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Sumatra, un villaggio contro le piantagioni

di Marina Forti - 09/08/2007

 

E' una storia di «Davide contro Golia». Davide in questo caso è un piccolo villaggio rurale di Sumatra meridionale, in Indonesia; Golia sono due aziende del settore delle grandi piantagioni di palma da olio. L'olio di palma è una derrata che ha avuto un boom negli ultimi vent'anni sui mercati mondiali, ha diversi usi nell'industria alimentare e in parte in quella cosmetica. E l'Indonesia è il secondo esportatore mondiale (dopo la Malaysia). Le grandi piantagioni però si sono espanse a spese delle grandi foreste (il tasso di deforestazion e in Indonesia è impressionante) e dell'agricoltura di sussistenza praticata dalle popolazioni rurali. La rete di Ong indonesiane Sawit Watch ha censito 360 conflitti per la terra legati all'espansione della palma da olio fino al 2006. La spinta ora viene dalla domanda di olio di palma per produrre diesel («bio-diesel»): entro il 2010 il governo indonesiano progetta di sviluppare 5,2 milioni di ettari per colture destinate a bio-diesel (palma, jatophra e cassava), aggiungendosi agli attuali 6,4 milioni di ettari di piantagioni di palma.
In questo quadro si situa il nostro piccolo villaggio di Sumatra meridionale. La storia è stata pubblicata sotto il titolo «Terra e prosperità» da Down to Earth, notiziario on-line della «Campagna internazionale per la giustizia ecologica in Indonesia» (maggio 2007, http://dte.gn.apc.org). Noi ci limitiamo a tradurla (ma.fo.)
«Nasce tutto dalla terra: se non abbiamo terra, come può prosperare la comunità?». E' questo che preoccupa Mat Cutik, 52 anni, del villaggio Talang Nangka, distretto di Ogan Komering Ilir, Sumatra meridionale. Insieme a circa 900 famiglia del suo villaggio, Mat Cutik sta lottando per impedire che la sua terra cada nelle mani di due aziende di piantagioni di palma da olio, la Pt Patri Agung Perdana e la Pt Persada Sawit Mas.
Il «Movimento per difendere i diritti consuetudinari sulla terra» (Gphta nell'acronimo indonesiano) è stato formato dagli abitanti del villaggio nell'agosto 2005, e riunisce tutti coloro che rifiutano di accettare le piantagioni di palma da olio.
La maggioranza degli abitanti di Talang Nangka lavora la terra secondo il sistema locale detto sonor, cioè piantano riso nelle zone acquitrinose durante la stagione secca. Un ettaro di risaia sonor può arrivare produrre da 300 a 400 bidoni (kaleng) di riso, pari a 3 o 4 tonnellate, anche se di solito i raccolti sono minori. Il riso è coltivato per il consumo delle famiglie, è raro che ci sia del surplus da vendere.
Nella stagione delle piogge la terra sonor non può essere coltivata ma ha altri usi: prendere pesce, che viene venduto e da qualche piccolo reddito. Il diritto alla pesca è comunale: ogni abitante può pescare nelle terre sonor del villaggio. La terra non acquitrino è usata per coltivare caucciù e per tenere i bufali. Gli alberi di caucciù della comunità producono 7-10 chili di gomma grezza, che fruttano 7.000-9.000 rupiah (poco meno di un dollaro) al chilo, ai prezzi correnti. I bufali aono usati per il latte: viene mescolato con zucchero di palma per fare un latte dolce chiamato gula puan, da mescolare al te o al caffé: si vende a 35mila rupiah (4 dollari) al chilo. Un reddito extra viene dalla vendita di stuoie fatte delle fibre che si raccolgono negli acquitrini.
Tutti a Talang Nangka sono convinti che questo sistema di uso della terra basta a far vivere bene la comunità. Non vogliono coltivare palma da olio perché non è affatto sicura che porterà abbastabza denaro da garantire la stessa prosperità. Spiegano che la palma richiede molte attenzioni, macchinari speciali, fertilizzanti che diventano più caro di anno in anno. Invece coltivare risaie sonor, far crescere il caucciù, governare i bufali e fare stuoie non richiede grandi investimenti. In definitiva, ampliare le coltivazioni di palma da olio distruggerà la terra comunitaria. E una volta convertita la terra in piantagioni, la prpsperità di oggi sarà solo un ricordo.