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Manifesto per una economia umana

di Nicholas Georgescu-Roegen, Kenneth Boulding e - 04/09/2007



Nel corso della sua evoluzione la casa comune, il pianeta Terra, si avvicina
ad una crisi dal cui superamento dipende la sopravvivenza dell'uomo, crisi
la cui portata appare esaminando l'aumento della popolazione,
l'incontrollata crescita industriale e il deterioramento ambientale con le
conseguenti minacce di carestie, di guerra e di un collasso biologico.
L'attuale tendenza nell'evoluzione del pianeta non dipende soltanto da leggi
inesorabili della natura, ma e' una conseguenza delle deliberate azioni
esercitate dall'uomo sulla natura stessa. L'uomo ha deciso, nel corso della
storia, il suo destino attraverso decisioni di cui e' responsabile; ha
cambiato il corso del suo destino con altre deliberate decisioni, attuate
con la sua volonta'. A questo punto deve cominciare ad elaborare una nuova
visione del mondo.
Come economisti abbiamo il compito di descrivere e analizzare i processi
economici cosi' come li osserviamo nella realta'. Peraltro nel corso degli
ultimi due secoli gli economisti sono stati portati sempre piu' spesso non
solo a misurare, analizzare e teorizzare la realta' economica, ma anche a
consigliare, pianificare e prendere parte attiva nelle decisioni politiche:
il potere e quindi la responsabilita' degli economisti sono percio'
diventati grandissimi.
Nel passato la produzione di merci e' stata considerata un fatto positivo e
solo di recente sono apparsi evidenti i costi che essa comporta. La
produzione sottrae materie prime ed energia dalle loro riserve naturali di
dimensioni finite; i rifiuti dei processi invadono il nostro ecosistema, la
cui capacita' di ricevere e assimilare tali rifiuti e' anch'essa finita. La
crescita ha rappresentato finora per gli economisti l'indice con cui
misurare il benessere nazionale e sociale, ma ora appare che l'aumento
dell'industrializzazione in zone gia' congestionate puo' continuare soltanto
per poco: l'attuale aumento della produzione compromette la possibilita' di
produrre in futuro e ha luogo a spese dell'ambiente naturale che e' delicato
e sempre piu' in pericolo.
La costatazione che il sistema in cui viviamo ha dimensioni finite e che i
consumi di energia comportano costi crescenti impone delle decisioni morali
nelle varie fasi del processo economico, nella pianificazione, nello
sviluppo e nella produzione. Che fare? Quali sono gli effettivi costi, a
lungo termine, della produzione di merci e chi finira' per pagarli? Che cosa
e' veramente nell'interesse non solo attuale dell'uomo, ma nell'interesse
dell'uomo come specie vivente destinata a continuare?
La chiara formulazione, secondo il punto di vista dell'economista, delle
alternative possibili e' un compito non soltanto analitico, ma etico e gli
economisti devono accettare le implicazioni etiche del loro lavoro. Noi
invitiamo i colleghi economisti ad assumere un loro ruolo nella gestione del
nostro pianeta e ad unirsi, per assicurare la sopravvivenza umana, agli
sforzi degli altri scienziati e pianificatori, anzi di tutte le donne e gli
uomini che operano in qualsiasi campo del pensiero e del lavoro. La scienza
dell'economia, come altri settori di indagine che si propongono la
precisione e l'obiettivita', ha avuto la tendenza, nell'ultimo secolo, ad
isolarsi gradualmente dagli altri campi, ma oggi non e' piu' possibile che
gli economisti lavorino isolati con qualche speranza di successo.
Dobbiamo inventare una nuova economia il cui scopo sia la gestione delle
risorse e il controllo razionale del progresso e delle applicazioni della
tecnica, per servire i reali bisogni umani, invece che l'aumento dei
profitti o del prestigio nazionale o le crudelta' della guerra. Dobbiamo
elaborare una economia della sopravvivenza, anzi della speranza, la teoria
di un'economia globale basata sulla giustizia, che consenta l'equa
distribuzione delle ricchezze della Terra fra i suoi abitanti, attuali e
futuri. E' ormai evidente che non possiamo piu' considerare le economia
nazionali come separate, isolate dal piu' vasto sistema globale.
Come economisti, oltre a misurare e descrivere le complesse interrelazioni
fra grandezze economiche, possiamo indicare delle nuove priorita' che
superino gli stretti interessi delle sovranita' nazionali e che servano
invece gli interessi della comunita' mondiale. Dobbiamo sostituire
all'ideale della crescita, che e' servito come surrogato della giusta
distribuzione del benessere, una visione piu' umana in cui produzione e
consumo siano subordinati ai fini della sopravvivenza e della giustizia.
Attualmente una minoranza della popolazione della Terra dispone della
maggior parte delle risorse naturali e della produzione mondiale. Le
economie industriali devono collaborare con le economie in via di sviluppo
per correggere gli squilibri rinunciando alla concorrenza ideologica o
imperialista e allo sfruttamento dei popoli che dicono di voler aiutare. Per
realizzare una giusta distribuzione del benessere nel mondo, i popoli dei
paesi industrializzati devono abbandonare quello che oggi sembra un diritto
irrinunciabile, cioe' l'uso incontrollato delle risorse naturali, e noi
economisti abbiamo la responsabilita' di orientare i valori umani verso
questo fine. Le situazioni storiche o geografiche non possono essere piu'
invocate come giustificazione dell'ingiustizia.
Gli economisti hanno quindi di fronte un compito nuovo e difficile. Molti
guardano alle attuali tendenze di aumento della popolazione, di
impoverimento delle risorse naturali, di aumento delle tensioni sociali, e
si scoraggiano. Noi dobbiamo rifiutare questa posizione e abbiamo l'obbligo
morale di elaborare una nuova visione del mondo, di tracciare la strada
verso la sopravvivenza anche se il territorio da attraversare e' pieno di
trappole e di ostacoli.
Attualmente l'uomo possiede le risorse economiche e tecnologiche non solo
per salvare se stesso per il futuro, ma anche per realizzare, per se e per
tutti i suoi discendenti, un mondo in cui sia possibile vivere con dignita',
speranza e benessere. Per ottenere questo scopo deve pero' prendere delle
decisioni e subito. Noi invitiamo i nostri colleghi economisti a collaborare
perche' lo sviluppo corrisponda ai reali bisogni dell'uomo: saremo forse
divisi nei particolari del metodo da seguire e delle politiche da adottare,
ma dobbiamo essere uniti nel desiderio di raggiungere l'obiettivo della
sopravvivenza e della giustizia.

[Riproponiamo il seguente manifesto redatto a Nyach, nello Stato di New
York, nell'ottobre 1973 da Nicholas Georgescu-Roegen, Kenneth Boulding e
Herman Daly e sottoscritto da oltre duecento economisti fra cui Kenneth
Arrow, Robert Heilbroner, Ernst Schumacher, David Pearce, Ignacy Sachs,
Bertrand de Jouvenel. La traduzione italiana fu pubblicata in Gianni Cannata
(a cura di), Saggi di economia dell'ambiente,  Giuffre', Milano 1974, pp.
239-244; e ristampata in Nicholas Georgescu-Roegen, Energia e miti
economici, Bollati Boringhieri, Torino 1998, pp. 207-210]