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Le sparate di Bossi

di Massimo Fini - 29/08/2007

LE SPARATE ROBOANTI di Bossi

segnalano solo un’impotenza, sua e del

suo partito. Già qualche anno fa Bossi

affermò di avere «trecentomila bergamaschi

pronti a tirar fuori la pistola dalle fondine».

Purtroppo i bergamaschi e i padani dalle loro

fondine possono tirar fuori solo il loro cellulare.

A parte qualche raro caso i padani non hanno

mai dato grandi dimostrazioni di coraggio e

hanno subìto passivamente ogni sorta di

dominazione. Sostanzialmente, soprattutto i

milanesi, sono solo dei bravi ciula.

Non sono mai stato leghista (tanto è vero che a

stoppare un mio programma in tv, l’unica volta

che mi era stato proposto, fu proprio un direttore

leghista, Antonio Marano - detto di passata: ho

fatto causa alla Rai e l’ho vinta), ma quando

apparve la Lega lo considerai un fenomeno

positivo perché rompeva quel consociativismo

per cui in Italia non esisteva più

un’opposizione. Fu l’avvento della Lega a

permettere le inchieste di Mani Pulite e si deve

quindi alla Lega, oltre che all’azione della

Magistratura contro i ladri di regime, se è

caduta la cosiddetta Prima Repubblica.

Considero Umberto Bossi l’unico, vero uomo

politico italiano con idee innovative, di questi

ultimi vent’anni. Ma, come spesso accade nella

Storia (è stato Leone Trotzkij a fare la

Rivoluzione d’ottobre, ma fu Stalin a prendere

il potere), Bossi ha scosso l’albero ma un altro,

Silvio Berlusconi, ne ha colto i frutti. La Lega

è stata inglobata e innocuizzata. Ecco perché

oggi Bossi, impotente sul piano dell’azione

politica, spara. Ma solo parole a vanvera.