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Le battaglie di Leopoli

di Francesco Lamendola - 26/07/2007

 

    Le due battaglie di Leopoli (in tedesco, Lemberg, combattute fra il 26 agosto e l'11 settembre del 1914, videro il primo grande scontro in Galizia fra l'esercito austro-ungarico e quello russo. Si trattò di una delle maggiori battaglie della prima guerra mondiale, in cui furono coinvolti circa due milioni di soldati, che però - stranamente - è passata quasi sotto silenzio dalle storie generali della guerra 1914-1918, che dedicano il più ampio spazio a quella della Marna e a quelle di Tannenberg e dei Laghi Masuri (vedi, p. es., il classico "I cannoni d'agosto" di Barbara Tuchman). Le battaglie di Leopoli, terminate con il fallimento dell'ambizioso piano strategico di Conrad von Hötzendorf mirante a tagliare alla radice il "saliente polacco" accerchiandovi l'esercito russo, mostrarono l'incapacità dell'Austria a svolgere un ruolo primario sul fronte orientale. A partire da quel momento, la Germania dovette assumersi un ruolo militare crescente anche fra il Mar Baltico e la Romania, divenendo il vero motore trainante deglla macchina bellica degli Imperi Cenrali. E la Russia, che aveva sconfitto gli Austriaci ma non aveva potuto sfruttare a fondo il successo, si avviava a una guerra lunga e logorante, da cui il regime zarista sarebbe uscito distrutto.

 

 

INDICE

 

AVVERTENZA, p. 3.

 

PARTE PRIMA: GLI ESERCITI E I COMANDI CONTRAPPOSTI, p. 4.

 

1.     L'ESERCITO AUSTRO-UNGARICO NEL 1914, p. 4.

2.     I COMANDI AUSTRIACI, p. 5.

3.     IL PROBLEMA DELLE TRUPPE SLAVE, p. 8.

4.     L'ESERCITO RUSSO NEL 1914, p. 9.

5.     I COMANDI RUSSI, p. 11.

 

PARTE SECONDA: I PIANI DI MOBILITAZIONE E DI AVANZATA, p. 13.

 

1.  I PIANI DI MOBILITAZIONE AUSTRIACI, p. 13.

2.     IL PIANO DI AVANZATA AUSTRIACO, p. 16.

3.     I PIANI DI MOBILITAZIONE RUSSI, p. 19.

4.     IL PIANO DI AVANZATA RUSSO, p. 21.

 

PARTE TERZA: LA RADUNATA SUI FRONTI PRELIMINARI, p. 23.

 

1.     SCHIERAMENTO AUSTRIACO CONTRO LA RUSSIA, p. 23.

2.     SCHIERAMENTO RUSSO CONTRO L'AUSTRIA, p. 24.

3.     VALUTAZIONE DELLE FORZE CONTRAPPOSTE, p. 25.

4.     LA RADUNATA AUSTRIACA IN GALIZIA, p. 27.

5.     I CONTATTI AUSTRO-TEDESCHI PER UNA COOPERAZIONE DELLA OTTAVA ARMATA, p. 29.

6.     LA RADUNATA RUSSA SUL FRONTE SUD-OCCIDENTALE, p.32.

 

PARTE QUARTA: LA PRIMA FASE DELLA CAMPAGNA, p. 35.

 

1.       L'AVANZATA DELLE CAVALLERIE AVVERSARIE E GLI SCONTROI DI FRONIERA, p. 35.

2.       LE ULTIME DISPOSIZIONI DEGLI OPPOSTI COMANDI, p. 38.

3.       BATTAGLIE DI KRAŚNIK E KOMARÓW, p. 42.

4.       BATTAGLIE DELLA ZLOTA LIPA E DELLA GNILA LIPA (PRIMA BATTAGLIA DI LEOPOLI), p. 47.

5.       LA BATTAGLIA DAVANTI A LUBLINO, p. 53.

 

PARTE QUINTA: LA SECONDA FASE DELLA CAMPAGNA, p. 56.

 

1.        LA CONVERSIONE DELLA QUARTA ARMATA AUSTRO-UNGARICA, p. 56.

2.        LA SECONDA BATTAGLIA DI LEOPOLI, p. 59.

3.        LA RITIRATA AUSTRIACA SULLA LINEA DEL SAN, p. 65.

4.        BILANCIO CONCLUSIVO, p. 68.

 

PARTE SESTA: ESAME CRITICO DELLA CAMPAGNA AUSTRO-RUSSA NELL'ESTATE 1914, p. 73.

 

1.        LA RADUNATA DEI DUE ESERCITI, p.73.

2.        LA MINACCIA CONTRO IL FIANCO DESTRO AUSTRIACO, p. 77.

3.        LE BATTAGLIE DI KRAŚNIK E KOMARÓW, p. 79.

4.        LA SECONDA BATTAGLIA DI LEOPOLI, p. 82.

5.        GIUDIZI CRITICI, p. 85.

 

BIBLIOGRAFIA, p. 87.

 

 

 

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AVVERTENZA

 

 

     Poiché nel 1914 i luoghi in cui si svolse la maggior parte dello scontro austro-russo erano compresi nella parte austriaca della Duplice Monarchia austro-ungherese (Cisleithania), per i nomi geografici si è usata la grafia tedesca, ad eccezione di quelli più conosciuti (Leopoli e non Lemberg, Vienna e non Wien) e di regione o Stato (Galizia e non Galizien, Austria e non Österreich).  Lo stesso principio è stato seguito anche nel caso di località passate  ad altra sovranità e ufficialmente ribattezzate, poiché tali cambiamenti sono posteriori agli avvenimenti qui trattati. Così si è scritto Kaschau e non Košice, Crzernowitz e non  Černovcy. Lo stesso vale per Leopoli che, compresa oggi entro i confini dell'Ucraina, è stata ribattezzata  L'vov.

 

     Il titolo del presente studio, Le battaglie di Lemberg (26 agosto-11 settembre 1914), specifica il periodo storico per non creare possibili confusioni con una seconda serie di battaglie che si svolsero intorno a Leopoli nel 1915, dopo la grande offensiva austro-tedesca di Tarnów-Gorlice.

 

 

 

 

 

 

PARTE PRIMA

 

GLI ESERCITI E I COMANDI  CONTRAPPOSTI

 

 

1.     L'ESERCITO AUSTRO-UNGARICO NEL 1914.

 

     Sconfitto nella guerra del 1859 contro la Francia e il Regno di sardegna, in quella del 1866 contro la Prussia e l'Italia, l'esercito austriaco veso la fine dell'Ottocento sembrava avviato verso una lenta ma inarrestabile decadenza.L'arciduca Francesco Ferdinando fu l'artefice della sua totale riorganizzazione, aiutato validamente dal capo di Stato maggiore, generale Conrad von Hötzendorf. Nel 1914, l'opera di riorganizzazione perseguita con chiarezza di vedute e infaticabile energia poteva dirsi compiuta. Alla vigilia della guerra mondiale questo esercito (divenuto austro-ungarico in seguito al compromesso del 1867) era uno dei più potenti del mondo, in grado non solo di difendere l'Impero, ma di minacciare i suoi molti nemici esterni.

     Come è noto, l'Austria-Ungheria possedeva tre eserciti: l'esercito comune austro-ungarico, la milizia territoriale austriaca (Landwehr) e la milizia territoriale ungherese (Honvéd). Infine c'era la Landsturm, composta da truppe scarsamente istruite, meno doate di artiglieria e poco adatte alle grandi operazioni in linea. L'Austria-Ungheria aveva incominciato la mobilitazione parziale contro la Serbia il 25 luglio; il 31 luglio era stata annunciata ufficialmente la mobilitazione generale, essendo apparso inevitabile lo scontro diretto con la Russia. L'esercito mobilitato era forte di 6 armate, 16 corpi d'armata, 49 divisioni di fanteria, 9 divisioni di cavalleria e alcune brigate da montagna e di Landsturm non individsionate. In complesso 1.094 battaglioni, 425 squadroni, 483 batterie con 2.610 pezzi, per un totale di circa 1.400.000 combattenti. (1)

     La fanteria dell'esercito austro-ungarico, composta di truppe perfettamente equipaggiate , era armata del fucile Mannlicher, che godeva di una netta superiorità su quello in dotazione alla fanteria russa. Era inoltre dotata delle eccellenti mitragliatrici Schwartzlose. La cavalleria era ottima e dotata di grande valore, dimostrandosi a volte fin troppo impetuosa. Come quella russa, costituiva una grande massa particolarmente adatta all'impiego nelle vaste pianura dello scacchiere nord-orientale.  Esisteva però una differenza sostanziale fra le due tattiche delle cavallerie avversarie.  La cavalleria austriaca imbastiva a volte delle operazioni smontata, e nell'impiego a piedi si dimostrava alquanto inefficiente: ciò privò gli Austriaci di un'arma poderosa, al contrario dei Russi che seppero sfruttarla magnificamente. L'artiglieria austriaca era eccellente. Quella da campagna (pezzo da 76,5 mm.) era inferiore alla russa (e anche all'italiana), ma quella da montagna era buona, e ottima quella pesante campale e d'assedio. Una notevole aliquota dell'artiglieria austriaca costituiva l'armamanento delle grandi piazzeforti della Galizia: circa 800 pezzi a Cracovia e quasi 1.000 pezzi a Przemyśl; di questi, però, molti erano cannoni di modello antiquato, pezzi a corta gittata di scarsa utilità tranne che per la difesa ravvicinata. Il pezzo di maggior calibro  dell'artiglieria austriaca era il mortaio a 305 mm. costruito dalla Skoda, la famosa fabbria d'armi boema. Durante la campagna di Galizia dell'state 1814 questo pezzo non venne impiegato: la sua funzione principale era lo smantellamento rapido  dei forti e poiché sul fronte russo non esistevano piazze potentemente difese, Conrad prestò a Moltke parecchi questi cannoni (per l'assedio di Liegi) in attesa che fosse disponibile il pezzo da 420 mm. della Krupp di Essen.  Questa artiglieria pesante, che inizialmente  era stata giudicata praticamente inamovibile.,  poteva raggiungere invece una velocità giornaliera di 24-36 km.; e la sua facile avanzata al seguito delle truppe costituì una sorpresa strategica di vaste proprozioni per gli Stati Maggiori alleati in Belgio. Il punto debole dell'artiglieria austriaca era la scarsità di munizionamento. Allo scoppio della guerra in Austria non v'era che una riserva di 500 colpi per pezzo, la metà delle altre grandi potenze e perfino meno della Serbia.  Il formidabile consumo richiesto da una guerra moderna pose molte unità austriache, dopo appena qualche giorno di campagna, in una situazione difficile e imprevista.

 

1)      Nel 1859 la mobilitazione dell'esercito austriaco era durata cinque mesi e aveva messo in campo, a Solferino,  160.000 soldati (200.000 compresi i pesidi di seconda linea). La mobilitazione del 1866 era duata circa altrettanto e aveva dato, fra i due teatri di guerra boemo e veneto, una forza doppia. Ved. Arturo Colautti, L'Austria in armi, in La Lettura, settembre 1914, pp. 769-778.

 

 

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2.     I COMANDI AUSTRIACI.

 

     Cinque anni prima dello scoppio della guerra mondiale, il vechio imperatore Francesco Giuseppe aveva rinunciato al comando supremo dell'esercito, che era stato assunto dall'arciduca Francesco Ferdinando. Dopo il suo assassinio a Sarajevo, il 31 luglio esso fu affidato al generale di fanteria, arciduca  Federico. Come era già previsto, si trattava di un comando nominale, poiché la condotta effettiva delle operazioni  era esercitata dal capo di Stato Maggiore, generale di fanteria Franz Conrad von Hötzendorf. Nato a Penzing, alle porte di Vienna, l'11 novembre 1852, Conrad era stato nominato capo di Stato maggiore dell'esercito nel 1906, su proposta dell'arciduca ereditario. Tedesco di nazionalità, tipicamente austriaco per sentimenti, egli nutriva una profonda avversione per l'Italia, che considerava  nemica tradizionale della Monarchia asburgica, e verso la Serbia, sede dell'irredentismo fra i popoli slavi meridionali dell'Impero. Secondo Josef Redlich, "l'Austria, per lui, è la patria che vorrebbe proteggere.  Ma a riedificarla a nuovo non ci pensa nemmeno. È un autentico austriaco del nostro tempo: pieno di dubbi riguardo a tutto quello che sia austriaco. Ha assistito a troppe vicende del 'più alto signore dell'Austria' per serbare ancora l'infantile fede politica degli ufficiali austriaci. Gli mancano disposizione, comprensione, in breve ogni requisito essenziale, per una grande concezione statale che sia emanazione di popolo."(2) Di fronte alla forza crescente che andavano acquistando i movimenti centrifughi delle varie nazioni in seno alla Monarchia, egli riteneva che l'unica salvezza consistesse, per l'Austria, nella guerra preventiva contro l'Italia e la Serbia. Nel 1908, durante il terremoto di Messina, poi nel 1911 durante la guerra di Tripoli il Conrad incitò  alla guerra contro l'Italia, finché il ministro Aerenthal, esasperato, ne chiese ed ottenne l'allontanamento dalla carica di capo di Stato Maggiore.  Alla morte del'Aerenthal, però, nel 1912, Conrad fu richiamato.

     Stratega di ampie vedute, audace e risoluto, egli rimase chiuso nello studio delle operazioni militari, perdendo i contatti con i comandi sottoposti e con le truppe; come capo di Stato Maggiore si recò al fronte, durante la guerra mondiale, solo tre volte. La sua collaborazione con l'arciduca Federico fu, peraltro, feconda di risultati: quest'ultimo, infatti, svolgeva le funzioni rappresentative esteriori, intrattenendosi con le truppe molto e volentieri e dando buona prova nel fungere da intermediario fra il suo capo di Stato Maggiore e terzi, soprattutto con lo Stato Maggiore tedesco. All'arciduca Federico, che il Ludendorff giudicò "uomo di animo nobile  e di puri sentimenti militari", spetta  una parte dei successi ottenuti dal Conrad durante i due anni della loro collaborazione. (3) Come scrive Conrad nelle sue memorie, "la sua personalità calma ed eccellente" fu di grande aiuto al suo capo di Stato Maggiore orgoglioso e ostinato.

     Premessa indispensabile per ottenere buoni risultati era giudicata dal Conrad il più rigido mantenimento dell'ampia sfera di autonomia  di cui godeva il Comando Supremo. Ogni qualvolta interferenze esterne cercavano di limitare quella sfera, anteponendo interessi politici o addirittura privati a quelli di ordine strettamente militare - dai quali ultimi dipendevano le sorti delle operazioni e i destini stessi della Monarchia - Conrad reagì con la massima decisione. Conseguenza di ciò fu che, durante la guerra, l'imperatore, il ministro degli Esteri, Bilinski, i due governi austriaco e ungherese e perfino il ministro della Guerra, barone Alexander Krobatin, furono quasi tenuti all'oscuro dal Comando Supremo circa lo svolgimento delle operazioni.  Con ciò Conrad intendeva sia tutelare gelosamente la propria libertà di azione, sia sventare il pericolo - reale - che la stampa diffondesse imprudentemente  particolari riservati sul prossimo inizio di operazioni militari, il cui successo era legato al mantenimento del massimo segreto.  Ciò attirò sul capo di Stato Maggiore l'ostilità di molte personalità politiche e militari: cosa del resto logica, poiché in Austria-Ungheria non vi fu una vera e propria "dittatuta dei militari", durante la guerra mondiale, come accadde in Germania sotto il binomio Hindenburg-Ludendorff; e la tradizione politica della Monarchia danubiana, benché autoritaria, non era permeata di militarismo quanto quella tedesca.

     Nell'agosto del 1914 erano alle dipendenze del Comando Supremo le Armate destinate in Galizia (Prima, Seconda, Terza e Quarta), il comando della Sesta Armata nei Balcani (da cui dipendeva anche la Quinta) nonché la marina militare, la quale godeva, tuttavia, di una larga autonomia.

      I singoli comandanti d'armata fornirono una prova assai varia.  È stato affermato che non esisteva, fra i comandanti d'armata austriaci,  l'equivalente di quelli russi.  E in effetti i comandanti russi sul fronte austriaco - Evert, Plehve, Russkij e Brusilov -  erano probabilmente i migliori presenti nell'esercito dello Zar. Non può tuttavia negarsi che generali come Auffenberg, Dankl e Böhm-Ermolli si siano dimostrati anch'essi abili ed energici.

     Allo scoppio della guerra mondiale i comandanti delle Armate austro-ungariche  erano i seuenti: Dankl per la Prima, Auffenberg per la Quarta, Brudermann per la Terza e Böhm-Ermolli per la Seconda (nell'ordine di schieramento, da ovest a est); nei Balcani, Potiorek per la Sesta e Frank per la Quinta.

    Il generale Viktor von Dankl, freiherr (barone) era nato a Udine nel 1854. Scrittore militare e competente in topografia, aveva comandato prima una divisione di cavalleria a Vienna, poi una di cavalleria a Zagabria (in tedesco, Agram) e infine un Corpo d'armata. Comandante abile e deciso, con la sua Prima Armata doveva  svolgere un ruolo essenziale nei piani predisposti  dal Conrad per l'invasione della Russia. Anch'egli non vedeva altra soluzione, ai problemi nazionali dentro e fuori la monarchia, che la "maniera forte": durante gli anni del suo comando sul fronte orientale (verrà poi trasferito su quello italiano, nello scacchiere del Tirolo meridionale) non godette certo di buona fama presso la popolazione ucraina, poiché i suoi tribunali militari eseguirono molte sentenze capitali sotto l'accusa di spionaggio e tradimento a favore della Russia.

     Il generale di cavalleria Eduard von Böhm-Ermolli , nato nel 1856 ad Ancona, fu dapprima ufficiale  di cavalleria, poi di Stato Maggiore, indi generale dal 1905. Fu poi comandante della 12.a Divisione di fanteria e, nel 19111, del I Corpo d'Armata con sede a Cracovia. Ebbe nell'esercito austriaco fama di condottiero abile e al tempo stesso fortunato; almeno fino a quando, dopo la disfatta di Łuck del giugno 1916, i Tedeschi non ne pretesero l'allontananento dal fronte russo, ove comandava un gruppo d'armate.

    Il comandante della Terza Armata, generale di cavalleria Rudolf von Brudermann, era nato nel 1854; insegnante nella scuola di cavalleria di Vienna, era stato promosso generale nel 1910. Era un uomo fine e intelligente, ma mancava di decisione  verso i comandi sottoposti; grave difetto che sarebbe emerso nel corso della campagna di Galizia.

      Infine veniva il generale di fanteria Moritz  von Auffenberg, nato nel 1852 a Troppau nella Slesia, comandante del  XV Corpo d'Armata a Sarajevo nel 1909 e ministro della Guerra nel 1911-12. Nell'agosto del 1914, alla vigilia delle battaglie di Leopoli, Conrad ebbe a lodarlo, ma al Redlich che lo aveva definito un valoroso comandante di truppe, il capo di Stato Maggiore repolicò: "Oh no, è un buon generale di Stato Maggiore, ma quel che più conta ha sempre, in tutto quello che intraprende, fortuna." (4)

 

2)      J. Redlich in M. Schettini, La letteratura  della grande guerra, Firenze, 1968, p. 300.

3)      E. Ludendorff, I miei ricordi di guerra 1914-1918, vol. 1.

4)      J. Redlich, in M. Schettini, cit., p. 294.

 

 

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3.     IL PROBLEMA DELLE TRUPPE SLAVE.

 

In Austria-Ungheria le dichiarazioni di guerra alla Serbia (28 luglio) e alla Russia (6 agosto) furono accolte da un'ondata  di manifestazioni di bellicismo e di lealismo dinastico in tutte le principali città. Ma l'atteggiamento delle popolazioni della Duplice Monarchia rispecchiò fedelmente quello delle truppe al fronte: partite, queste ultime, con la convinzione che la guerra sarebbe stata breve e vittoriosa, dopo i primi insuccessi e la ritirata al fiume San il loro morale si deteriorò rapidamente. Emerse allora, in tutta la sua gravità, il problema delle truppe slave, il cui comportamento disciplinato allo scoppio della guerra aveva per un momento tratto in inganno un po' tutti.

     Nel 1914 l'Autria-Ungheria aveva una popolazione di 52 milioni di abitanti (contro i 171 milioni della Russia, i 66 milioni e 1/2 della Germainai, i 4 e 1/2 della Serbia e i 516.000 del Montenegro).  Di questi, solo 12 milioni erano Tedeschi e 10 milioni erano Magari; i Polacchi, sostanzialmente favorevoli all'Austria, erano 5 milioni.  Soltanto le truppe fornite da queste nazioni potevano considerarsi del tutto sicure, ma nell'impero vi era una popolazione di Cechi e di Slovacchi che assommava complessivamente ad 8 milioni, una sud slava di 7 milioni (fra Sloveni, Croati e Serbi), una ucraina (rutena) di ben 4 milioni; 3 milioni erano i Romeni e circa 750.000 gli Italiani, mentre un altro milione era costituito da nazionalità diverse.  Tutti questi popoli avevano, oltre i confini della Monarchia, la loro patria spirituale fra Stati che parlavano la loro stessa lingua e avevano le stesse tradizioni. L'aver dichiarato guerra alla Serbia e alla Russia aveva posto l'Impero austro-ungarico in una posizione politico-morale quasi insostenibile. 

     Fin dai primi giorni di guerra, nelle regioni di confine della Galizia, della Bucovina, della Croazia, dell'Ungheria meridionale e della Bosnia-Erzegovina vi furono parecchi casi di favoreggiamento del nemico e di aiuto ai disertori austriaci di nazionalità slava da parte delle popolazioni locali. Nelle regioni della Bosnia-Erzegovina poste al confine con il Regno di Serbia si verificò addirittura la sollevazione della popolazione di nazionalità serba, con organizzazione di bande partigiane istruite da ufficiali dell'esercito serbo, atti di sabotaggio e attentati contro le linee di comunicazione.

     Nonostante una certa inquietudine, diffusasi soprattutto  fra i due Corpi d'Armata di Ragusa e di Sarajevo, la mobilitazione dell'esercito austriaco poté svolgersi nel massimo ordine e senza alcun incidente; tuttavia esistevano forti preoccupazioni circa il futuro comportamento delle truppe slave di fronte al nemico. Nell'agosto 1914, prima che iniziassero le grandi battaglie dell'estate, un osservatore italiano, Arturo Colautti, scriveva: "Contro la Russia e magari contro la Serbia, tedeschi, magiari e polacchi si batteranno egregiamente.  Ma, e gli altri? Oggi già si annunciano, massime nei due corpi di Bosnia (VIII e IX) diserzioni ingenti. […] Sui 16 corpi dell'esercito imperiale e reale, di assolutamente integri e sicuri non v'hanno che il II (Vienna), il IV (Budapest), il VI (Kaschau), il X (Przemyśl) e il XIV (Innsbruck); il XIII (Zagabria) e i due della Bosnia-Erzegovina e Dalmazia sono per lo meno sospetti; sugli altri regna un'angosciosa incertezza." (5)

     La situazione era aggravata  dall'odio che gli Ungheresi ostentavano verso gli Slavi e i Romeni, considerati cattivi soldati e sudditi poco leali.  Riferiamo un episodio illuminante accaduto al generale Ludendorff nell'inverno  del 1915 sul fronte austriaco: "Durante il mio giro passai vicino ad una sentinella che mi parlò in una lingua straniera che nemmeno gli ufficiali austro-ungarici che mi accompagnavano riuscirono a capire.  Compresi allora le enormi difficoltà che l'armata austro-ungarica doveva superare…". (6) E Arnaldo Fraccaroli, giornalista del Corriere della Sera che ebbe il privilegio di visitare il fronte austro-russo durante le battaglie di Leopoli, scriveva: "I soli che abbiano un singolare  sentimento di patria sono i magiari. Gli altri vanno alla guerra perché c'è la guerra e sono soldati. Molti non sanno nemmeno perché la guerra ci sia. […]  Il difficile consiste nel portare questi popoli diversi  a una sola guerra. E l'Austria ci riesce." (7)

 

5)      A. Colautti, Op. cit.

6)      E. Ludendorff, Op. cit.

7)      A. Fraccaroli, La presa di Leopoli (Lemberg) e la guerra austro-russa in Galizia, Milano, 1914.

 

 

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4.     L'ESERCITO RUSSO NEL 1914.

 

 

     La guerra russo-giapponese del 1904-05 era stata una prova umiliante per l'esercito dello Zar: non certo per la mancanza di valore delle truppe, ma per le molte e gravi deficienze rivelate dall'azione di comando. Basandosi su quella campagna, conclusasi in modo infelice per la Russia, in Austria e in Germania si era manifestata la tendenza a sottovalutare le capacità dell'esercito russo. Invece, dopo la guerra e la rivoluzione del 1905, l'esercito russo era stato completamente riorganizzato. Benché le sue deficienze, nel 1914, fossero ancora gravissime,  tuttavia non può negarsi che la sua ritrovata efficienza e l'abilità di molti suoi comandanti abbiano costituito, per i capi militari delle Potenze Centrali, una penosa sorpresa.

     La mobilitazione generale russa venne proclamata il 30 luglio 1914. Fra Europa e Caucaso essa diede 30 corpi d'armata  per un compleso di 96 divisioni di fanteria e 37 di cavalleria, ammontanti a circa 2.700.000 uomini.  Bisogna ppoi aggiungere le truppe territoriali e di complemento e i presidi delle piazzeforte (900.000 uomini). Le truppe asiatiche (5 corpi d'armata e 1/2 della Siberia e 2 del Turkestan) avrebbero potuto giungere sul fronte austro-tedesco solo in un secondo tempo.

     La fanteria russa era composta da soldati sobri, tenaci e coraggiosi: la scarsa istruzione non ne aveva fatto, però, dei combattenti scelti. Era armata del fucile Mossim modello 1891 (inferiore al Mannlicher austriaco) e della mitragliatrice Maxim su treppiede Sokolov modello 1911. Le divisioni di riserva erano di valore alquanto inferiore: nel 1914 erano state costituite 35 divisioni di fanteria di riserva dette "di secondo turno".

     Una posizione particolare, in seno all'esercito russo, era occupata dalla Guardia Imperiale. Composta da elementi scelti, essa formava l'élite dell'esercito; comprendeva 3 divisioni di fanteria, 1 brigata di tiratori, 2 divisioni e 1 brigata di cavalleria e 1 brigata di Cosacchi, con artiglieria propria e proprie unità tecniche.  Le sue truppe erano perfettamente istruite ed equipaggiate; gli ufficiali, valorosissimi, erano reclutati esclusivamente fra la nobiltà e costituivano il più valido e fedele sostegno del regime imperiale.

     La cavalleria russa era composta da 21 reggimenti di dragoni, 18 di ussari e 17 di ulani; i reggimenti di cavalleria dei Cosacchi erano, in tempo di pace, 51. Era armata del fucile M. 1891 corto, di sciabola e - le prime righe degli squadroni -  di lancia. A differenza della cavalleria austriaca, quella russa combatteva  largamente come fanteria montata e, se impiega a massa come unità d'urto,  decideva quasi sempre le sorti dello scontro.

     Anche l'artiglieria russa era stata  notevolmente riorganizzata dopo la guerra contro il Giappone. Era dotata del pezzo da 76,2 mm. Putilov modello 1902 che, giudicato poi il miglior pezzo da campagna della guerra mondiale, possedeva una chiara superiorità su quello austriaco. L'artiglieria pesante era invece assai scarsa e inferiore all'austriaca. La divisione di fanteria russa disponeva di 6 batterie da 76,2 mm., mentre quella austro-ungarica ne aveva 5 da 76,5 mm. e 2 da 104 mm. Il munizionamento d'artiglieria dell'esercito russo, all'inizio della guerra, era di 1.000 colpi per pezzo: quindi il doppio di quello austriaco, ma sempre enormemente inferiore a quello dell'esercito tedesco (riserva di 3.000 colpi per pezzo). Le fabbriche per la produzione di proiettili, cannoni e fucili erano penosamente inadeguate alle necessità di una guerra di lunga durata: d'altronde era convinzione di tutti gli Stati Maggiori delle potenze belligeranti che la guerra del 1914 sarebbe stata questione di settimane. Ma se entro un tale breve lasso di tempo l'esercito dello Zar non fosse riuscito a strappare una vittoria decisiva sul campo, la crisi di munizionamento (sia di artiglieria che di fucileria) avrebbe posto in maniera drammatica il problema della produzione e del rifornimento.

     Esisteva poi un'altra gave ipoteca, questa di carattere morale, sull'efficienza dell'esercito russo: l'opera di sedizione e di propaganda  pacifista diffusa tra i soldati dagli agenti socialisti. La rivoluzione del 1905 era fallita principalmente perché l'esercito era rimasto fedele allo Zar. Dopo il 1905, i rivoluzionari avevano meditato sulle cause della loro sconfitta e si erano impegnati attivamente nell'opera di decomposizione morale dell'esercito, per non doverselo trovare ancora di fronte quando fosse giunto il momento. Tale opera avrebbe dato i suoi frutti solo dopo tre inverni in trincea, nel 1917: ma sarebbero stati frutti così rapidi e abbondanti da mostrare chiaramente che il germe della dissoluzione covava da tempo nelle file dell'esercito, non risparmiando neppure gli ufficiali e lo stesso Comando Supremo. Furono tuttavia la lunghezza esasperante della guerra e la durezza dei sacrifici da essa imposti a dare il contributo decisivo allo sfaldamento della disciplina militare. All'inizio della campagna del 1914 in Russia, ancor meno che in Austria-Ungheria, gli scricchiolii ammonitori erano quasi impercettibili, anche se poi la catastrofe si produsse con stupefacente rapidità.

 

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