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L’Italia di Nietzsche

di Francesca Bonoli - 01/09/2007

La biografia del filosofo di Tilmann Buddensieg

È Torino l’unica grande città

Dopo il 1869, Nietzsche visse per brevi periodi in Germania. Le condizioni di salute in cui versava - gravi difficoltà alla vista - lo videro costretto ad abbandonare ogni fissa dimora, alla ricerca di luoghi e climi più adatti per poter convivere con la sua malattia. Nietzsche in viaggio verso il Sud, verso l´Italia: Napoli, Genova, Venezia, Firenze, Nizza e Torino. L´Italia di Nietzsche, di Tilmann Buddensieg (Scheiwiller, pagg. 270, euro 18) non è un semplice approfondimento biografico, bensì un´analisi dei luoghi e delle loro specificità climatiche, architettoniche, artistiche e sociali. Nel 1877 Nietzsche è a Napoli. Da subito comprende di non "avere più energie sufficienti per il Nord" e così, quando per la prima volta vide scendere la sera sulla città, ebbe la sensazione di dare, solo a partire da quel momento, "inizio alla sua vita".
È la prima impressione sull´Italia. Grazie a Napoli esperisce il lento dardo della bellezza che non ci "affascina tutta in un colpo, ma esercita una presa che si insinua lentamente e, dopo essersi annidata con discrezione nel nostro cuore, essa si impadronisce di noi", così scrive in Umano troppo umano. Quello slancio romantico di fronte al tramonto che aveva caratterizzato il soggiorno napoletano, Nietzsche lo traduce, a Genova, in un´esperienza più radicale: la rottura di tutti i legami con il passato. "L´assoluta solitudine", scrive Nietzsche, ha reso possibile un "nuovo inizio, da zero". Simbolo di questo risorgere era la "ripida strada costellata di palazzi" in cui abitava. Così nella Gaia scienza scrive: "mi dà una felicità malinconica vivere in mezzo a questa confusione di stradicciole, di voci: una ebbrezza di vita". Rimane affascinato da un nuovo modo di concepire gli spazi cittadini, infatti nella Gaia scienza osserva: "tutta quest´area è pervasa da una insaziabile ricerca egoistica del piacere del possesso".
A Genova si realizza per lui quel massimo grado di percezione in cui "tutte le cose viste, dopo essere state vissute, devono venire riespresse necessariamente in azioni e opere". E il "camminare" sotto i loggiati, diventa "passeggiare" dentro di noi. E a Venezia? Musica e arti visive si fondono. "Quando cerco un´altra parola per musica, trovo sempre soltanto la parola Venezia". Si tratta sempre della musica di Wagner che per Nietzsche ha dominato l´esperienza veneziana. L´armonia d´insieme dei più diversi suoni, forme e colori, scenari, edifici dà un´orchestrazione alle multiformi sensazioni veneziane del filosofo. Quando Nietzsche parla del Trionfo di Venezia del Veronese e del Ratto di Europa nel Palazzo dei Dogi, sceglie aggettivi forti, appartenenti alla retorica delle sensazioni: turgido, caldo, fiero. Nietzsche incontra Roma tra le rovine di templi, tra i ruderi di chiese, cercando di attribuire un significato al rapporto tra linee e masse che però trovava del "tutto estranee alle leggi meccaniche dell´architettura".
La più viva testimonianza di una più intima appropriazione di un´opera d´arte romana, è rappresentata dal Canto della notte, inserito nello Zarathustra II, ispirato alla fontana del Tritone in Piazza Barberini: "Oh infelicità di tutti i donanti!", è la tristezza del Tritone che emette acqua e il cui dono dell´acqua ricade su di lui come il vano gesto di chi vuole donare. Nietzsche vede se stesso nel Tritone: è inappagato come lui, inappagabile dello struggersi, del getto d´acqua che il solitario Tritone fa ricadere su di sé. Nietzsche e Firenze: Palazzo Pitti. Per il filosofo quest´ultimo è l´espressione di un "grande stile" che non si era più visto dopo la Controriforma.
E la Nizza di Nietzsche? E´ "pura follia"; in sé questa città gli "fa orrore." Il senso di disgusto che ha provato ripetutamente a Nizza durante la stesura dello Zarathustra III, è entrato chiaramente nel testo de La grande città ed poi diventato il "disgusto" di Zarathustra. L´unica grande città è stata invece Torino. Ne decanta la pianificazione unitaria propria di una città del XVII secolo. A Torino vive a mezzo tra il flâneur alla Baudelaire e l´ammiratore dei Passages parisiens alla Benjamin. Qui scopre un nuovo genere di architettura: la galleria dell´Industria Subalpina e la Mole Antonelliana. Città, luoghi, spazi esperiti attraverso un "confuso intrico di idee casuali e di osservazioni arbitrarie sull´arte e sul bello", così aveva letto Heidegger il viaggio di Nietzsche. Ed aveva ragione.