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La minaccia degli agrocarburanti sul Benin

di Marina Forti - 16/08/2007


 

La corsa agli agrocarburanti ha raggiunto il Benin. Nel paese dell'Africa occidentale milioni di ettari di terre agricole e forestali stanno per trasformarsi in piantagioni industriali, per produrre etanolo e diesel. Il governo vuole trovare ben 3 milioni di ettari entro il 2011: le piantagioni per l'agrocarburante infatti sono un elemento chiave della «strategia di rinascita agricola» promossa dal programma di ristrutturazione dell'economia suggerito dal Fondo monetario internazionale. Un ampio articolo sul caso del Benin è stato pubblicato il mese scorso dal African Biodiversity Network, rete africana per la biodiversità, nell'ambito di uno studio sull'impatto degli agrocarburanti in Africa (ne riferisce il bollettino del World Rainforest Movement, www.wrm.org).
La discussione sugli agrocarburanti, fanno notare gli autori dello studio, è tutta incentrata su come lanciare nuove produzioni per l'export e massimizzare i profitti. E il caso del Benin lo conferma, secondo la ricerca di Nature Tropicale. Qui in effetti la strategia di «rinascita agricola» del governo del Benin punta in sostanza sullo sviluppo di piantagioni di palma da olio, e in parte jatropha e peanuts (per il diesel) e poi di canna da zucchero, manioca e altro da cui trarre etanolo.
La palma da olio è una specie originaria delle zone umide dell'Africa occidentale. Nel Benin meridionale c'è già un certo numero di grandi monocolture di questa palma: e viste le difficoltà che trovano le comunità locali nel commercializzare il loro prodotto, dovrebbero servire da monito contro l'idea di espandere queste piantagioni. Le cooperative che coordinano la vendita dei raccolti di palma al governo hanno una storia di corruzione e conflitti. In questa situazione sono entrate in scena delle aziende private che offrono di comprare l'olio di palma direttamente dai produttori, pagandogli un prezzo migliore. Molte comunità hanno deciso di abbandonare le cooperative e dare la loro produzione alle aziende: solo che poi le aziende non hanno pagato. Le cooperative di olio di palma si sono trovate così in gravi problemi, e senza aiuto dal governo.
Ora il governo del Benin prgetta di trovare tra 300 e 400 mila ettari nelle zone umide meridionali del paese (Oueme, Plateau, Atlantic, Mono, Couffo e Zou) per sviluppare nuove piantagioni di palma. E' la regione più densamente popolata, ospita metà degli abitanti del Benin benché sia meno dell'8% del territorio. E' anche la parte più fertile del paese, le terre agricole più pregiate: questo suggerisce che le colture destinate all'agrocarburante saranno in diretta competizione con la produzione alimentare. Non solo la palma, ma anche molti raccolti commestibili saranno usati per i carburanti. Le aziende industriali sono incoraggiate a espandersi su nuove terre: e anche se il governo non ha detto chiaro dove queste terre saranno trovate, o a chi saranno prese, è facile prevedere che i piccoli agricoltori avranno la peggio quando i loro interessi entrano in conflitto con le grandi aziende e le loro piantagioni.
Se però si guarda al tasso di crescita demografica del Benin, soprattutto nelle aree urbane, è evidente che per soddisfare la domanda alimentare bisogna aumentare la produzione agricola. Ma la produzione di agrocarburanti spingerà i contadini a destinare meno terra alla produzione di cibo a favore di raccolti commerciali, cash crops: ovvero farà aumentare l'insicurezza alimentare. Nel Benin settentrionale, regione di Banikoara, molti hanno abbandonato la produzione per l'autoconsumo per coltivare cotone e noccioline. Così però gli stock di cibo nei villaggi calano, e i prezzi salgono: dove le comunità erano in grado di nustrirsi, ora dipendono dagli aiuti del Programma alimentare mondiale o delle ong caritatevoli.
Il governo però insiste: si tratta di massimizzare l'export. Una minaccia per la sicurezza alimentare, il diritto dei piccoli agricoltori alla terra, e agli ecosistemi, conclude Nature Tropicale.