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Federico di Svevia, il figlio dell'aquila

di Luigi Carlo Schiavone - 25/07/2007




Il 26 dicembre 1194 nasceva ad Jesi, nella marca di Ancona, Federico II, figlio di Costanza d’Altavilla, Regina dei normanni siciliani e dell’Imperatore Enrico VI, e quindi nipote del prode Federico I Barbarossa. La nascita dell’erede che era destinato a donare all’Impero, in quel periodo travagliato, la tanto sospirata stabilità faceva ben concludere l’anno alla coppia reale. La particolarità della data fece accogliere in maniera controversa la regale nascita dai cronisti dell’epoca; Pietro da Eboli salutò l’evento come la venuta di un secondo Salvatore che inaugurasse una nuova epoca d’oro, mentre molti uomini di chiesa videro nella nascita del futuro Imperatore l’avverarsi della profezia del Mago Merlino che parlava di nascita funesta e presagio di disgrazie per il mondo intero dicendo del bimbo: “sarà un agnello da squartare ma non da divorare e un leone furioso fra i suoi”.
Nel 1197, in seguito alla morte dell’imperatore Enrico, l’Impero cadde nel caos. Costanza d’Altavilla, a cui fu affidata la reggenza in Sicilia, si liberò dei tedeschi che tanto odiava e di tutti coloro che potevano creare futuri problemi al figlio; per evitare l’anarchia nel regno, inoltre, si vide costretta a chiedere aiuto a Papa Innocenzo III, in cambio del quale stipulò un Concordato che poneva la Chiesa di Sicilia alle dipendenze di Roma. Nel maggio del 1198, a soli 4 anni, Federico, condotto a Palermo, fu incoronato, con solenne rito bizantino, Re di Sicilia e di Palermo; nel novembre dello stesso anno Costanza d’Altavilla morì. Federico, divenuto protetto del Papa, fu affidato, come tradizione voleva, alle cura del collegio dei Familiari a capo del quale vi era Gualtieri di Paleria, vescovo di Troia, precedentemente allontanato dal regno in seguito delle politiche di epurazione attuate da Costanza.
La crescente opposizione sorta nell’Impero nei confronti del giovane erede, considerato da tutti un successore troppo debole, portarono suo zio, Filippo di Svevia, ad assumere la corona tedesca. A ciò i nemici degli Hohenstaufen reagirono, dopo molti tentativi andati a vuoto, coalizzandosi con il conte di Poitou Ottone IV di Brunswick e dando vita ad uno scisma imperiale che si concluderà solo sedici anni dopo con una vera e propria guerra europea.
Il 1208 è anno di cambiamenti per il giovane Federico; a Baberga suo zio Filippo, Re dei Romani, è assassinato e Ottone, fidanzandosi con la figlia del defunto, tentò di volgere la situazione a suo vantaggio; in dicembre, Federico compì 14 anni e divenne maggiorenne, uscendo così dalla potestà papale. Nel 1209 sposò Costanza, vedova del Re d’Ungheria e sorella di Pietro d’Aragona, portando a compimento l’antico progetto d’alleanza tra il regno di Sicilia ed i Signori d’Aragona, patrocinato già dalla madre e dal Papa, mentre Ottone IV di Brunswick era proclamato Imperatore a Roma. A 17 anni, dopo aver assegnato la corona del regno a suo figlio Enrico e affidato la reggenza a sua moglie, incominciò la sua avventura per ritornare in possesso del titolo che gli spettava di diritto. Incontrato il Papa, giunse con le sue navi a Genova e diede vita alla marcia che doveva condurlo in Germania. Nel 1212, infatti, stipulò un’alleanza con il Re di Francia, Filippo Augusto, con cui i due, legati dal sentimento d’opposizione ad Ottone e a Giovanni Senza Terra, s’impegnavano a non stipulare alcuna sorta di pace separata con costoro senza il consenso dell’altro. Nello stesso anno Federico fu eletto Re di Germania.
Lo scontro decisivo con Ottone si tenne a Bouvines nel 1214. Qui il Re francese Filippo Augusto spazzò via le truppe dell’usurpatore Ottone e di Giovanni senza Terra, spianando la strada al giovane Federico che, a 21 anni, dopo la conquista di Aquisgrana, fu formalmente incoronato Imperatore; nel 1217, un anno prima della morte di Ottone, inoltre, ricevette la corona e lo scettro, simboli dell’Impero. Occorreva ora solo il beneplacet del Papa; ed Onorio III, intanto succeduto ad Innocenzo III, il 22 novembre del 1220, ultima domenica dell’Avvento, non mancò d’ungere il capo di Federico segnando definitivamente la sua consacrazione al vertice dei sovrani europei. Gliene derivò, però, l’obbligo di progettare la famosa crociata promessa al Papa in cambio del suo aiuto nella riconquista dell’Impero. Rimasto intanto vedovo di Costanza sposò, nel 1225, Isabella di Brienne, figlia del Re di Gerusalemme Giovanni, che gli darà in erede, nel 1228, Corrado. È sempre nel 1228, in seguito alle continue pressioni del nuovo pontefice Gregorio IX seguite da una scomunica, che l’Imperatore deciderà di muovere verso la Terra santa. La scomunica all’Imperatore fu malvista dal popolo romano, che gli dimostrò tutto il suo amore il giorno di Pasqua, allontanando il Papa, colpevole di aver tenuto un veemente sermone contro di lui, dalla Basilica di San Pietro costringendolo a trovar riparo per le strade romane.
L’avventura in Terrasanta fu condotta da Federico in una maniera del tutto atipica rispetto agli altri sovrani europei. Dapprima stipulò un trattato con il Sultano d’Egitto Al-Kamil per ottenere, in cambio del suo aiuto nella lotta contro suo fratello Al-Mu’zzam, la liberazione di Gerusalemme senza colpo ferire ma la morte di quest’ultimo rese nullo l’accordo, in seguito riabilitato a causa di vicende belliche, trasformandosi nel noto Trattato di Giaffa, della durata di dieci anni, con il quale riuscì ad ottenere la tanto aspirata liberazione di Gerusalemme, che, lontana dagli antichi fasti, versava ormai in una situazione disastrosa. Il pragmatismo, oltre alla sua sete di conoscenza, gli permise di essere beneamato tra i sudditi musulmani: egli scelse, infatti, di lasciare libero accesso alla Venerata Rocca e a tutti luoghi santi dell’Islam; volle, inoltre, che ai muezzin fosse consentito di chiamare i fedeli alla preghiera in tutti gli orari previsti; strinse, infine, rapporti strettissimi con la setta degli Yassassin, tanto che alcuni storici dell’epoca avanzarono l’ipotesi che era sua intenzione ricreare una istituzione simile in Europa. In qualità di Re di Gerusalemme, quindi, offrì a suoi fedeli alleati dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici l’amministrazione dei territori di Nazareth e Tiberiade, consumando così la definitiva rottura con i Templari e gli Ospedalieri iniziata al tempo della sua sosta a Cipro per ottenere l’appoggio di Giovanni Ibelin nella crociata. Il 1229 è l’anno del suo ritorno in Italia dove trovò ad attenderlo l’esercito papale, sceso in campo con la chiara intenzione di riportare la Sicilia sotto le insegne delle chiavi di San Pietro. L’Imperatore, furente per lo stato delle cose, risolse tutto in poco tempo. Con un’azione decisa, che ben mescolava vendetta ed indulgenza, tornò in poco tempo in possesso del maltolto giungendo a minacciare i confini dello Stato pontificio. Di pari passo all’evento bellico, proseguiva un’ottima azione diplomatica condotta da Ermanno di Salza, Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici, conclusasi, nel settembre del 1230 ad Anagni, con la riappacificazione fra l’Imperatore e il Papa.
L’Imperatore però non aveva interesse solo per l’attività bellica; paragonato ad un novello Alessandro Magno, fu fiero cultore di tutte le arti. Appassionato di esoterismo, di astrologia e di filosofia, amava discuterne con i dotti a cui dava ospitalità alla sua corte. I nomi più eclatanti erano Michele Scoto e Pier delle Vigne, suo cancelliere e logoteta oltre che fidato amico e consigliere. Nel 1224, aveva dato vita a Napoli ad una fiorente Università. Le discipline ivi insegnate erano teologia, filosofia, diritto e medicina, cui attinse, nel 1240 in qualità di studente, anche il celebre Tommaso d’Aquino. Federico, dunque, era uno spirito nobile, che ben sposava la definizione di “nobiltà” da lui stesso redatta in una lettera indirizzata, nel 1238, al figlio Corrado “… non badare all’origine del corpo ma a quella dello spirito perché la nobiltà deriva dall’anima. Anche se la tua origine è altissima, la tua nobiltà non ha alcun valore se sei privo di spirito; al contrario se un uomo dotato d’ingegno è nato nel fango e nel letame la sua nobiltà è autentica. La stirpe non è superiore all’ingegno ma l’ingegno lo è alla stirpe: così è per il vero nobile”. Amante della caccia col falcone, redigerà, in onore di questa passione, il testo “De arti venandi cum avibus”. Nel 1231 promulga, con l’aiuto di Pier delle Vigne, le Costituzioni melfitane; rileva il riconoscimento delle differenti religioni nel suo territorio. Un’altra passione a cui si dedicò, dopo il ritorno da Gerusalemme, fu la costruzione di castelli in cui sono ben visibili le influenze esoteriche e islamiche. Il Castello Del Monte nell’Alta Murgia, ad esempio, con i suoi segreti, suscita tutt’oggi vivo interesse tra gli storici. Nel 1232, per coronare in maniera onorevole la nuova legislazione, coniò la prima moneta aurea che circolò in Italia: l’Augustale che, oltre all’effige dell’Imperatore, portava quello che Dante definiva il “santo segno”: l’aquila con a testa di lato e le ali spiegate. Nel 1234, nuove nubi s’addensarono sul capo di Federico II. Suo figlio Enrico, già protagonista di gesti d’insofferenza contro il potere paterno, diede vita, durante il convegno di Boppard, ad un’aperta ribellione. Alleatosi con la ricostituita Lega Lombarda (1226) da sempre nemica degli Imperatori, decise di muovere contro il padre, nel frattempo partito con il figlio Corrado verso la Germania. Ancora una volta il contributo di Ermanno di Salza fu importantissimo: Enrico, che in seguito alla scomunica papale aveva ridotto l’intensità dell’azione, infatti, fu persuaso da quest’ultimo ad arrendersi.
Condotto al cospetto del padre a Wimpfen, non fu comunque perdonato, ma anzi Federico decise di farlo imprigionare. Enrico resterà in questo stato per sei anni, disperandosi per la sua sorte prima di suicidarsi, lanciandosi da una rupe durante il trasferimento da una prigione all’altra. Nella morte, Federico decide di accordargli il perdono negato donandogli le vesti imperiali per la tumulazione nel duomo di Cosenza. Nel 1235, dopo aver concluso il suo terzo matrimonio con Isabella, figlia del Re inglese Giovanni senza Terra, decise di risolvere definitivamente il conflitto latente con i nemici lombardi, lasciando il Papa molto perplesso.
Contando su validi alleati al nord, come Ezzelino da Romano artefice della vittoria di Vicenza del 1236, l’Imperatore riuscì a sconfiggere a Cortenuova il 27 novembre 1237 la Lega Lombarda. Vittoria sigillata dalla sottrazione del Carroccio, simbolo delle libertates dei Comuni, che fu dapprima condotto disadorno in processione trionfale a Cremona e successivamente inviato in qualità di dono ai Romani che lo esposero al Campidoglio.
Il crescere del potere imperiale, unito alla volontà di non impegnarsi in nuova crociata e alla decisione di Grandi Elettori tedeschi in favore di Corrado quale successore di Federico, furono le cause che portarono il Pontefice, la domenica delle Palme del 1239, a scomunicare nuovamente l’Imperatore. Decisione mal digerita da molti sovrani europei. I rapporti si inasprirono al punto tale che Federico II, oltre a non garantire la sicurezza a chi si recava a Roma per il sinodo indetto dal Papa, nel 1241, proibì ai suoi sudditi di recarvisi. Nel 1243, dopo due anni di vacanza apostolica, fu eletto Papa, col nome di Innocenzo IV, Siniscalco degli Ubaldi, acerrimo nemico dell’Imperatore già ai tempi del suo predecessore Gregorio IX. Innocenzo IV, fuggito da Roma, darà vita, a Lione nel 1244, ad un Concilio per risolvere la c.d. “questione Federico”.
Appuntamento che si concluderà, nel 1245, con la deposizione dell’Imperatore dal suo trono. La marcia iniziata verso Lione, per rovesciare la decisione, s’arrestò per diverso tempo nei pressi di Parma.
Qui Federico s’accampò con il suo seguito. L’accampamento Vittoria, destinato a divenire una futura città, fu spazzato via, nel 1248, dalla furia degli assediati, che profittarono d’un attimo di debolezza dell’Imperatore, uscito per una battuta di caccia con i suoi falconi e gli armigeri. Il 1249 è l’anno dell’arresto del fidato amico e maestro Pier delle Vigne che, non sopportando le accuse di tradimento, si ucciderà in prigione.
Ma il crepuscolo dell’Imperatore era alle porte: nel 1250, mentre il Papa riparava nel feudo inglese di Bordeaux, e Federico, forte dei successi in Italia e in Germania, era intento a progettare l’ultimo assalto, la morte lo colse all’improvviso a causa di una malattia contratta mentre cacciava a Castel Fiorentino. Il 13 dicembre, giorno considerato dal Papa splendido per la cristianità, fu visto da altri come un’immane tragedia.
“Il sole della giustizia è tramontato e l’artefice della pace è spirato”, così suo figlio Manfredi descrisse in una lettera al fratello Corrado, la data in cui lo spirito del padre, fra i più degni rappresentanti della dignità imperiale, lasciò il suo involucro terreno per librare un volo degno di quell’Aquila che aveva tanto amato in vita, alla conquista di un posto di primo piano nella storia universale.