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Giochi di guerra

di Romolo Gobbi - 04/09/2007

Tutto è cominciato il 15 agosto, con la dichiarazione di guerra degli USA contro i giocattoli commerciati dalla azienda americana Mattel e prodotti in Cina: 18,2 milioni di pezzi sono stati ritirati dal mercato americano e mondiale, perché “dannosi per i bambini”. Che si trattasse di una guerra commerciale è stato subito confermato il giorno dopo da parte del governo cinese, che ha sospeso le importazioni di carni suine e pollame prodotti negli USA.
Ma si trattava anche di un attacco in grande stile contro la Cina, ed è dimostrato dalla campagna mediatica subito iniziata, anche perché tra i giocattoli cinesi proibiti vi erano due icone del mondo americano: Barbie e Batman. Non solo i cinesi erano così subdoli da avvelenare con vernici al piombo i bambini americani, ma incrinavano anche il mito dei due eroi americani più diffusi. Ma molto più gravi erano i danni psichici che questi due eroi avevano provocato nei giovani americani: la Barbie, la prima bambola adulta del mondo, era un esempio diseducativo per le bambine americane, che da grandi avrebbero voluto diventare tutte come la Barbie (alte, bionde, magre, con enormi guardaroba e infiniti gadget); Batman è l’eroe americano che meglio rappresenta l’etica degli Stati Uniti: è forte, invincibile e combatte il male. L’America, colpita al cuore, ha reagito con forza, non solo ritirando i giocattoli incriminati, ma proponendo misure severe contro la Cina: il senatore Christofer Dodd ha chiesto al presidente Bush di congelare tutte le importazioni dalla Cina. L’attacco americano alla produzione dei giocattoli cinesi era un attacco grave perché la Cina produce l’80% di tutti i giocattoli del mondo, con un grande impiego di operai, disseminati in centinaia di piccoli paesi, destinati a rimanere in parte disoccupati. La parola finale su questo episodio è arrivata martedì 27 agosto, con la dichiarazione del capo del controllo di qualità cinese, che attribuisce alla Cina solo il 15% delle responsabilità, mentre l’85% è da far risalire alle aziende americane che avevano progettato i giocattoli e che, avendo controllato la qualità dei prodotti, non avevano mai sollevato obiezioni.
Tutta la vicenda era una reazione degli USA a vicende molto più grandi, perché sapevano quello che sarebbe successo il giorno dopo. Infatti, il 16 agosto si riuniva l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (OCS), che, dal 1996, raggruppava Cina, Russia, Khazakistan, Tagikistan, Utsbekistan, Kirghizstan, e alla quale partecipavano come osservatori numerosi osservatori di altri paesi asiatici, dal presidente afgano Karzai, al presidente iraniano Mahmod Hhmadinejad. Durante la conferenza, oltre ai palesi o più o meno velati ammonimenti agli USA per il loro unilateralismo, seguirono l’annuncio di manovre militari congiunte, russo-cinesi, da tenersi in Russia il giorno dopo, e la dichiarazione di Putin della ripresa dei pattugliamenti aerei dei bombardieri strategici russi, soppressi nel 1992.
Mentre la notizia, grave, della ripresa della guerra fredda veniva trasmessa la sera stessa dalla televisioni straniere, in Italia, nemmeno i giornali del giorno successivo facevano accenno a questi importanti avvenimenti. Invece, Le Mond del 17 agosto riportava in prima pagina la notizia del summit del “gruppo di Shanghai”, titolando: “L’Iran approfitta della tribuna per fare un discorso anti-americano”. Solo il 18 agosto, quando la conferenza dell’OCS era finita da due giorni e le manovre militari russo-cinesi si erano “felicemente” concluse il giorno prima, la stampa italiana si occupò di questo avvenimento clamoroso, riferendo che il Dipartimento di Stato americano aveva minimizzato gli avvenimenti: “se la Russia desidera recuperare dalla naftalina alcuni suoi vecchi aerei per farli volare di nuovo, è libera di farlo”. Gli americani però sapevano che la Russia e la Cina sono equipaggiate con armi e mezzi moderni e aggiornati, così come lo sapevano i loro alleati, Giappone e India, che annunciavano, il 19 agosto, che a settembre si sarebbero tenute manovre militari congiunte di forze giapponesi, americane, indiane, australiane nel golfo del Bengala. Dovrebbero partecipare alle manovre: “ben due gruppi di portaerei americane, quelli della Nimitz e della Kitty Hawk, insieme alla Viraar indiana, ai nuovi incrociatori e fregate lancia missili “invisibili” giapponesi, a frotte di sottomarini nucleari e convenzionali, cacciabombardieri a decollo verticale” (La Stampa, 20 agosto 2007).
Dalla guerra dei giocattoli si è passati a dei veri giochi di guerra, in vista di una Terza Guerra Mondiale ?
E l’Europa sta a guardare…