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Misteri d'Italia: una bomba avvolta nel mistero

di Fabrizio Di Ernesto - 04/08/2007

 



2 agosto 1980: una bomba posta all’interno della stazione di Bologna causa 35 morti e centinaia di feriti.
Anche ieri come, negli ultimi 27 anni, si è svolta la consueta cerimonia per ricordare la strage più tragica e misteriosa tra quelle che hanno interessato l’Italia durante la stagione degli anni di piombo.
Molte le alte cariche dello Stato che ovviamente non sono volute mancare alla cerimonia in ricordo delle vittime dell’eccidio, non risparmiandosi nemmeno la consueta dose di fischi che ha fatto da corollario all’anniversario; fischi provenienti per lo più da alcuni aderenti alla Rdb-Cub e riservati in larga parte al ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che si è visto srotolare davanti anche un eloquente striscione riportante la scritta “Mandate in pensione almeno il segreto di Stato”, forse unica possibilità per far realmente luce su chi ha imposto questo tributo di sangue per giochi politici probabilmente molto superiori a quelli italiani.
L’esponete della Quercia, per nulla intimorito dalla contestazione nei suoi confronti - un altro striscione lo invitava infatti a dimettersi ndr - ha poi autorizzato tutti a sperare che presto venga finalmente sciolto il nodo gordiano riguardante la bomba della stazione, anche in virtù della nuova normativa sui servizi segreti, preparando il terreno per l’intervento di Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime.
Bolognesi dal canto suo ha puntato il dito contro quel clima di “estrema indulgenza verso gli ex terroristi”, chiosando, non senza un velo polemico, “chi può stupirsi dei rigurgiti del terrorismo di ogni colore se in Italia l’omicidio politico è stato un mezzo per fare carriera e ottenere insperati accessi mediatici?”, auspicando che presto tutti gli atti delle tante commissioni che nel corso degli anni si sono occupate di stragi, mafia e terrorismo vengano resi pubblici e pubblicati su internet.
Tra i presenti sul palco anche il presidente del Consiglio Romano Prodi; da segnalare a tal proposito che era da ben 7 anni che l’inquilino di Palazzo Chigi, l’ultimo era stato Amato, disertava il capoluogo felsineo in occasione del 2 agosto.
Prendendo la parola il Professore ha voluto insistere particolarmente sulla riconciliazione che “ci può essere solo con la verità, che va cercata e di cui la politica non deve avere paura, altrimenti è destinata al fallimento”, parole pienamente condivisibili che però stonano con l’atteggiamento di un Palazzo che sembra essersi accontentato di tre colpevoli di comodo da dare in pasto all’opinione pubblica, non adoperandosi efficacemente per fare luce su uno dei tanti misteri su cui si fonda la nostra Repubblica.
Ovviamente presente anche il primo cittadino di Bologna, quel Sergio Cofferati che la città sembra non amare più troppo. Nel suo intervento il Cinese ha detto con forza no ai revisionismi su quanto é accaduto 27 anni fa “per ragioni di opportunità politica”, ribadendo sì la necessità di far luce sulle zone d’ombra ma “partendo da ciò che la magistratura ha già scritto nelle sentenze”.
Purtroppo in Italia, su quella che è la più grave strage della storia repubblicana, l’opinione pubblica si è accontentata di avere 3 colpevoli di comodo che hanno permesso di bollare la bomba. Forte però è l’impressione che su ciò che avvenne quel tragico 2 agosto 1980 sotto le due torri ci sia ancora molto da dire e da scrivere.
Mancano i mandanti e manca un movente, ma questi per molti sembrano solo dei semplici dettagli. Non sembra da escludere che a Bologna si giocò una partita che nulla o poco aveva a che fare con l’Italia ma che aveva interessi più grandi da tutelare. Molti sono stati i depistaggi su questo mistero che hanno coinvolto anche i famosi servizi segreti deviati.
Anche sulle confessioni che hanno portato in carcere i tre esponenti dei Nar, ritenuti colpevoli dell’eccidio, molte ombre rimangono visto che solo due mesi fa il figlio di Massimo Sparti, personaggio legato alla banda della Magliana e principale accusatore di Fioravanti, ha dichiarato: “Mio padre nella storia del processo di Bologna ha sempre mentito”.
Per molti la parola fine su Bologna è già stata scritta, ma forse sarebbe doveroso riavvolgere il nastro e ripartire dall’inizio; se non altro per rispetto di quei 85 innocenti rimasti vittime di un ingranaggio geopolitico più grande di loro.