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Buone pratiche per nuove economie

di Monica Di Bari - 21/08/2007

   
 


 
Ogni seconda domenica del mese nella località di Ozzano dell’Emilia, alle porte di Bologna, è possibile barattare, donare e riciclare. Si tratta di un mercatino del dono e del baratto, un’iniziativa nata dalla collaborazione tra la Cooperativa Dulcamara e l’Associazione Amici della Terra di Ozzano. Negli ultimi mesi, in molte città italiane sono state proposte esperienze simili: luoghi in cui effettuare scambi non monetari hanno aperto le porte alla cittadinanza. Un esempio è l'iniziativa del baratto svoltasi a Roma il 21 aprile e promossa da Reti di Pace: un mercato in cui, senza l'ausilio della moneta, sono stati scambiati CD musicali, libri, abiti e altri oggetti.
Dal Nord al Sud della penisola troviamo non solo spazi sociali concreti, ma anche sistemi di scambio non monetari, tra i quali il più diffuso è la Banca del Tempo.
Nella società dei consumi, dove la grande distribuzione organizzata assume un ruolo sempre più totalizzante, un bisogno consapevole e diffuso è quello di riscoprire gli spazi di socialità, dove lo scambio dei beni sia alla base della relazione umana.
Barattare è un primo passo: storicamente, scambiare o barattare due oggetti presuppone un intento commerciale equo per entrambe le parti; ma non basta: donare è un’azione dal significato sociale e antropologico ancora più complesso.
Non si può parlare di dono senza far riferimento al celebre Essai sur le don di Marcel Mauss: l’antropologo individua, alla base del dono e della comunicazione tra singoli e gruppi, il principio di reciprocità, strutturato nel concetto tripartito del dare, ricevere e ricambiare. Il dono non è sterile elemosina o un regalo studiato per ricevere in cambio una contropartita diretta; donare significa far fronte a un’esigenza di un singolo che è comunque parte di un gruppo, nella consapevolezza che prima o poi un’esigenza simile toccherà al donatore stesso; quest’ultimo, a sua volta, può contare sull’appoggio dell’intera comunità. Reciprocità può voler dire che chi ha dato non ottiene necessariamente una restituzione dal suo stesso beneficiario, ma dalla comunità stessa o dal sistema; d’altro canto colui che riceve è chiamato a restituire anche a un terzo, estraneo allo scambio originario.

La rete informale di solidarietà nell’Africa Sub Sahariana
Nell’Africa sub sahariana la reciprocità del dono è regola sociale e garanzia di un singolo in quanto membro di una comunità. Nel saggio L’Altra Africa, tra dono e mercato Serge Latouche distingue la povertà occidentale dalla sfortuna africana: in Africa il concetto di povertà implica quello di solitudine e l’isolamento dalla comunità comporta l’esclusione dagli scambi; nelle principali lingue africane le parole che designano il concetto di “povero” sottendono il significato di “orfano”. Un orfano, senza uno o entrambi i genitori, non può fare affidamento sulla rete di solidarietà della famiglia allargata, determinata in base al vincolo di parentela.
La capacità di costruire una rete di persone sulle quali poter contare è determinante per la sopravvivenza del singolo e della comunità; in base a questo obiettivo la capacità di memorizzare l’identità delle persone è stupefacente. Ciascuno deve conoscere ogni membro della rete, che può contare centinaia di persone: nome, condizione, storia individuale e posizione familiare determinano la conoscenza e gli scambi come relazioni umane.