Nel mondo il consumo della droga più diffusa, la cannabis, comincia a diminuire. Lo spiega l’ONU, nel suo ultimo rapporto. In Italia, invece, i consumatori sono aumentati, in quattro anni, di circa 3 milioni di persone, il 45% in più. Lo si ricava dall’ultima relazione sulla droga fatta al Parlamento. Il fatto è che i grandi Paesi occidentali informano che i “nuovi folli”, sono oggi gli ex bambini-ragazzi che hanno usato cannabis prima dei 15 anni, mentre l’Italia lo tace.
Come dimostrano tutte le ricerche internazionali, infatti, l’uso di sostanze intossicanti fin dalla preadolescenza produce con impressionante frequenza negli anni successivi psicosi e schizofrenia. Non a caso, in Occidente, l’uso di cannabis, a cui si associano sempre più di frequente alcol e amfetamine (la cosiddetta ecstasy), è oggi fra le prime tre cause di ricovero psichiatrico.
Neuroscienze e psichiatria hanno dimostrato che il cervello del bimbo (ormai i primi spinelli vengono fumati alle scuole medie), e dell’adolescente è ancora plastico, e l’assunzione continuata di queste sostanze provoca una serie di danni le cui conseguenze si manifestano poi a partire, in genere, dalla fine del quinquennio successivo.
«Il legame tra consumo di droghe e malattie cerebrali croniche - ha dichiarato qualche giorno fa il direttore generale della Sanità lombarda - Carlo Lucchina, è una novità dalle dimensioni allarmanti». Per la verità, è una novità fino a un certo punto. Lo psichiatra prof. Cassano, per esempio, l’aveva denunciata fin dall’inizio del millennio. Lo stesso i grandi centri scientifici, dal Consiglio superiore di Sanità italiano, all’Organizzazione Mondiale della Sanità dell’ONU, all’Institut Superieur de Santé francese, a tutti gli altri.
Di queste denunce però, i politici italiani, se ne sono tranquillamente infischiati. Fino al decreto del ministro Turco che raddoppiava la dose di cannabis consentita per uso personale, qualche mese prima che il giornale inglese “Indipendent” (autore anni fa di una campagna per la depenalizzazione della cannabis), uscisse con un grande titolo in prima pagina: We apologize, ci scusiamo. Ammettendo lealmente di aver preso un grosso granchio, e cominciando a fornire i dati che ormai ogni centro di cura e ricerca, oltre che la cronaca, conosce perfettamente.
A Milano i dati li ha forniti Lucchina al Meeting di Rimini: «Ottomila giovani che a 24/25 anni hanno problemi psichiatrici a causa di cannabis, cocaina ed ecstasy», con malati cronici, comportamenti aggressivi, manifestazioni deliranti ed allucinatorie, raddoppiati negli ultimi anni. Per questo la Sip, la Società Italiana di Psichiatria, contro la leggenda che “lo spinello non fa niente”, aveva pubblicamente confermato che i giovani consumatori sono dieci volte più esposti degli altri ad attacchi di panico, difficoltà di concentrazione e psicosi, e che «oltre la soglia di uno spinello alla settimana i rischi aumentano in modo esponenziale». Con costi sociali molto elevati che, infatti, già da anni hanno preoccupato Paesi più attenti del nostro, correndo ai ripari.
Sono nate così, inizialmente negli Usa, poi in Canada, ed infine anche nella più liberale Europa, compresa la Spagna di Zapatero, massicce campagne statali, diffuse anche attraverso ogni tipo di media, per informare i giovani dei rischi che correvano, e raccomandare a genitori ed educatori di “afferrarli in tempo”, come dice un efficace manifesto appunto spagnolo, prima di lasciarli prendere, invece, dalla droga.
Così è cominciato il declino della cannabis in Occidente. In Italia, invece, sale.

da “Il Mattino di Napoli”