Divertirsi da morire
di a.m. - 29/08/2007
Quando la gigantesca bolla finanziaria su cui si regge il capitalismo mondiale si sgonfierà, quando all’economia globalizzata fondata sul debito i creditori – cioè l’ecosistema sconquassato, le popolazioni ridotte alla miseria, i lavoratori costretti a lavorare sempre di più per avere sempre meno, giù giù fino ai remoti meandri del subconscio marcio e sclerotizzato del “consumatore unico mondiale” - chiederanno ciò che è loro dovuto, quando l’oro nero finirà di alimentare la macchina produttiva da cui siamo tutti dipendenti, quando tutto questo accadrà, forse ci sarà spazio per una vita più a misura d’uomo. Elogio della catastrofe? Siete fuori strada. Noi siamo già in piena catastrofe. Solo che non lo sappiamo, rimpinzati come siamo di consumi, televisione, finte zuffe fra politici collusi, overdose di informazioni inutili. Ci divertiamo, in questa parte di mondo in cui si vive l’acme della decadenza. Un bel libro di una ventina d’anni fa, ancora attualissimo, lo spiega molto bene fin dal titolo, estremamente indicativo: Divertirsi da morire. Spiega come l’elettrodomestico che teniamo in salotto, in cucina, nelle stanze da letto, ovunque ormai (a quando il bagno e il ripostiglio?), cioè il televisore, sia una vera e propria arma di distrazione di massa. Di-vertendoci, ossia spostando la nostra attenzione quotidiana su una serie di problemi e interessi confezionati a bella posta dal mezzo televisivo per risultare funzionale ai consumi e all’economia, ha contribuito in misura preponderante a plasmare il cittadino globale perfetto: senza altre passioni che non siano quelle accettate dall’ideologia unica del mercato, isterilito nella sua capacità di immaginare un futuro radicalmente diverso da quello propinato incessantemente dai megafoni dell’oligarchia dominante, tutto preso nella corsa ad accaparrarsi status symbol e merci massificate, egli non riesce a comprendere e distinguere quali siano i veri beni e quali i veri mali. Di conseguenza non ha più alcuna coscienza politica, sociale, civica. E’ un morto che consuma. |