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Potere aereo e guerre asimmetriche, oggi

di Ezio Bonsignore* - 26/07/2007



Nel giro di poco più di tre mesi il Pentagono ha ordinato quasi 4.000 veicoli corazzati ruotati della serie Mrap (Mine Resistant Ambush Protected) per sostituire gli Humvee in servizio in Iraq e Afghanistan e nuovi ordini continuano a essere emessi ogni paio di settimane. Cinque ditte diverse stanno lavorando con ritmi da tempo di guerra (produzione su tre turni) per accelerare al massimo le consegne. Oltre 7.000 veicoli dovrebbero essere già nei teatri operativi per l'aprile del 2008. Gli stessi mezzi sono già stati ordinati (anche se naturalmente in numeri molto minori) da Canada e Gran Bretagna, anche in questi casi con procedure della massima urgenza.

Il semplice buon senso, e l'esperienza maturata in combattimento, hanno finalmente avuto la meglio sulle fumisticherie e i sogni di tanti super-strateghi da poltrona, che non hanno servito un solo giorno in uniforme e non hanno mai visto un campo di battaglia nemmeno da lontano, eppure pretendevano di avere l'autorità politica di ordinare ai militari come combattere e con che mezzi. La fantastica visione di veicoli fatti di cartoncino e stagnola da proiettare in giro per il mondo non solo per bonarie missioni di mantenimento della pace e di assistenza umanitaria, ma anche per ben più serie operazioni di contro-guerriglia, è finalmente morta e sepolta. Ied e Rpg si sono presi cura del funerale e hanno fatto capire con la massima e terribile chiarezza che in un veicolo da combattimento le doti di protezione e sopravvivenza sono più importanti della aereotrasportabilità.

È certamente logico che questo processo di ritorno alla realtà riguardi sopratutto le forze terrestri, che portano la maggior parte del peso degli scontri in Iran e Afghanistan e assorbono virtualmente tutte le perdite di personale. Ma è interessante chiedersi quanto ci vorrà, prima che anche le forze aeree comincino a capire che è ora di cambiare musica.

L'impatto delle esperienze operative di Enduring Freedom e Iraqi Freedom sulle dottrine operative delle aereonautiche occidentali è stato sinora sostanzialmente limitato all'aggiungere una nuova pagina al perpetuo (e sostanzialmente sterile) dibattito circa le possibilità e i limiti del potere aereo nei conflitti moderni. I brillanti risultati ottenuti nelle fasi iniziali di ambedue le operazioni sembrarono rafforzare il concetto che l'accoppiata tra forze aeree ad alta tecnologia e forze terrestri leggere ma mobilissime fosse la soluzione vincente per qualsiasi tipo di intervento militare, sostituendo vantaggiosamente i lenti, pesanti e farraginosi eserciti della Guerra Fredda. Ma le amare realtà di due conflitti asimmetrici sempre più feroci hanno fatto piazza pulita di queste illusioni, e hanno drammaticamente dimostrato come i "boots on the ground", la presenza di robuste forze di fanteria sia assolutamente indispensabile per controllare e pacificare un paese occupato.

Naturalmente questo dibattito ha delle ovvie implicazioni circa le rispettive fette del bilancio della difesa che devono essere assegnate ai diversi servizi, e per questa ragione i toni della discussione sono spesso molto accesi. Ma in realtà, l'accento posto sulle questioni dottrinali e di bilancio tende a oscurare un punto molto più importante e cioè la crescente evidenza che le nostre [dei paesi della NATO, NdR] aereonautiche non sono in realtà equipaggiate e addestrate in modo adeguato per combattere e vincere un conflitto asimmetrico, esattamente come le forze terrestri non lo erano sinchè è durata l'ubriacatura della "aereotrasportabilità ad ogni costo". La gravità della situazione non traspare immediatemente perché a differenza delle forze terrestri non porta a una continua emorragia di perdite giornaliere, ma il problema esiste ed è serio.

L'introduzione di armi aria-superficie di grande precisione e a lunga portata ha condotto allo sviluppo delle dottrine per la guerra aerea "effect-based", e cioè indirizzata non tanto a infliggere distruzioni quanto a ottenere certi specifici risultati voluti nel comportamento del nemico. Anche delle forze aeree relativamente piccole ma ad alta tecnologia sono oggi in grado di esercitare una straordinaria pressione a livello strategico, mirando direttamente alla giugulare del nemico in termini di centri di comando, infrastrutture industriali strategiche, installazioni militari e altri bersagli di elevatissimo valore. Si è quindi arrivati molto vicini alla realizzazione pratica delle profezie di Douhet e Mitchell circa l'avvento del potere aereo come l'arma assolutamente dominante e perfettamente in grado di vincere una guerra da sola o con un modesto appoggio da parte delle forze terrestri e navali.

Ma ogni medaglia ha il suo rovescio e l'ascesa dell'importanza strategica del potere aereo ha anche significato che le aereonautiche si sono via via sempre più allontanate dal campo di battaglia e hanno progressivamente perso ogni interesse nelle missioni di appoggio al suolo. E in realtà perché preoccuparsi di dare la caccia ai carri sul campo di battaglia con la contraerea e tutto il resto quando invece una serie di attacchi coordinati con missili da crociera sganciati da distanza di sicurezza può distruggere le fabbriche e i centri di manutenzione, annientare la struttura di comando e controllo delle unità corazzate, far saltare in aria i depositi di carburante e munizioni, e tagliare tutti i ponti che portano al fronte?

Il problema è che in un conflitto asimmetrico il nemico ben raramente ha la cortesia di offrire bersagli che possano essere distrutti con armi di precisione aria-superficie. Il risultato, per quanto questo possa essere difficile da digerire per chi porta un'uniforme azzurra, è che il contributo reale che le forze aeree occidentali sono in grado di fornire alle operazioni in Iraq e Afghanistan è di gran lunga inferiore alle loro capacità teoriche e tale da non giustificare in alcun modo gli assurdi costi dei loro aerei e delle loro armi. E quando le pressanti richieste di aiuto che salgono da chi sta già nel fango o nella sabbia finalmente portano a un intervento del potere aereo, le particolarissime condizioni operative troppo spesso causano "danni collaterali" il cui impatto negativo sugli obiettivi strategici a lungo termine, che consistono essenzialmente nel guadagnarsi l'appoggio o quanto meno la neutralità della popolazione, annulla qualsiasi vantaggio sul piano tattico.

Episodi pur spettacolari come l'eliminazione di al Zarkawi sono troppo specifici e unici per avere un peso reale - anche perché si può sospettare che in realtà si sia voluto dimostrare la validità del potere aereo, affidando all'aeronautica e alla sue bombe di precisione una missione, che avrebbe potuto benissimo essere svolta da un gruppo di forze speciali.

Siamo quindi arrivati a un assurdo paradosso; il potere aereo è forse il principale elemento per la superiorità militare tecnologico-operativa dei paesi occidentali e mantenerlo comporta dei costi atroci; eppure di fatto questo potere non fornisce alcun contributo degno di nota ai conflitti in corso. Si potrebbe anzi sostenere che la principale differenza tra le brillanti fasi iniziali di Enduring Freedom e Iraqi Freedom e il marasma attuale consiste appunto in questo e cioè nel fatto che la nostra [della NATO in Afghanistan e della coalizione guidata dagli USA in Iràq, NdR] schiacciante superiorità aerea è diventata irrilevante. La questione non è se il potere aereo sia o non sia importante anche nel quadro di conflitti asimmetrici, perché è ovvio che lo è. Il problema consiste invece nel fatto che i nostri supercaccia da Mach 2+, con tutta la loro avionica sofisticatissima, caratteristiche stealth, supercruise, armamento aria-superficie di ultimissima generazione e così via non sono in alcun modo lo strumento più adatto per vincere le guerre che stiamo combattendo e che con molta probabilità continueremo a dover combattere in futuro.

Naturalmente le forze aeree si rendono ben conto del rischio che i loro splendidi giocattoli scivolino progressivamente nell'irrilevanza e per evitare una tale jattura si stanno veramente arrampicando sugli specchi. L'Armée de l'Air si è affrettata a inviare il Rafale in Afghanistan appena entrato in servizio, anche se la designazione dei bersagli per le sue bombe laser deve comunque essere fatta dai Mirage 2000 che erano già in teatro (il pod Damocles per il Rafale non sarà pronto prima di un paio d'anni) e che avrebbero potuto benissimo continuare a portare anche le bombe come facevano prima. E la Raf, che non può certo accettare di essere lasciata indietro dai "mangiarane", sta seriamente pensando di inviare in Afghanistan qualche Typhoon, anche se ancora completamente sprovvisto di armi aria-superficie, per fare missioni di attacco al suolo con il cannoncino da 27mm! Un caccia da superiorità aerea da 150 milioni di euro al pezzo, rischiato a bassissima quota per il gusto di far secco qualche Taliban sul suo somarello! Siamo davvero alla follia!

Sta invece emergendo sempre più chiaramente un urgente requisito per un aereo da attacco al suolo e controguerriglia (Cas-Coin) che sia in grado di fornire un appoggio di fuoco immediato e diretto alle unità terrestri, sostituendo a tutti gli effetti in questi compiti gli elicotteri da combattimento che si stanno rivelando troppo vulnerabili, delicati e di "gamba corta" nelle particolari condizioni dei teatri operativi iracheno e afghano.

Disgraziatamente, riorientare e riequipaggiare le nostre forze aeree ai fini di una corretta applicazione del potere aereo in conflitti asimmetrici sarebbe una faccenda molto più complessa e costosa che non nel caso delle forze terrestri. Le aereonautiche hanno sempre considerato la conquista e mantenimento della superiorità aerea come la loro missione primaria, seguita dagli attacchi strategici a lunga distanza e con l'attacco al suolo ravvicinato a un lontanissimo terzo o quarto posto e sarebbe ben difficile intervenire su questa mentalità. Inoltre, è palese che delle nuove capacità Cas-Coin dovrebbero essere aggiunte a quelle già esistenti in fatto di difesa aerea e attacco strategico e non certo sostituirle, il che sarebbe possibile solo a patto di aumentare ancora la fetta del bilancio assegnata alle forze aeree.

Eppure, qualcosa deve essere fatto, perchè esiste un'alternativa molto più sinistra. Si vanno sempre più moltiplicando, negli ambienti "pensanti" del mondo militare americano, i suggerimenti e le analisi secondo cui la soluzione per rendere il potere aereo veramente valido in guerre asimmetriche non consiste nello sviluppo di aerei e armi adatti alle specifiche missioni, bensì semplicemente in un radicale riorientamento nella scelta dei bersagli. Gli attacchi aerei dovrebbero cioè essere indirizzati non contro le infrastrutture chiave (che non esistono) o i combattenti nemici (che sono difficili da colpire in questo modo), bensì contro la popolazione civile, che costituisce un bersaglio enorme, facile e completamente sprotetto e che non può scappare o nascondersi. Uomini e donne, vecchi e bambini dovrebbero essere massacrati a suon di bombe nello stile di Dresda e Tokio fino a che non capiscono la lezione e smettono di aiutare e ospitare i partigiani.

L'Usaf "ufficiale" ha sinora mostrato una grande freddezza verso queste idee e si può quindi ancora sperare che esse non verranno mai messe in pratica, anche se certi aspetti dellle recenti operazioni aeree in Afghanistan sembrano invece purtroppo suggerire che si sia cominciato a fare qualche cauto esperimento.

Le aereonautiche sono comprensibilmente molto riluttanti all'idea di dover tornare a occuparsi di attacco al suolo e controguerriglia, faccende "sporche" e pericolose. Allo stesso tempo, però, gli uomini in azzurro dovrebbero riflettere sul fatto che se non fanno qualcosa loro - e in fretta - rischiano di resuscitare lo spettro che temono più di ogni altra cosa: che gli eserciti perdano la pazienza e passino senz'altro a riorganizzare le proprie flotte di aerei da attacco e appoggio al suolo.

Fonte originale: http://www.paginedidifesa.it/2007/bonsignore_070723.html
Si ringrazia "Pagine di Difesa" per la concessione di quest'articolo.

* Ezio Bonsignore è direttore di "Military Technology"