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L´Economia si terziarizza ma la dematerializzazione non si vede, anzi

di redazionale - 10/08/2007

Una ricerca del servizio studi di Banca Intesa San Paolo rileva ancora una volta una tendenza dell’economia italiana che peraltro non si discosta da processi analoghi nel resto d’Europa e dei Paesi sviluppati: ovvero la terziarizzazione dell’economia e in particolar modo del settore manifatturiero, che vede crescere il ruolo dei servizi connessi all’industria, come informatica, ricerca, comunicazione, consulenze, pubblicità. Investimenti funzionali a rendere più competitivo e funzionale il settore stesso.
 
Ma ancora una volta l’innovazione di processo che in questo senso sembrerebbe andare verso una dematerializzazione del settore, in realtà ritaglia spazi di efficienza all’aspetto occupazionale: il peso degli addetti del manifatturiero sul totale dell’economia, fa sapere la ricerca di Banca Intesa, è passato dal 33% del 1970 al 23% del 2004, mentre quello degli addetti ai servizi è salito dal 43% al 67%.
 
Quindi mentre il manifatturiero si “restringe” (dal punto di vista occupazionale) perché esternalizza e indirizza i propri investimenti in ricerca al risparmio di manodopera, allo stesso modo non è che produce meno. Anzi. La produzione infatti cresce (e in base al totem-Pil mai quanto si vorrebbe) sfruttando spesso proprio la capacità dei “servizi” esterni di creare mercati di sostituzione dove piazzare i propri prodotti. La produzione cresce così come i flussi di materia continuano ad aumentare: aumentano come prelievi di materia prima, aumentano come quantità di prodotti trattata/ trasformata, aumentano come quantità di rifiuti prodotta.

L’economia si terziarizza quindi, ma il manifatturiero resta il cuore del sistema, che si autoalimenta e diventa sempre più competitivo attraverso lo sviluppo dell’economia della conoscenza, comunque finalizzata a vendere sempre un po’ di più.