come quella che furono costretti a cucirsi addosso nella Germania nazista.
A ogni onesto giornalista, e a ogni onesto direttore di giornale, basterebbe una verifica per scorprire la falsità della notizia. Basterebbe leggere i resoconti, peraltro diffusi anche da agenzie in lingua inglese, delle decisioni del governo iraniano. Il quale si è limitato a discutere l’adozione di una divisa nazionale che i funzionari dello Stato indossano nelle cerimonie. Tutto qui.
Ma perché Amir Tahéri non verifica la notizia e pubblica (o si inventa di sana pianta) la notizia falsa? E perché questa verifica non la fa neppure il direttore del National Post? Eppure Amir Tahéri è personaggio sospetto, che dovrebbe reclamare seri accertamenti: è un ex collaboratore del dittatore dell’Iran, lo scià Reza Pahlevi. E oggi è membro dello studio neoconservatore Benador Associates, che a suo tempo svolse un ruolo centrale nella diffusione di notizie false commissionate dal governo degli Stati Uniti per far passare la guerra all’Iraq. [5]
La notizia del National Post viene ripresa ed enfatizzata dalla catena mediatica occidentale.
I politici non sono così idioti da prenderla per buona. Sanno che sarebbe pericoloso, giacché prima o poi rischierebbero di fare la figura dei creduloni. Ma la commentano e la utilizzano come fosse vera, con una precauzione però: premettono la locuzione Se ciò è vero. Uno stratagemma formale che consente di sfruttare la menzogna, e al tempo stesso uno stratagemma lessicale, perché con questa premessa si può parlare al presente (invece che al condizionale), in modo che le affermazioni al presente, diffuse dalla stampa audiovisiva, sembrino affermative (senza ombra dubitativa).

Il limite di questa inchiesta di Meyssan è il medesimo di quella precedente: si ferma sul più bello. Ricostruisce magistralmente una manipolazione mediatica denunciando i manipolatori. Ma la manipolazione è, al pari della corruzione, delitto bilaterale. Implica qualcuno che corrompe e qualcun altro che si lascia corrompere. Ed entrambi gli attori della manipolazione-corruzione vanno portati sul banco degli imputati. Invece Meyssan assolve per omissione i corrotti e i manipolati. Così i creduloni, gli elettori, insomma il popolobue che costituisce il grosso della pubblica opinione e che prende per buone tutte le panzane che i grandi manipolatori, tramite i media di regime, gli raccontano, non paga pedaggio alcuno, come se abiurare l’autonomia critica non fosse un delitto.
Si obietterà che l’incultura, l’ignoranza, la mancanza di intelligenza, l’incapacità di distinguere non soltanto il vero dal falso, ma anche il verosimile dall’inverosimile e il possibile dall’impossibile non sono sempre una colpa. Vero: se la truffa mediatica è ben congegnata, soltanto un utente-cittadino colto e intelligente è in grado di smascherarla. Ma quando la disinformazione di regime è talmente grossolana, contraddittoria e paradossale da palesarsi per quel che è, cioè una truffa mediatica, quantomeno l’utente medio, cioè il cittadino-massa che forma l’opinione pubblica, è in grado di difendersene.
Per esempio, un cittadino-medio non può credere in buona fede che Israele, dotato di uno dei più attrezzati e moderni eserciti del mondo, sia minacciato dalle sassaiole o dai kamikaze suicidi dei palestinesi, così come non poteva credere che un aereo di linea si fosse infilato in un buchetto del Pentagono, ripiegando le ali come lame di un coltello a serramanico, e poi si sia vaporizzato, motori e passeggeri compresi, in modo da non lasciare traccia alcuna. Il cittadino medio non può credere che l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq, dove le truppe occidentali hanno già ucciso quasi un milione di persone, in maggioranza civili, e dove non si è mai trovata traccia alcuna di armi di distruzione di massa, sia una necessità difensiva dell’Occidente.
Se un cittadino-medio crede a queste panzane è perché gli fa comodo crederle. Anzi, gli è indispensabile, perché gli offrono l’alibi morale e civile a lasciare che, anche in suo nome, si commettano crimini immani. Perché la priorità del cittadino-medio occidentale è andare al distributore e trovare sempre benzina per riempire il serbatoio della propria auto, e al diavolo se per avere questa benzina bisogna massacrare popoli lontani. Popoli invisibili a un cittadino-medio miope, che ormai riesce a mettere a fuoco soltanto i propri figli, già quelli del vicino gli sono estranei. Figurarsi i piccoli palestinesi, libanesi, afgani e iracheni e via elencando umanità considerate alla stregua del petrolio: propellente sacrificabile al proprio benessere.
È questo cittadino-medio, fintamente o colpevolmente credulone, il mandante e il beneficiario delle guerre coloniali. Dunque anche il mandante e il responsabile degli inganni mediatici indispensabili a mettergli la coscienza in pace, oltre che a impedire la conoscenza e la presa di coscienza dei cittadini onesti.

[1]
Réseau Voltaire: www.voltairenet.org.
Alcuni articoli sono tradotti anche in italiano. Tra i collaboratori italiani: Giulietto Chiesa.

[2]
Thierry Meyssan, L’effroyable imposture, Carnot, Paris, 2002.

[3]
Thierry Meyssan, Le Pentagate, Carnot, Paris, 2002.

[4]
Il Pentagono dispone, da solo, di un budget di 665 milioni di dollari per la disinformazione ed è autorizzato dal Congresso a condurre operazioni segrete, compresi atti di terrorismo.

[5]
Benador Associates, studio di consulenza Usa. Di fatto laboratorio neoconservatore vicino al governo israeliano. Vi lavora, tra gli altri, Walid Phares, ex collaboratore libanese durante l’occupazione israeliana e oggi rifugiato in Usa, dove presiede la World Lebanese Organisation che milita per la creazione di un Libano esclusivamente cristiano a fianco di un Israele esclusivamente ebreo.